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    Sfruttavano migranti per raccolta agrumi, arresti a Rosarno, sequestrati beni

     

     

    Sfruttavano migranti per raccolta agrumi, arresti a Rosarno, sequestrati beni per 500 ml euro

    11 mag 13 Assumevano manovalanza a basso costo, in prevalenza extracomunitari senza permesso di soggiorno e comunque irregolari, organizzandone l'attività nella raccolta di agrumi nella piana di Gioia Tauro e ricorrendo a violenze e minacce. Per questo i carabinieri hanno arrestato, in esecuzione di ordinanza del gip su richiesta della Procura di Palmi, 4 persone, 3 italiani ed uno del Burkina Faso, per sfruttamento del lavoro e violazione della legge sull'immigrazione. In manette sono finiti Alphonse Mare, Gennaro Paolillo, Rocco Gulluni e Salvatore Gulluni

    Sequestrati beni per 500 mila euro. Tre aziende e tre mezzi, per un valore di circa 500 mila euro, sono stati sequestrati dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione che ha portato stamani a quattro arresti per sfruttamento di lavoro e violazione della legge sull'immigrazione. I mezzi erano utilizzati dagli indagati per il trasporto dei lavoratori. L'operazione costituisce una delle prime applicazioni in campo nazionale del nuovo reato di "Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro" introdotto nel codice penale dalla Legge 148 del 2011. Nel corso delle indagini, avviate nel gennaio scorso, i carabinieri hanno accertato che in maniera sistematica e organizzata, gli indagati, attraverso il caporale nordafricano, assumevano la manovalanza tra gli irregolari. Dalle indagini è emerso anche che il caporale ed i complici non si limitavano al reclutamento, ma sovrintendevano e controllavano i lavoratori, imponendo orari e ritmi di impiego in violazione delle norme in materia di lavoro, riposi e sicurezza.

    Il caporale chiamato 'padrone' perché aveva l'assoluto potere di disporre del lavoro, costringendo i braccianti immigrati irregolari a pagare tre euro a testa per essere impiegati nella raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro. E' lo scenario che emerge dall'inchiesta dei carabinieri 'Men at work' che ha portato stamane all'arresto di tre imprenditori agricoli e di un cittadino straniero del Burkina Faso, che si occupavano di reclutare la manodopera stagionale. La gran parte degli immigrati veniva utilizzata nella zona di Rosarno dove, negli anni scorsi, ci fu la rivolta dei braccianti immigrati per protestare contro le precarie condizioni in cui erano costretti a vivere. Ma la situazione di vita dei lavoratori immigrati di Rosarno e delle zone limitrofe, con il passare degli anni, non è cambiata, nonostante le forze dell'ordine e la magistratura abbiano sferrato duri colpi contro il fenomeno dello sfruttamento della manodopera in agricoltura. L'indagine dei carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro è partita quando, nei mesi scorsi, i militari hanno deciso di controllare i movimenti e gli spostamenti di alcuni braccianti stranieri che affollavano le tendopoli della Piana. Dai numerosi controlli i carabinieri hanno individuato Alphonse Mare, un extracomunitario del Burkina Faso, che è stato arrestato stamane perché svolgeva il ruolo di caporale. Mare si faceva chiamare dai braccianti con l'appellativo di 'capo', oppure 'padrone'. Imponeva agli immigrati impegnati nei campi una tangente di tre euro a testa al giorno, indipendentemente dal fatto se venissero prelevati con un pulmino o raggiungessero il posto di lavoro a piedi o in bicicletta. In molti casi i lavoratori stranieri erano costretti a viaggiare ammassati a bordo di un mezzo sul quale, al posto dei sedili, per fare maggiore spazio, venivano sistemate delle cassette di plastica. La loro paga era di un euro per ogni cassetta di mandarini e di 50 centesimi per ogni cassetta di arance raccolta. Oltre ad Alphonse Mare, i carabinieri hanno arrestato anche tre imprenditori agricoli, Rocco e Salvatore Gullini e Gennaro Paolillo, che avrebbero utilizzato la manodopera fornitagli dal caporale. La drammatica situazione dei lavoratori stranieri traspare dalle affermazioni del Procuratore della Repubblica di Palmi, Giuseppe Creazzo, secondo il quale "c'é una "ripresa del vecchio metodo del caporalato. Non è vero, comunque, che sia stata abbassata la guardia su questo fenomeno. Un lavoro a cottimo, vietato dalla legge, che consentiva cospicui risparmi ai proprietari delle tre aziende agricole, sequestrate in base alle nuove norme del Codice penale entrate in vigore dopo la rivolta di Rosarno di tre anni fa, che puniscono l' intermediazione illecita e lo sfruttamento del lavoro". Per i braccianti stranieri, secondo quanto hanno riferito gli investigatori, non c'erano domeniche, né pause di riposo e nessuna tutela previdenziale. Chi non accettava tali regole era escluso e non aveva alcuna possibilità di lavorare.

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