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    Operazione della DIA a Lamezia, arrestati imprenditori organici a cosca

     

     

    Operazione della DIA a Lamezia, arrestati imprenditori organici a cosca Giampà, figlio boss collabora

    29 mag 13 Dalle prime luci dell'alba gli uomini della Direzione investigativa antimafia (Dia) di Catanzaro sono impegnati in un'articolata operazione, denominata 'Piana', contro l'organizzazione mafiosa facente capo ai Giampà e ritenuta egemone nel comprensorio di Nicastro (Lamezia Terme). Tale attività, scaturita a seguito di indagini esperite utilizzando i contributi resi da noti collaboratori di giustizia dissociatisi dall'organizzazione, ha permesso di far luce sugli interessi economici che legano certa imprenditoria, in questo caso attiva nel comparto edile, alle consorterie mafiose. "Trattasi - spiega un comunicato della Dia - di uno scellerato accordo nel quale il modus operandi proprio della 'ndrangheta, intriso di coercizione e violenza, ha scardinato le più elementari manifestazioni di autodeterminazione degli individui, così da realizzare sulla collettività sottomessa un controllo totale ed asfissiante"

    Gli arresti: La Dia di Catanzaro ha arrestato quattro imprenditori del settore edile accusati di essere organici ala cosca Giampà di Lamezia terme della 'Ndrangheta, che ha il controllo delle attivita' illecite nella stessa zona. Gli imprenditori arrestati, accusati di associazione per delinquere di tipo mafioso, sono Davide Orlando (di 31 anni); Roberto Piacente (di 43 anni); Francesco Cianflone (58 anni) e Antonio Gallo (di 40 anni). Sequestrati anche beni per 25 milioni di euro. Secondo l'accusa i quattro imprenditori arrestati avrebbero messo a disposizione della cosca Giampà le aziende a loro riconducibili, operanti nel settore del calcestruzzo. L'operazione, che ha portato agli arresti e al sequestro delle sei aziende riconducibili agli imprenditori coinvolti nell'operazione, è stata diretta dalla Dda di Catanzaro, che ha chiesto e ottenuto del gip l'emissione delle ordinanze di custodia cautelare in carcere e dei provvedimenti di sequestro dei beni.

    Tra i collaboratori il figlio dle boss Giampà. C'é anche Giuseppe Giampà, figlio di Francesco detto "il professore" e considerato il boss dell'omonima cosca, tra i collaboratori di giustizia che con le loro rivelazioni hanno contribuito all'operazione condotta stamani dalla Dia e coordinata dalla Dda di Catanzaro, che ha portato all'arresto di quattro imprenditori. Giampà ha iniziato a collaborare con gli inquirenti lo scorso anno, dopo essere stato arrestato in una delle tante operazioni coordinate dalla Dda contro le cosche del Lametino. Gli imprenditori arrestati stamani, operanti nel settore del calcestruzzo, secondo l'accusa avrebbero messo a disposizione della cosca le loro aziende.

    Cercavano cosca per guadagnare. Imprenditori che cercano la 'ndrangheta per sbaragliare la concorrenza e che finiscono per rimpinguare le già ricche casse delle cosche calabresi. E' la "dirompente anomalia", come l'hanno definita gli investigatori, portata alla luce dall'inchiesta condotta dalla Dia di Catanzaro e coordinata dalla Dda, che stamani si è concretizzata nell'arresto di quattro imprenditori accusati di essere legati alla cosca Giampà di Lamezia Terme e nel sequestro di beni per 25 milioni di euro. In particolare, i quattro imprenditori, Davide Orlando, di di 31 anni, Roberto Piacente (43), Francesco Cianflone (58) e Antonio Gallo (40), operanti nel settore del calcestruzzo, sono accusati di avere stretto un vero e proprio accordo con la famiglia dei Giampà. L'inchiesta si è avvalsa delle dichiarazioni rese da noti collaboratori di giustizia del lametino, tra i quali Giuseppe Giampà, figlio di Francesco detto "il professore" e considerato il boss della cosca. I Giampà, secondo l'accusa, grazie anche al ricorso ad imprenditori compiacenti, sono riusciti a penetrare il tessuto economico estromettendo dal mercato tutte le realtà imprenditoriali sane. Al riguardo, il gip di Catanzaro, nell'ordinanza, ha scritto che "le indagini hanno consentito di acquisire elementi granitici che comprovano, in modo certo, come gli odierni prevenuti, mettendo le proprie aziende e imprese a totale disposizione della cosca dei Giampà, che da anni domina il territorio lametino e stringendo con la medesima gli illeciti patti sopra ricostruiti, abbiano fornito uno stabile e reiterato contributo al conseguimento delle illecite finalità perseguite dal clan, permettendogli di rafforzare e consolidare sempre di più il suo potere economico". "Le modalità dei fatti, essendo di chiaro stampo mafioso - ha aggiunto il giudice - sono dunque chiaramente indicative della pericolosità e della personalità delinquenziale degli indagati atteso che gli stessi, pur essendo a perfetta conoscenza dei metodi cruenti attraverso i quali l'organizzazione opera e impone il proprio volere, non hanno esitato a stringere con la stessa uno stabile e scellerato accordo criminoso, così dimostrando di sposare in toto, di condividere intimamente quelle criminose metodologie di azione, fondate sulla coercizione e sulla vessazione".

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