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    Catturato l'ex boss Lo Giudice. PG "Spero che dica verità"

     

     

    Catturato l'ex boss Lo Giudice, era con la moglie. PG "Spero che dica verità"

    15 nov 13 L'ex boss e collaboratore di giustizia Antonino Lo Giudice, fuggito il 3 giugno scorso dagli arresti domiciliari è stato arrestato a Reggio Calabria. A catturarlo sono stati gli uomini della squadra mobile di Reggio Calabria insieme a quelli dello Sco. Lo Giudice si era accusato di alcuni attentati oltre a quello al procuratore Di Landro. Lo Giudice era stato condannato a 6 anni e 4 mesi per la stagione delle bombe e per le intimidazioni ai magistrati di Reggio Calabria nel 2010 tra cui anche il procuratore Giuseppe Pignatone. Il pentito della 'ndrangheta Antonino Lo Giudice era scomparso dalla località protetta dove si trovava agli arresti domiciliari. Al momento del suo allontanamento aveva fatto recapitare a due avvocati reggini un memoriale nel quale ritrattava tutte le sue dichiarazioni sostenendo che la sua collaborazione con la giustizia era dovuta a pressioni da parte di alcuni magistrati di Reggio Calabria.

    Era con la moglie. Era insieme alla moglie Nino Lo Giudice, l'ex pentito, già a capo dell'omonima cosca di 'ndrangheta, arrestato stamattina dalla polizia a Reggio Calabria. Lo Giudice si nascondeva in un appartamento della periferia cittadina. Quando i poliziotti della Squadra mobile, sotto le direttive di Gennaro Semeraro, hanno fatto irruzione nella casa, sfondando la porta, Lo Giudice non ha accennato alla minima reazione e si è lasciato ammanettare senza opporre resistenza. L'ex pentito, che non era armato, è stato portato in Questura, dove ad attenderlo, avvertito nel frattempo dell' avvenuta cattura, c'era il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho.

    Nessuna spiegazione sulla fuga. ''Finora possiamo solo tenere conto di quello che Antonino Lo Giudice ha già detto, e cioè che si è allontanato dal luogo in cui era sotto protezione dopo l'avvio della sua collaborazione con la giustizia perché aveva paura per la sua incolumità fisica''. Così il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, ha risposto alle domande dei giornalisti sui motivi della fuga dell'ex collaboratore di giustizia arrestato dalla polizia. ''Lo Giudice - ha aggiunto il Procuratore - sui fatti o sulle cause della sua scomparsa non ha ancora prodotto alcun verbale, né abbiamo conoscenza sicura circa i motivi di questa decisione. Da oggi, dopo tutte le formalità procedurali, rientrerà in un circuito carcerario protetto ma non di quelli riservati ai collaboratori di giustizia, anche se sarà assicurata comunque la sua incolumità'. Cafiero de Raho, facendo riferimento ai contenuti di alcuni servizi televisivi sull'arresto dell'ex pentito, ha voluto precisare che ''Antonino Lo Giudice non è un mitomane, né io ho mai fatto affermazioni in tal senso. Quello che posso dire è che i memoriali prodotti da Lo Giudice dopo il suo allontanamento, per quel che riguarda la verifica fatta dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria nelle parti di propria competenza, sono risultati totalmente infondati. Da parte mia, in ogni caso, non ho mai espresso giudizi negativi sull'attendibilità del collaboratore''. All'incontro con i giornalisti hanno preso parte anche il procuratore aggiunto, Ottavio Sferlazza; il questore di Reggio Calabria, Guido Longo; il direttore dello Sco, Raffaele Grassi, ed il capo della Squadra mobile, Gennaro Semeraro. ''Il personale della Squadra mobile di Reggio Calabria e dello Sco - ha detto il questore Longo facendo riferimento alle modalità dell'arresto dell'ex pentito - avevano compreso già da qualche tempo che Antonino Lo Giudice era rientrato a Reggio Calabria. Un'intuizione che, grazie ad un intenso lavoro di osservazione, si è rivelata veritiera. Così, alle prime luci di oggi, è stata fatta irruzione in un appartamento ubicato nel quartiere Vito di Reggio Calabria, nei pressi dell'area universitaria, dove abbiamo sorpreso Antonino Lo Giudice con la moglie e con i figli. Non ha fatto alcuna resistenza e lo abbiamo accompagnato subito in Questura per ulteriori accertamenti''.

