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    Blitz antindrangheta tra i colletti bianchi, 47 arresti della Gdf

     

     

    Blitz antindrangheta tra i colletti bianchi, 47 arresti della Gdf. Sequestrati beni per 90 mln

    06 nov 13 È stata portata a termine dal Comando provinciale di Reggio Calabria e dallo Scico di Roma della Guardia di finanza un'operazione per l'esecuzione di 47 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti imprenditori e professionisti affiliati, riferiscono gli investigatori, alla 'ndrangheta. Perquisizioni in Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia. I provvedimenti restrittivi che sono in esecuzione sono stati emessi dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria. L'inchiesta che ha portato alle misure cautelari è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. Eseguite oltre 90 perquisizioni che riguardano altrettante persone indagate nell'inchiesta.

    Gli arrestati: Ventinove delle 47 persone arrestate dalla Guardia di finanza, nell'ambito dell'operazione ''Araba fenice'', in esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip distrettuale di Reggio Calabria, Domenico Santoro, sono state condotte in carcere. Si tratta di Francesco Ambrogio, Natale Assumma, Serena Assumma, Francesco Audino, Antonio Autolitano, Saverio Autolitano, Antonino Calabrò, Giacomo Santo Calabrò, Giovanni Ficara, Mario Giglio, Antonino Gozzi, Giuseppe Gozzi, Salvatore Laganà, Antonino Latella, Vincenzo Latella, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, Antonino Lo Giudice, Giuseppe Mangiola, Francesca Marcello, Osvaldo Salvatore Massara, Francesco Giuseppe Masucci, Francesco Morello, Sebastiano Musarella, Antonino Nicolò, Antonino Pavone, Carmelo Quattrone, Salvatore Saraceno e gli omonimi Domenico Serraino, di 58 e 51 anni. Per le altre 18 persone coinvolte nell'operazione sono stati disposti gli arresti domiciliari. I provvedimenti, in questo caso, riguardano gli omonimi Antonino Autolitano, di 33 e 39 anni; Francesco Autolitano, Saverio Autolitano, Ilenia Cardia, Angelo Casciano, Francesco Creaco, Vincenzo Giovanni Fazia, Caterina Fontana, Silvana Latella, Giulio Lugarà, Teresa Masucci, Demetrio Nicolò, Fortunata Nicolò, Angela Saraceno, Giuseppa Vazzana, Francesco Chirico e Antonio D'Agostino. Nell'ambito dell'operazione, inoltre, sono stati sequestrati l'intero capitale, le quote ed il patrimonio aziendale delle società e ditte individuali Gieffe Costruzioni, Diamante, Ferro Liberty, Massara Osvaldo, Pavone Antonino, Edilsud, Serena Assumma, Fimpredil costruzioni, Edil Saf, Italsavia, Latedil, Impianti e Costruzioni, Ali Costruzioni e Naike.

    Tra arrestati amministratore beni confiscati. Tra gli arrestati dell'operazione contro i ''colletti bianchi'' della 'ndrangheta fatta dalla Guardia di finanza c'è anche una commercialista, Francesca Marcello, che, nominata dal Tribunale di Reggio Calabria amministratore giudiziario dei beni confiscati ad un affiliato alla 'ndrangheta, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, coinvolto anch'egli nell'operazione, ha svolto il proprio mandato, hanno riferito gli investigatori, in una posizione di sottomissione rispetto allo stesso Liuzzo. In particolare, la commercialista, anche con la connivenza di un impiegato di banca, Giulio Lugarà, posto agli arresti domiciliari, avrebbe consentito a Liuzzo, in merito alle operazioni sul conto corrente bancario della società Euroedil, già confiscata in passato, di continuare liberamente nella gestione della stessa società. Francesca Marcello, secondo l'accusa, come corrispettivo della sua condotta omissiva, avrebbe anche tratto vantaggi personali, come nel caso dei lavori che Liuzzo ha effettuato o fatto effettuare nella sua abitazione.

