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    Dramma della miseria in pieno centro a Cosenza, 3 senzatetto arsi vivi

     

     

    Dramma della miseria in pieno centro a Cosenza, 3 senzatetto arsi vivi

    02 mar 13 La casa abbandonata di via XXIV maggio era diventata quel tetto buono per ripararsi dal freddo. Un rifugio sicuro per passare la notte al riparo delle intemperie. Per riscaldarsi avevano collegato due stufette abusivamente alla rete elettrica. Ma proprio questo "confort" si è rivelato la oro disgrazia. Un dramma della povertà che si è trasformato in tragedia. Nelle centralissima via XXIV maggio a due passi dal salotto buono della città. Appena ciqnuanta metri dall'isola pedonale di Corso Mazzini. Da un lato le vetrine luccicanti di un benessere sempre meno alla portata di tutti. Dall'altro tre vite intrecciate dalla miseria di chi per campare deve chiedere l'elemosina. Dimenticati da tutti. Ultimi tra gli ultimi. Lontanti dagli appartamenti scaldati dai termosifoni dei riscaldamenti autonomi. Una scodella con uno scaldino, attaccato a quella corrente rubata e maledetta, per mangiare. Un letto di fortuna fatto di un paio di materassi recuperati in una discarica. Il volto sconsociuto della miseria messo in luce da una tragedia grande quanto l'indifferenza di tutti. Senza nome al punto che l'autopsia non riesce ancora ad individuare ne generalità ne nazionalità. Impossibile rilevarne le impronte digitali. Ultimi anche nella morte. Ridotti ad un ammasso di cenere. Il Vescovo quando entra per benedirli si mette le mani in faccia per coprire le lacrime. Le lacrime di tutti. Dei tanti che con l'indifferena hanno dimenticato la solidarietà. La carità. L'aiuto a chi sta peggio. L'aiuto, quello vero, della mano che dona e si nasconde. Nel centro di Cosenza una tragedia si è consumata.

    Difficile riconoscerli. Molti della zona li "conoscevano", ma nessuno saprebbe dire il loro nome. Uno, in particolare, era più conosciuto degli altri per via di una disabilità (era privo di una gamba) che lo rendeva riconoscibile quando passava intere giornate davanti ad un supermercato delle vicinanze a chiedere l'elemosina. Ma anche nel suo caso, nessuno riesce a dargli un nome. L'identificazione é resa difficile, oltre che dallo stato dei cadaveri, che impedisce anche il rilievo delle impronte digitali, dal fatto che si tratta quasi certamente di immigrati clandestini. In un primo momento si era pensato a tre romeni, ma col passare delle ore l'ipotesi che si e fatta strada è che fossero nordafricani. Quale che fosse la loro nazionalità, quello che è certo è che i tre vivevano nella miseria, nel vecchio casolare abbandonato al cui interno i soccorritori hanno trovato di tutto: bottiglie di birra sparse sul pavimento insieme a sacchi di rifiuti, teli di cellophane per proteggersi dal freddo e tre vecchi materassi che sono divenuti il loro giaciglio di morte.

    Sembravano manichini bruciati. Quando stamani i vigili del fuoco sono intervenuti per spegnere le fiamme in quel vecchio edificio, a poche centinaia di metri dal centro cittadino, non immaginavano certo di trovare quello che poi hanno visto: tre cadaveri carbonizzati riversi sui materassi. All'inizio hanno pensato si trattasse di manichini, ma poi la realtà è balzata ai loro occhi. Un quarto immigrato si è salvato perché dormiva al piano superiore. Ai poliziotti che gli chiedevano se sapesse chi fossero gli altri tre ha risposto di non essersi accorto di niente perché dormiva, ubriaco. "Era la prima notte che trascorrevo lì - ha aggiunto - di solito dormo alla stazione".

