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    Scavi di Sibari allagati, Ministero monitora situazione, da Regione 5 mln

     

     

    Scavi di Sibari allagati, Ministero monitora situazione, da Regione 5 mln. A rischio tesoro inestimabile

    29 gen 13 Il ministro dei beni culturali Ornaghi ha da subito costantemente seguito il dramma dell'area archeologica di Sibari, in Calabria, sepolta dall'acqua e dal fango, lo scorso 18 gennaio, in seguito all'esondazione del fiume Crati. Lo ricorda il segretario generale del ministero, Antonia Pasqua Recchia, sottolineando che il Mibac ha attivato "sin dai primi giorni l'Unità di crisi nazionale e regionale". Il locale comando dei vigili del fuoco, fa notare Pasqua Recchia, "ha immediatamente messo a disposizione mezzi e uomini, così come previsto dall'accordo, fortemente voluto dal ministro Lorenzo Ornaghi, sottoscritto a marzo del 2012 tra il Segretariato generale e il Dipartimento dei vigili del fuoco. Consorzio di Bonifica e Protezione Civile sono intervenuti con pompe idrovore per il prosciugamento dell'area, mentre le strutture centrali e periferiche del ministero hanno già cominciato a impostare gli interventi di ripristino degli scavi archeologici".

    Dalla Regione 5 mln di euro. "La regione Calabria non ha avuto bisogno dell'esondazione per intervenire sulla valorizzazione di questo bene culturale così importante per l'umanità che è Sibari, avendo previsto già cinque milioni di euro nel Piano dei Beni Culturali approvato dalla giunta regionale nel mese di ottobre". Lo ha detto l'assessore alla Cultura della Regione Calabria, Mario Caligiuri, nel corso di una conferenza stampa tenuta nel Museo Nazionale Archeologico della Sibaritide per fare il punto sulla situazione dell'area archeologica di Sibari invasa da acqua e fango dopo l'esondazione del fiume Crati. "Il presidente Scopelliti - ha aggiunto Caligiuri - sta seguendo quotidianamente lo sviluppo della situazione. Ci siamo attivati, con un colloquio costante con il ministro Barca, per utilizzare dei fondi rilevanti del piano di Azione e Coesione e indirizzarli verso Sibari, che è un bene dello Stato, di proprietà dello Stato, e la Regione sta intervenendo, in maniera adeguata, per poterlo valorizzare, perché questo è il nostro compito. Dopodiché abbiamo cercato di creare tutte le condizioni con le istituzioni, dal Comune ai vigili del fuoco e alla Provincia, per determinare tutta una serie di interventi che siano strutturali. Non a caso la Sovrintendenza regionale dei Beni culturali interverrà già in settimana con un pronto intervento di somma urgenza per cominciare a rimuovere i fanghi che sono depositati sui resti archeologici e la regione Calabria, in seguito, metterà a disposizione tutte le risorse che saranno necessarie per intervenire in modo definitivo per rimuovere i fanghi. Le risorse ci sono e ci sono già dal mese di ottobre". "Inoltre, l'ufficio del Commissario per il dissesto idrogeologico, con il quale siamo in costante contatto così come con la Protezione Civile nazionale - ha proseguito - bandirà una gara d'appalto in questa settimana per la progettazione e conferirà l'incarico, speriamo entro il mese di giugno, per un importo di quattro milioni di euro per l'intervento definitivo della ristrutturazione degli argini sui quali, prontamente, è intervenuta già la Provincia di Cosenza che ha rimosso il pericolo più immediato".

