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    Donna muore di botte a Reggio, fermato il marito

     

     

    Donna muore di botte a Reggio, arrestato il marito

    07 mag 13 Trent'anni di violenze, pestaggi e prepotenze di ogni genere. Un'altro caso di femminicidio, questa volta in Calabria. La coppia protagonista non viveva però in un centro dell'entroterra, isolato dal contesto sociale, ma nel pieno centro di Reggio. Nessuno, però, neppure i sei figli della coppia, è stato capace di ribellarsi e porre fine a questa terribile storia di violenza domestica, maturata peraltro in un contesto sociale e familiare tutt'altro che degradato. Una storia che ha registrato il suo epilogo inevitabile sabato scorso quando Immacolata Rumi, di 53 anni, dipendente di una casa di cura privata, è stata portata in ospedale dal marito, Domenico Laface, di 54 anni, venditore ambulante, dopo l'ennesimo pestaggio. "Mia moglie sta male, dice di avere forti dolori ad un fianco, non so cos'ha", ha detto Laface ai medici senza tradire la minima emozione. I medici si sono subito resi conto della gravità della situazione, ma non hanno potuto fare nulla per salvare la donna, che è morta qualche ora dopo per una grave emorragia interna provocata, secondo quanto è stato accertato successivamente, da una lesione alla milza. Immacolata aveva anche alcune costole fratturate ed ecchimosi al volto. E' bastato poco così ai carabinieri, avvertiti dai sanitari del pronto soccorso, per rendersi conto di cosa fosse realmente accaduto: Immacolata Rumi era morta per le conseguenze di un violento pestaggio ad opera del marito dopo l'ennesima lite provocata, secondo quanto viene ipotizzato dagli investigatori, dalla gelosia che l'uomo aveva sempre manifestato ma che col passare degli anni era diventata una vera e propria ossessione. I carabinieri hanno riferito i fatti alla Procura della Repubblica di Reggio Calabria e nei confronti di Laface il pm di turno, Antonella Crisafulli, ha emesso in via d'urgenza un provvedimento di fermo con l'accusa di maltrattamenti seguiti da morte. Il fermo, pur non essendo stato convalidato dal gip, Cinzia Barillà, che non ha ritenuto sussistente il pericolo di fuga, si è trasformato in arresto con l'emissione dell'ordinanza di custodia cautelare. Per Domenico Laface si sono spalancate così le porte del carcere di Reggio Calabria dove avrà modo di riflettere, ammesso che sia all'altezza di farlo, sul male che ha provocato, oltre che a se stesso ed ai suoi figli, alla donna che, malgrado le indescrivibili violenze subite, ha continuato ad amarlo per oltre 30 anni, dandogli anche sei figli "Si tratta dell'ennesimo episodio - ha commentato il Procuratore della Repubblica aggiunto di reggio Calabria, Ottavio Sferlazza - di violenza familiare sfociato, stavolta, nelle conseguenze più estreme. Una tragedia terribile conseguenza di una spirale incontenibile di aggressioni e pestaggi". Intanto il ministro dell'Interno Algelino Alfano ha annunciato che l'emergenza femminicidio sarà all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei ministri. Un fenomeno contro il quale è necessario intervenire e "per il quale non ci sono restrizioni di bilancio che tengano". "E' evidente che c'é un'emergenza che ci sta scoppiando in mano - commenta Rosa Gabriella Moscatelli, presidente di Telefono Rosa - insieme con calma dobbiamo affrontarla e trovare rimedi immediati. Quali sono? Applicazione della legge a 360 gradi, processi veloci e pena scontata fino alla fine, perché se gli autori delle violenze vengono liberati prima della fine della pena si lancia un messaggio negativo". Secondo Moscatelli, inoltre, è necessario che il ministro per le Pari Opportunità, Josefa Idem "al più presto metta in piedi il tavolo interministeriale di cui ha dato notizia, affinché ognuna di noi possa apportare il suo contributo per combattere questa piaga sociale".

    Autopsia conferma morte per botte. Sarebbero compatibili con le percosse subite le lesioni rilevate sul corpo di Immacolata Ruimi, la donna morta sabato scorso nell'ospedale di Reggio Calabria. E' quanto è emerso dall'autopsia. Per la morte della donna è stato fermato il marito.

    Emorragia per lesione alla milza. E' stata provocata da un'imponente emorragia conseguenza di una grave lesione alla milza, a causa del pestaggio cui è stata sottoposta dal marito, Immacolata Rumi, la donna di 53 anni morta sabato scorso nell'ospedale di Reggio Calabria. Era stato il marito della donna, Domenico Laface, a portare Immacolata Rumi in ospedale riferendo che la moglie accusava dolori di cui non sapeva darsi una spiegazione. Poco dopo la donna, che presentava anche alcune ecchimosi al volto, era morta. Gli accertamenti eseguiti hanno poi consentito di accertare la vera causa della morte di Immacolata Rumi e la relazione tra il decesso ed il pestaggio cui era stata sottoposta la donna.