    Sindaco e Arcivescovo. Anche il sindaco Mario Occhiuto e l'arcivescovo, mons. Salvatore Nunnari, si sono recati sul luogo della tragedia. Il sindaco ha annunciato il lutto cittadino per il giorno dei funerali che potrebbero essere celebrati in Duomo. Ed ha parlato di una solidarietà che non deve essere un concetto astratto ma "una rilevante responsabilità individuale". Mons. Nunnari, invece, ha parlato di una "Umanità offesa. Uomini dimenticti e troppe volte "sopportati". Gente che scappa dalla loro terra per trovare un paradiso nella nostra terra ed invece tovano un inferno materializzatosi con le fiamme che li ha avvolti. Questa mattia ho pianto, ha detto il Presule, perchè tra di noi manca la vera solidarietà, quella fatta di carità".

    Sit In. Nel pomeriggio sotto la pioggia le associazioni dei migrantes hanno tenuto un sit in davanti al luogo della tragedia esponendo due striscioni. Uno con su scritto "Vergogna" in italiano ed in arabo ed un altro in cui c'era scritto "Milioni di euro per l'accoglienza agli immigrati e ancora si muore in case abbandonate". Mazzi di fiori sono stati deposti da mani anonime davanti la porta della tragedia. Un segnale che anche a Cosenza esiste umanità.

    Il presidente del Consiglio comunale di Cosenza, Luca Morrone, esprime, a nome suo e dell'intero Consiglio, "profondo cordoglio per la tragica scomparsa dei tre senza tetto ritrovati carbonizzati in un vecchio casolare nel centro della città". "Siamo affranti e sbigottiti per quanto successo - dichiara Morrone - Cosenza è oggi avvolta da un infinito senso di sofferenza". Cordoglio è stato espresso anche dall'assessore alla Solidarietà e coesione sociale Alessandra De Rosa. "Una simile tragedia - dice - ci riporta alla triste constatazione che qualsiasi sforzo noi possiamo attuare nel sostegno alle persone disagiate che non hanno fissa dimora, il nostro impegno non sarà mai abbastanza. Siamo infatti in contatto giornaliero con la Fondazione Casa di San Francesco e con tutte le strutture analoghe presenti sul territorio provinciale. Di norma, non appena riceviamo segnalazioni, allertiamo i servizi sociali affinché intervengano per aiutare i clochard a trovare una degna sistemazione, seppure momentanea. Purtroppo, molte di queste persone svantaggiate non accettano di essere accolte nei luoghi preposti, così anche la nostra attività di supporto si traduce in un'azione impotente e vana. Il mio pensiero va alle povere vittime di una tragedia che non dovrà mai più ripetersi".

    "La morte dei tre senzatetto avvenuta nel pieno centro di Cosenza, è l'ennesima strage in Calabria, degli ultimi di questa terra". Lo affermano, in una nota, l'ex deputato Franco Laratta ed il consigliere regionale Carlo Guccione, del Pd, secondo i quali "in Calabria è completamente fallita la politica di accoglienza". "Nella terra devastata da una secolare emigrazione - affermano - migranti, extracomunitari e clochard sono abbandonati al loro destino. Ormai siamo in piena emergenza. Stato e Regione del tutto inermi. Soltanto pochi mesi fa, sei romeni sono stati investiti e uccisi da un treno, ad un passaggio a livello di Rossano. Erano giovani braccianti agricoli. Come braccianti sono i 15 mila che ogni anno, durante la stagione delle clementine, affollano l'area della sibaritide, tra Rossano e Corigliano. In questo caso si rischia una vera e propria guerra tra poveri: la recessione economica ha spinto tanti cittadini italiani del posto a tornare nei campi. Che però sono occupati da molti anni da romeni, bulgari e magrebini. La Cgil ha lanciato l'allarme: si rischia un conflitto sociale senza precedenti. Interrogazioni parlamentari, le denunce della associazioni e dei sindacati sono cadute nel vuoto. Intanto lo sfruttamento va avanti senza conoscere ostacoli: controlli e verifiche non hanno mai prodotto nulla. Il conflitto che si rischia nella sibaritide, somiglia tanto a quello scoppiato a Rosarno qualche anno fa. Ma la politica di accoglienza è fallita anche nei Centri di accoglienza distribuiti in più punti della Calabria, ridotti in parte a prigioni in parti a ghetti. Segni di rivolta la scorsa estate ad Amantea dove i profughi sbarcati a Lampedusa sono qui ospitati in un albergo".

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