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    Maxi sequestro da 325 mln di euro della DIA a imprenditore oleario

     

     

    Maxi sequestro da 325 mln di euro della DIA a imprenditore oleario. Beni reimpiegati in capitali illeciti

    07 nov 13 La Dia di Reggio Calabria ha sequestrato beni per un valore di 325 milioni di euro ad un imprenditore del settore oleario, Vincenzo Oliveri, di 59 anni, con interessi nel settore alberghiero e della ristorazione anche in Abruzzo ed Emilia Romagna. Oliveri è stato coinvolto in passato in una serie di truffe all'Unione europea. Il sequestro dei beni è stato fatto in esecuzione di un decreto emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria in accoglimento di una proposta del direttore della Dia, Arturo De Felice. I beni sequestrati consistono, tra l'altro, in 18 società, 39 immobili, disponibilità finanziarie in 52 banche ed in titoli Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, concernenti nel diritto alla percezione degli aiuti comunitari per un valore di oltre 16 milioni di euro.

    Il sequestro preventivo di beni è stato disposto dal Tribunale di Reggio Calabria sia perchè il loro ammontare sarebbe vistosamente sproporzionato, secondo gli accertamenti svolti dalla Dia, rispetto alle capacità reddituali dell'imprenditore e sia perchè i beni aziendali e personali sono stati considerati provento del reimpiego di capitali illeciti. Vincenzo Oliveri ed il fratello Antonio, insieme al padre Matteo Giuseppe, nel frattempo deceduto, furono arrestati con altre tre persone nel luglio del 2010, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Palmi, con l'accusa di associazione per delinquere e truffa in relazione all'indebita percezione di contributi erogati in base alla legge 488. Nell'ambito del procedimento penale che è scaturito dagli arresti il gip di Palmi ha disposto il rinvio a giudizio dei fratelli Oliveri. Il relativo processo è ancora in corso. Dalle indagini che avevano portato agli arresti erano emerse condotte penalmente rilevanti da parte di Vincenzo ed Antonio Oliveri attraverso l'emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tra i beni societari oggetto del provvedimento di sequestro preventivo figurano il 50 per cento delle quote sociali e il patrimonio aziendale dell'albergo a 4 stelle "Grand hotel Don Juan", ubicato sul lungomare di Giulianova (Teramo); l'intero capitale sociale e il patrimonio aziendale dell'albergo ''Villa Fiorita", anche questo ubicato a Giulianova; il resort-ristorante "Il feudo degli ulivi" a Borgia (Catanzaro) e l'intero capitale sociale e il patrimonio della società "Borgia eolica", con sede a Ravenna, titolare dell'attività di realizzazione, gestione e manutenzione di un parco eolico a Borgia. Sequestrati, infine, l'intero capitale sociale ed il patrimonio di alcune aziende del settore della lavorazione dell'olio.

    Capo DIA Reggio: Sequestrato metà di quanto richiesto. "Il sequestro di beni disposto dal Tribunale di Reggio Calabria nei confronti dell'imprenditore Vincenzo Oliveri rappresenta, in termini di importo, la metà di quanto la Dia aveva richiesto''. Lo ha detto, incontrando i giornalisti, il capo centro della Dia di Reggio Calabria, Gianfranco Ardizzone. ''Aspettiamo dunque di conoscere - ha aggiunto - la determinazione della Corte d'Appello della'Aquila in merito alla richiesta di sequestro che è stata fatta per il resto dell'ammontare del capitale mobiliare ed immobiliare in capo all'intera famiglia Oliveri''. La parte di beni che è stata sequestrata è intestata, oltre che a Vincenzo Oliveri, ai figli Matteo e Giovanni, di 32 e 28 anni. "Il resto del patrimonio, di cui abbiamo chiesto anche il sequestro - ha detto ancora Ardizzone - appartiene ad Antonio Oliveri, di 48 anni, fratello di Vincenzo, da tempo residente a Giulianova, in provincia di Teramo. Il Tribunale di quella città non ha ritenuto di accogliere la nostra proposta e adesso attendiamo la pronuncia dei giudici d'appello". Il gruppo Oliveri, secondo quanto riferito dagli inquirenti, detiene un patrimonio complessivo stimato prossimo ai 700 milioni di euro. "In questa occasione - ha detto ancora Ardizzone - il Centro Dia di Reggio Calabria ha applicato per la prima volta il codice antimafia novellato, che prevede il sequestro preventivo dei beni che appartengono a persone che vivono abitualmente di proventi illeciti''. ''La famiglia Oliveri, che opera essenzialmente nel settore olivicolo - ha detto Sebastiano Lentini, capo settore investigazioni preventive della Dia di Reggio - si è resa responsabile di artifizi contabili, evasione di imposta e indebite percezioni di contributi europei, operazioni che non potevano sfuggirci. Abbiamo così deciso di monitorare la movimentazione dei beni e dei capitali del gruppo dal 1978 al 2011, facendo emergere la vera realtà contabile del gruppo Oliveri''.