    Anche un commendatore. La Guardia di finanza, nell'ambito dell'operazione Araba fenice, ha arrestato, oltre a Francesca Marcello, altri due commercialisti, Carmelo Quattrone, indicato dagli investigatori come ''dottore e commendatore'', e Francesco Creaco. Quattrone, unitamente a Creaco, nell'ambito del suo rapporto professionale con Liuzzo, non si sarebbe limitato a svolgere la sua attività di consulente, hanno riferito gli investigatori, ma si poneva come vero e proprio consigliere del pregiudicato. Quattrone, tra l'altro, avrebbe indotto Liuzzo ad effettuare una rivisitazione della socità Euroedil in modo da evitare eventuali provvedimenti di sequestro. L'apporto di Quattrone, hanno detto investigatori e inquirenti, è stato costante e decisivo, tanto da influenzare e plasmare le decisioni che Liuzzo ha assunto per mettere in pratica il suo disegno criminoso. Nel corso delle conversazioni intercettate il professionista reggino teneva aggiornato un altro degli arrestati, Natale Assumma, "factotum" e cognato di Liuzzo, sulle vicende societarie riguardanti le principali persone giuridiche appartenenti al cosiddetto "Gruppo Liuzzo''.

    Un legale consigliere affiliato. Un avvocato penalista di Reggio Calabria, Mario Giglio, è stato arrestato nell'ambito dell'operazione della Guardia di finanza contro i ''colletti bianchi'' di Reggio Calabria con l'accusa di essere stato un consolidato punto di riferimento per Giuseppe Liuzzo, affiliato alla 'ndrangheta, e non solo per questioni legali. L'avvocato Giglio è il fratello di Enzo, medico, e cugino del magistrato Vincenzo Giglio, entrambi processati a Milano nell'ambito dell'inchiesta sugli 'affari' della cosca 'Lampada-Condello'. L'avvocato Giglio, al di là del suo ordinario ruolo di legale, avrebbe svolto in favore di Liuzzo sia il ruolo di consigliere, in ordine alla gestione della società Euroedil e dei rapporti con l'amministratore giudiziario Francesca Marcello, finita anche nei in manette, sia quello di "canale di collegamento" per venire a conoscenza di eventuali indagini a suo carico ''in virtù - hanno riferito gli investigatori - dei suoi importanti agganci e amicizie".

    Spartizione a tavolino di lavori edili. Una vera e propria spartizione a tavolino tra le cosche di tutti i lavori di edilizia effettuati a Reggio Calabria affinché ogni famiglia di 'ndrangheta beneficiasse della propria quota di sostanziose entrate economiche. È il quadro che emerge dall'inchiesta Araba fenice della Dda di Reggio Calabria, che ha portato agli arresti eseguiti stamattina dalla Guardia di finanza. Le indagini hanno consentito di acquisire concreti elementi indiziari in ordine all'esistenza di una "cabina di regia" per l'accaparramento di importanti lavori edili tramite una serie di imprese, tutte legate direttamente o indirettamente, alle più note "famiglie di 'ndrangheta" della città. Dall'inchiesta è emerso, in particolare, uno stretto legame tra la famiglia di imprenditori edili reggini dei Calabrò ed un boss della 'ndrangheta, Rocco Musolino. Il legame avrebbe tratto origine dall'interesse manifestato dalla famiglia Calabrò ad edificare un imponente complesso edilizio su un terreno di proprietà di Musolino nel quartiere reggino di Ravagnese, territorio controllato dalla cosca Latella-Ficara. Il terreno era stato concesso da Musolino in permuta in cambio del 24% degli immobili realizzati. Per il buon esito dell'affare Giacomo Santo Calabrò e il figlio Antonino, titolari della società Edilsud, che figurano nell'elenco degli arrestati, si sarebbero serviti consapevolmente, per la fornitura di materiale oppure per l'esecuzione di lavori edili, di imprenditori risultati tutti legati alle varie cosche di Reggio Calabria.

    Sequestrati beni per 90 milioni di euro. La Guardia di finanza, oltre ad eseguire le 47 ordinanze di custodia cautelare, ha anche sequestrato 14 società ed un consistente quantitativo di beni per un valore di oltre 90 milioni di euro. Le società ed i beni sequestrati appartengono agli imprenditori ed ai professionisti arrestati, ai quali viene contestata l'associazione per delinquere di tipo mafioso ed i reati di trasferimento fraudolento di valori, abusiva attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle ''modalità mafiose''. Le indagini, riferiscono gli investigatori, hanno accertato l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale di tipo mafioso, operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare la realizzazione di complessi residenziali privati e di eseguire tutti i relativi e connessi lavori di completamento, con la conseguente, illecita percezione di profitti.