    Custodia cautelare per il marito. I carabinieri hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Laface, di 54 anni, marito di Immacolata Rumi (e non Ruimi, come si era appreso in un primo tempo), la donna morta sabato nell'ospedale di Reggio Calabria perché sottoposta a percosse. Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal gip, Cinzia Barillà, che non ha convalidato il fermo di Laface, ritenento insussistente il pericolo di fuga, ma ha emesso il provvedimento restrittivo.

    Violenze da 30 anni. Subiva violenze da oltre 30 anni ad opera del marito, Domenico Laface, col quale aveva avuto sei figli, Immacolata Rumi, la donna morta sabato scorso nell'ospedale di Reggio Calabria a causa delle percosse subite dal coniuge. E' quanto si è appreso dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria, che ha chiesto ed ottenuto dal gip l'emissione del provvedimento restrittivo a carico di Laface. L'uomo è accusato di maltrattamenti seguiti da morte. Laface ha precedenti sempre per maltrattamenti.

    Il fermato è il marito. E' il marito della vittima l'uomo fermato ieri sera a Reggio Calabria dai carabinieri nell'ambito delle indagini sulla morte di Immacolata Ruimi, di 53 anni, deceduta sabato scorso negli Ospedali riuniti. I carabinieri, al momento, mantengono uno stretto riserbo sulla vicenda in attesa della convalida del fermo. Ciò che si é appreso, comunque, è che il marito di Immacolata Ruimi, almeno per il momento, non è accusato di omicidio e che il suo fermo si collega alla necessità di accertare alcuni fatti che hanno preceduto la morte della moglie. Sabato scorso il decesso della donna era stato attribuito, in un primo tempo, a cause naturali. Dalle indagini sono poi emerse le percosse alle quali sarebbe stata sottoposta la donna e l'ipotesi del possibile nesso di causalità con il decesso. Da qui anche la decisione del pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria di sottoporre il cadavere di Immacolata Ruimi ad autopsia in modo da accertare le cause della morte verificando, in particolare, se sia possibile collegarla alle percosse che avrebbe subito.

    Fermo siglato dal PM. E' stato disposto dal pm Antonella Crisafulli il fermo del marito di Immacolata Ruimi, morta sabato scorso nell'ospedale di Reggio Calabria a causa delle percosse subite. E' quanto si è appreso in ambienti giudiziari. All'uomo viene contestato il reato di maltrattamenti seguiti da morte, per il quale è prevista una pena fino a 24 anni di reclusione. Il fascicolo dell'inchiesta sulla morte di Immacolata Ruimi è adesso al vaglio del gip, che deve decidere sulla convalida del fermo del marito della donna.

    Interrogatorio prosegue. E' ancora al vaglio del pm di turno della Procura della Repubblica di Reggio Calabria e dei carabinieri la posizione del marito di Immacolata Ruimi, la donna di 53 anni morta sabato scorso in ospedale. L'uomo, che è in stato di fermo, è stato interrogato dal pm di turno della Procura per accertare sue eventuali responsabilità in relazione ai segni di percosse rilevati sul corpo della moglie il cui decesso, in un primo tempo, era stato attribuito a cause naturali. Al momento, secondo quanto riferito dagli investigatori, al marito di Immacolata Ruimi non viene contestata l'accusa di omicidio, né volontario né preterintenzionale. Si attendono gli esiti dell'attività investigativa per chiarire il quadro della situazione e fare il punto sulle responsabilità che potrebbero emergere a suo carico anche in relazione a possibili condotte colpose che potrebbero essere collegate alla morte della moglie. I carabinieri, al momento, mantengono una linea di cautela e di riserbo in attesa dei possibili sviluppi delle indagini.

    Telefono rosa: Ministro ci convochi. "Sono sconvolta. Adesso è davvero arrivato il momento che ci muoviamo a fare qualcosa. E' evidente che stanno venendo a galla tutte le denunce che noi facciamo da anni. Di questa povera donna si è saputo perché è morta, ma di tante altre non si sa nulla, perché nessuno ne parla": commenta così la presidente di Telefono Rosa Gabriella Moscatelli, la notizia della donna calabrese morta in seguito alle percosse del marito, dopo 30 anni di violenze. "Ma è possibile che i figli, i parenti, i vicini non si siano mai accorti di quello che stava succedendo? Bisogna mandare un messaggio alle donne - aggiunge Moscatelli - e cioé che stando in silenzio, condannano i loro figli a essere maschi violenti e le altre donne a essere soggette alla violenza maschile". La presidente di Telefono Rosa chiede dunque al ministro per le Pari opportunità, Josefa Idem, che "al più presto metta in piedi il tavolo interministeriale di cui ha dato notizia, affinché ognuna di noi possa apportare il suo contributo per combattere questa piaga sociale". Il ministro ha preannunciato un incontro con le associazioni, ma al momento, precisa Moscatelli, nessuno ha ancora contattato Telefono Rosa. "Questo incontro però - aggiunge - andrebbe fatto subito, è evidente che c'é un'emergenza che ci sta scoppiando in mano, insieme con calma dobbiamo affrontarla e trovare rimedi immediati. Quali sono? Applicazione della legge a 360 gradi, processi veloci e pena scontata fino alla fine, perché se gli autori delle violenze vengono liberati prima della fine della pena si lancia un messaggio negativo" conclude.

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