    Reazioni e commenti:

    Il volume d'affari complessivo dell'agromafia sale a circa 14 miliardi di euro nel 2013, in netta controtendenza rispetto alla fase recessiva del Paese perché la criminalità organizzata trova terreno fertile proprio nel tessuto economico indebolito dalla crisi. E' quanto afferma la Coldiretti, sulla base del rapporto Agromafie elaborato con l'Eurispes, nel commentare il sequestro di beni per un valore di 325 milioni di euro a un imprenditore del settore oleario effettuato dalla Dia di Reggio Calabria. La criminalità - sottolinea la Coldiretti - è consapevole che, pur non trattandosi del settore che garantisce i guadagni più consistenti e nel più breve tempo, il cibo costituisce una necessità primaria, di cui nessuno potrà mai fare a meno. Non solo si appropriano di vasti comparti dell'agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l'imprenditoria onesta, ma - continua la Coldiretti - compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l'effetto indiretto di minare profondamente l'immagine dei prodotti italiani e il valore del marchio Made in Italy. Non è un caso che quasi un immobile su quattro confiscato alla criminalità organizzata sia terreno agricolo, a dimostrazione della strategia di accaparramento delle campagne messa in atto dalla criminalità organizzata. Su 12.181 beni immobili confiscati alla criminalità organizzata, infatti, oltre il 23 per cento (2.919) - conclude la Coldiretti - sono rappresentati da terreni agricoli.

    "Un plauso va alle Forze dell'Ordine che, nel corso dell'ultima operazione anti - 'ndrangheta, hanno portato all'arresto di 47 persone, tra professionisti e imprenditori, che operavano a tavolino con le cosche reggine per l'accaparramento e la realizzazione di opere di edilizia privata in città". E' quanto si afferma in una nota a firma della segreteria confederale della Cgil di Rc-Locri in relazione all'operazione Araba Fenice, condotta dal Comando provinciale di Reggio Calabria della Guardia di finanza insieme con lo Scico di Roma. ''L'operazione - prosegue la nota - svela quella area grigia che domina parte dell'economica della nostra città e la cui esistenza è stata più volte denunciata pubblicamente, e in più occasioni, dal nostro sindacato. L'inchiesta, coordinata dal Procuratore della Repubblica Federico Cafiero de Raho, mette in luce, per la segreteria della Cgil Rc-Locri, non solo un cartello fatto da affiliati alla 'ndrangheta, imprenditori e professionisti, ma anche una ramificazione territoriale tra le cosche reggine che, in questo modo, operano congiuntamente, accaparrandosi le risorse in modo uguale e condiviso: un connubio che agisce per mezzo dei cosiddetti colletti bianchi e che, nei fatti, si spartisce le risorse in città e la città stessa". ''Si tratta di un tassello importante - prosegue ancora il comunicato - del puzzle 'ndrangheta, che si è trasformata nuovamente e che è il dominus di un sistema che vive e si sviluppa a Reggio Calabria a discapito di quei cittadini, di quei lavoratori onesti e di quella parte della società che combatte, giornalmente, contro la criminalità organizzata. La Cgil, da sempre, porta avanti le sue battaglie in nome della legalità e contro ogni forma di intimidazione e violenza. Noi continueremo a farlo, a difesa dei diritti che vengono calpestati dalla 'ndrangheta, denunciando le storture di un sistema che, grazie a quest'ultima operazione da parte delle nostre Forze dell'ordine, si sta pian piano disgregando". "È stata segnata - conclude la Cgil di Reggio Locri - una pagina importante, fatta di giustizia, nella storia di Reggio Calabria. Noi ci auguriamo che ce ne siano tante altre".

    Il presidente di Confindustria Reggio Calabria, Andrea Cuzzocrea plaude al lavoro delle forze dell'ordine e della magistratura in merito ai risultati dell'operazione ''Araba fenice''. ''Condivido pienamente - afferma Cuzzocrea - le parole pronunciate dal procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, il quale ha affermato che 'occorre lo sforzo di tutte le articolazioni dello Stato' affinché si scardini definitivamente il legame tra la 'ndrangheta, da un lato, e parti della società e del tessuto produttivo, dall'altro. L'attività d'indagine che si è appena conclusa testimonia come il malaffare abbia ormai raggiunto una capacità di penetrazione che consente, di fatto, il controllo di ampi settori della vita socioeconomica. E tutto questo finisce per ripercuotersi sulla parte sana, di gran lunga preponderante, del tessuto produttivo locale. L'economia inquinata dalla 'ndrangheta, e lo abbiamo detto chiaramente nella nostra Assemblea annuale alla presenza del procuratore Cafiero de Raho, uccide l'imprenditoria onesta, che si accolla i rischi, combatte con le banche e risponde solo alla logica del mercato in una realtà difficile, povera e marginale come la nostra. Soprattutto - aggiunge Cuzzocrea - non possiamo sperare di uscire dalla crisi o di creare occupazione e sviluppo se non riusciremo a spezzare il giogo delle forze criminali e dell'illegalità che soffoca le aziende pulite''.

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