    Procuratore Roberti "Forte attenzione ad appalti privati". "In questi anni si è fatto tanto per contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e forse questo ha spinto le mafie ad indirizzare i loro interessi sugli appalti privati, un settore su cui certamente è più difficile indagare''. Lo ha ha detto il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, incontrando i giornalisti in merito all'operazione Araba fenice che ha portato all'arresto di 47 persone. ''E' chiaro, e l'operazione di oggi lo conferma - ha aggiunto Roberti - che continueremo a lavorare per fare chiarezza ed accertare tutte le responsabilità nei rapporti occulti tra imprese 'legali' e gruppi mafiosi, ma occorre comunque un intervento di altri livelli di controllo affinchè non si creino altre situazioni come quella che è emersa dagli arresti di stamattina''. Secondo il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, che ha coordinato le indagini insieme al pm della Dda Giuseppe Lombardo, l'operazione della Guardia di finanza ''fa emergere in tutta la sua evidenza il ruolo della 'zona grigia' negli affari della 'ndrangheta reggina. Ed è ulteriormente significativa perché colpisce quella parte di professionisti che con il loro operato rendono la vita difficile agli onesti di questa città. A Reggio è necessario proseguire incessantemente nell'opera di contrasto delle strutture operative-militari della ndrangheta, fino a comprenderne i rapporti con la pubblica amministrazione''. ''Un aspetto inquietante di quest'inchiesta - ha detto ancora Cafiero de Raho - è il ruolo dei commercialisti Francesca Marcello e Carmelo Quattrone, che con il loro comportamento hanno permesso al pregiudicato Giuseppe Liuzzo di continuare a gestire, nei fatti, la sua attività imprenditoriale''.
    Pentiti strumento importante. - "La gestione dei collaboratori impone molta professionalità ed esperienza''. Lo ha detto il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, nel corso della conferenza stampa a Reggio Calabria sull'operazione ''Araba fenice'' della Guardia di finanza. Roberti ha risposto ad una domanda dei giornalisti su Antonino Lo Giudice, un tempo a capo dell'omonima cosca della 'ndrangheta, il quale dopo avere collaborato a lungo con la Dda di Reggio Calabria ha deciso di ritrattare le sue dichiarazioni rendendosi irreperibile. Un cugino omonimo di Lo Giudice, tra l'altro, è tra le persone arrestate nell'operazione Araba fenice. ''Sui collaboratori in atto irreperibili - ha detto Roberti - ci sono indagini in corso. In ogni caso, sono convinto che i collaboratori di giustizia restino un importante strumento di indagine".

    Procuratore Cafiero "Colpiti livelli superiori". ''E' un'operazione di grande significato perché colpisce le principali cosche reggine della 'ndrangheta nella loro presenza esponenziale attraverso la imprese che operano nell'edilizia residenziale e che si avvalgono di commercialisti ed accoliti per imporre a tutti nel territorio reggino in cui operano la realizzazione di opere edilizie solo con le imprese di loro pertinenza o ad essi ricondicibili''. Lo ha detto all'ANSA il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, in relazione agli arresti eseguiti dalla Guardia di finanza nell'ambito dell'operazione che è stata chiamata 'Araba fenice'. ''L'operazione - ha aggiunto Cafiero - assume, inoltre, particolare significato perché va a colpire il livello superiore della 'ndrangheta, che delinea lo scenario di un'organizzazione criminale che si è sempre più mimetizzata nel mondo dell'economia e delle professioni e si impone a danno dell'economia legale''.

    "Esprimo soddisfazione e apprezzamento per l'operazione della Dda di Reggio Calabria e della Guardia di Finanza che oggi hanno messo a segno un duro colpo contro le cosche reggine della 'Ndrangheta. Un importante successo di contrasto delle attività criminali nella regione e non solo. L'indagine ha messo a nudo la pervasività e pericolosità economica e sociale della 'Ndragheta e le connessioni inquietanti con il mondo delle professioni e dei cosiddetti colletti bianchi". Così Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia. "Questa pervasività dimostra quanto sia estesa la capacità di condizionamento e alterazione delle regole che penalizza lo sviluppo dell'economia legale e la crescita della regione e quanto ancora sia grande il lavoro di vigilanza e prevenzione che va sviluppato a monte della preziosa attività degli inquirenti e delle forze dell'ordine", conclude.

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