    Dalle bombe al pentimento poi la fuga. Da boss della 'ndrangheta a mandante delle bombe contro la Procura generale di Reggio Calabria alla collaborazione con la giustizia. Infine la fuga ed i memoriali per ritrattare tutte le accuse. E' questo il percorso fatto da Antonino Lo Giudice, l'ex pentito arrestato stamane dalla polizia di Stato dopo che il 3 giugno scorso si era allontanato dalla località protetta. Era il 7 ottobre del 2010 quando venne arrestato dagli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria. Il 15 ottobre, mentre era detenuto nel carcere di Rebibbia, decise di saltare il fosso e diventare 'pentito'. Inizio' cosi' a fare le prime rivelazioni all'allora procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone. Tra le prime rivelazioni fatte ci furono proprio quelle relative agli attentati ai magistrati reggini. Lo Giudice si e' autoaccusato delle bombe fatte esplodere nel 2010 alla Procura generale ed al Pg Di Landro chiamando in causa anche il fratello Luciano, Antonio Cortese, ritenuto l'armiere della cosca, e Vincenzo Puntorieri. Dopo essersi allontanato dalla località protetta dove si trovava agli arresti domiciliari, Lo Giudice ha inviato alcuni memoriali e video con il quali ha ritrattato tutte le accuse fatte durante la sua collaborazione. Nei memoriali ha affermato anche di aver deciso di collaborare con la giustizia dopo aver ricevuto pressioni da parte di alcuni magistrati. L'allontanamento di Lo Giudice e le sue dichiarazioni nei memoriali hanno portato a nuove inchieste aperte da diverse Procure della Repubblica.

    PG: Spero si riesca a fargli dire verità. ''Sono contentissimo e spero che si riesca a fargli dire la verità, rimuovendo le ridicole giustificazioni rese in passato in ordine agli attentati alla mia persona''. Lo ha detto il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro, in relazione all'arresto dell'ex pentito Nino Lo Giudice. ''Sarebbe opportuno soprattutto chiedergli - ha aggiunto - come mai, se egli era l'autore dei due attentati contro di me e quindi portatore di una forte volontà malevola di colpirmi, nelle migliaia di intercettazioni riguardanti lui, suo fratello Luciano e altri del suo entourage, pur imprecando contro vari soggetti, mai, dico mai, Lo Giudice ha fatto riferimento a me o alla mia condotta''. ''Io per i Lo Giudice - è la conclusione del pg Di Landro - è come se non fossi mai esistito. E allora come si giustifica tanto accanimento così pervicace ed aggressivo nei miei confronti?''.

    Cafiero: Lo Stato non èinquinato. ''E' l'ennesima operazione, forse la più significativa, che viene fatta nella città di Reggio Calabria perché dimostra che lo Stato è presente e non è inquinato, come è stato detto quando Lo Giudice si è allontanato''. Così il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, commenta, in una dichiarazione all'ANSA, l'arresto da parte della polizia dell'ex pentito di 'ndrangheta Nino Lo Giudice. ''Ancora una volta - aggiunge Cafiero - la professionalità della Polizia di Stato e dei magistrati della Dda hanno consentito di cancellare le illazioni che in questi mesi sono state ripetutamente diffuse. Lo Giudice verrà interrogato e verrà chiarito ogni aspetto del suo comportamento''.

