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    Pianificavano omicidio, 3 arresti nella cosca Pesce

     

     

    Pianificavano omicidio, 3 arresti nella cosca Pesce

    07 nov 13 Avevano pianificato un omicidio per un affronto subito che per una casualità non sono riusciti ad eseguire. Tre persone, appartenenti alla cosca dei Pesce di Rosarno, sono state fermate dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria in esecuzione di un decreto emesso dalla Dda con l'accusa di associazione di tipo mafioso, porto e detenzione illegale di armi comuni e da guerra, aggravate dalle finalità mafiose e tentato omicidio.

    Intercettati in chat su smartphone: Si collegavano su smart phone utilizzando chat che sono state intercettate Biagio Arena di 31 anni, Rosario Rao (32) e Vincenzo Cannatà (38), i tre presunti affiliati alla cosca Pesce della 'ndrangheta fermati dai carabinieri, su disposizione della Dda di Reggio Calabria, con l'accusa di tentato omicidio, aggravato dalle modalità mafiose, e detenzione e porto di armi da guerra. I tre sono stati trovati in possesso di un mitra kalasnhikov, una pistola semiautomatica Glock ed una pistola Uzi, con relativo munizionamento. Biagio Arena è il figlio di Domenico, attualmente detenuto e condannato a 8 anni di reclusione nell'ambito del processo All Inside. Rosario Rao, cugino di Arena, è come lui nipote del boss Vincenzo Pesce, di 54 anni, attualmente in carcere anche lui per il processo All Inside. Vincenzo Cannatà è parente di esponenti della cosca Pesce come Saverio Marafioti (48), il costruttore dei ''bunker'' utilizzati dalla cosca, e Antonio Pronestì (46) accusato di favoreggiamento nei confronti di Francesco Pesce, detto Cicciu testuni (35). I tre avevano scelto di utilizzare la comunicazione via chat credendo di poter interagire in maggiore sicurezza e non essere intercettati. Dai messaggi, scambiati per via telematica da Arena, Rao e Cannatà, gli investigatori hanno potuto captare le immagini relative alla cessione di una mitragliatrice e della pistola semiautomatica appositamente modificata per esplodere colpi a raffica. In questa indagine, così come nelle altre riguardanti la cosca Pesce, prezioso si è rivelato il contributo della collaboratrice di giustizia Giuseppina Pesce, figlia del boss Salvatore.

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