    Si era autoaccusato di tre attentati. Nino Lo Giudice, l'ex pentito ed ex boss della 'ndrangheta arrestato dalla polizia a Reggio Calabria, nelle dichiarazioni, che poi ha ritrattato, fatte ai magistrati della Dda di Reggio Calabria all'epoca in cui l'ufficio era diretto da Giuseppe Pignatone, attuale Procuratore della Repubblica di Roma, si era autoaccusato di tre attentati fatti nel 2010. Il primo fu quello compiuto contro la Procura generale di Reggio Calabria, davanti al portone della quale fu fatto esplodere un ordigno. Il secondo, pochi giorni dopo, fu l'attentato incendiario contro il portone dell'edificio in cui abita il Procuratore generale di Reggio Calabria, Salvatore Di Landro. La terza intimidazione, infine, fu quella diretta contro lo stesso procuratore Pignatone: davanti agli uffici della Dda fu lasciato un bazooka, la cui presenza fu segnalata con una telefonata anonima fatta da un telefono pubblico alla Polizia. Tutti episodi che vennero spiegati da Lo Giudice, dopo il suo pentimento, con l'attuazione di una strategia della tensione da parte della 'ndrangheta contro la magistratura di Reggio Calabria. Nei memoriali inviati ad un avvocato dopo la sua fuga, Lo Giudice ritrattò poi le sue affermazioni autoaccusatorie, dichiarando la propria estraneità ai tre episodi e sostenendo che le dichiarazioni erano frutto delle pressioni esercitate nei suoi confronti dalla Dda di Reggio Calabria.

    Libera "Efficace risposta dello Stato": "La notizia della cattura del criminale evaso Antonino Lo Giudice ci riempie di soddisfazione giacché costituisce la più efficace risposta che lo Stato potesse dare all'inquietudine e al disorientamento generati, in larga parte della cittadinanza, dalla fuga e dai deliranti "proclami" dello 'ndranghetista". E' quanto scritto in una nota del Coordinamento territoriale di Libera Reggio Calabria. "La capacità investigativa - prosegue la nota - e l'abnegazione delle forze dell'ordine e della Procura, cui va il sincero ringraziamento del coordinamento reggino di Libera, consentiranno, siamo certi, di fare finalmente piena luce su alcune delle pagine più oscure e confuse della recente storia criminale reggina. Auspichiamo che il nuovo duro colpo inferto alle cosche e a chi tenta di trarre vantaggio dalla delegittimazione delle istituzioni sia da stimolo affiche cittadini e forze sociali assumano, senza sconti e autoindulgenze, il proprio pezzo di responsabilità nello sforzo di debellare, una volta per tutte, la peste della 'ndrangheta".

    Riferimenti: ora sciogliere i nodi. "Con l'arresto di Antonino Lo Giudice vari nodi potranno essere sciolti per la ricerca della verità', che ci auguriamo finalmente venga ristabilita". Lo afferma in una nota la Presidente del Coordinamento Nazionale Antimafia 'Riferimenti', Adriana Musella. "Forse Lo Giudice - aggiunge - con la sua scomparsa ha voluto proteggere la propria famiglia oppure ha temuto per la propria vita, oppure non ha avuto il coraggio delle proprie azioni? Tutte ipotesi che dovranno essere vagliate dagli inquirenti. Sappiamo che senza collaboratori di giustizia non avremmo potuto conoscere tante verità sul l'organizzazione mafiosa, ma è vero anche che non dobbiamo mai dimenticare che i cosiddetti 'pentiti' non sono tali a seguito di drammi interiori ma collaborano con la giustizia per puro tornaconto". "Lo Stato - prosegue Musella - non può permettersi di essere beffato e finalmente lo Stato di diritto oggi a Reggio Calabria si è presa la propria rivincita. Il nostro plauso al Procuratore della Repubblica Cafiero De Raho e a tutta la Dda, alla Squadra mobile e al questore di Reggio Calabria e agli uomini dello Sco che sono intervenuti".

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