    A rischio tesoro inestimabile. Euripide ne cantava le glorie descrivendola come una terra 'madre di Eroi', Erodoto ne raccontò la ricchezza facendone diventare leggendari il lusso e la raffinatezza. Aristotele ne sottolineò la potenza e la capacità di indipendenza politica. Grazie anche alla sua posizione strategica tra Ionio e Tirreno, la colonia greca di Sybari, fondata nell'VIII secolo avanti Cristo dagli Achei, controllava il commercio, soprattutto le merci che arrivavano dall'Asia Minore. E questo ne fece una potenza. Scoperta nel 1932 dal meridionalista anglo piemontese Umberto Zanotti Bianco e poi faticosamente riportata alla luce in decenni di scavi che hanno avuto un avvio sistematico dal 1967, la Sibari greca con il suo parco costituisce oggi, insieme con le successive città di Thurii e della romana Copia(193 a.C. - VII sec. d.C.) una delle aree archeologiche più importanti della Magna Grecia, dove al momento (gli scavi dovevano ripartire con la buona stagione) gli archeologi della soprintendenza - il finanziamento è di Arcus- lavorano insieme con una missione della Scuola italiana di archeologia di Atene. Un tesoro inestimabile, che soprattutto per la parte romana è ricco di mosaici e di affreschi. Ed è proprio in questa parte del sito, che è la più superficiale visto che le tre città si sono sovrapposte, che si temono i danni peggiori. Lì, riferisce la direttrice del parco del museo Silvana Lupino, "la violenza dell'acqua, che ha invaso 5 ettari nell'area di Parco del Cavallo, ha addirittura sbriciolato dei muri". Il danno accertato riguarda domus romane non affrescate, precisa, "ma al momento non possiamo ancora sapere se in altre parti l'acqua ha sollevato pavimenti e li ha trascinati". Da sempre amico e nemico, il fiume Crati (nell'antichita i fiumi erano due Crathis e Sybaris) correva vicino alle antiche città ed oggi affianca l'area degli scavi che si trova 4 metri sotto il terreno, 1 metro e mezzo sotto il livello della falda acquifera. Un precedente, spiega la soprintendente Simonetta Bonomi, c'era stato nel 2001: "Ci fu un' inondazione ma più limitata", ricorda. Tanto più che da tempo, proprio per controllare il livello della falda e mantenere asciutto il sito, la soprintendenza ha collocato una serie di pompe. Causata dalla rottura di un argine del Crati, però, "l'esondazione del 18 gennaio è stata troppo violenta", racconta, "l'acqua ha travolto tutto e sepolto in un batter d'occhio anche le pompe", che solo oggi, dopo giorni di lavoro con le idrovore prestate dal Consorzio di Bonifica, Coldiretti e Vigili del Fuoco, sono state riportate alla luce e parzialmente già rimesse in funzione. La priorità ora, spiegano soprintendente e direttrice, è la perizia dei danni, a cui si sta lavorando in queste ore e che servirà a stimare i fondi necessari ('centinaia di migliaia di eurò teme la soprintendente) per i restauri. Di certo per liberare i reperti dal fango "serviranno mesi", anticipa la direttrice, e "squadre specializzate" per dare aiuto ai circa 10 tecnici in forze al parco. Il parco intanto è stato naturalmente chiuso al pubblico. "La speranza - conclude Lupino - è di riaprire per l'estate, ma avremo bisogno di aiuto".

    Scavi Sibari patrimonio della Calabria. Non solo Sibari. Dal nord al sud della regione il patrimonio archeologico della Calabria è ricco di tesori e di testimonianze legate al periodo magnogreco e non solo, con dieci fra parchi e musei. A Reggio Calabria c'é il Museo archeologico nazionale della Magna Grecia - chiuso da tempo per un restyling che si sarebbe dovuto concludere per i 150 anni dell'Unità d'Italia - realizzato raccogliendo un'intuizione di Paolo Orsi per dare unitarietà ai reperti custoditi originariamente in un museo civico. Inaugurato nel 1959, il Museo, progettato dall'architetto Marcello Piacentini e noto in tutto il mondo per la presenza dei Bronzi di Riace, attualmente ospitati in una sala del Consiglio regionale calabrese, presenta reperti di grande importanza come la Testa del Filosofo, i Dioscuri, il Kouros. Per concludere i lavori, però, ricorda la soprintendente Simonetta Bonomi, "mancano ancora 5 milioni di euro di fondi messi a disposizione dalla Regione Calabria destinati all'allestimento delle opere". Per l'erogazione manca ormai solo un passaggio tecnico da parte da parte dell'unità di missione del ministero dei beni culturali. Ma per la riapertura al pubblico serviranno comunque altri 6-9 mesi di lavori. Sul promontorio di Capo Colonna, a pochi chilometri da Crotone, sorge poi il Parco archeologico di Hera Lacinia, che si estende su 30 ettari di terreno adibito a scavi e che è tra le aree sacre più note del bacino del Mediterraneo. Il nuovo Museo archeologico presenta una struttura a tre padiglioni che raccoglie i reperti rinvenuti sul posto. L'elemento principale é costituito dal tempio di Hera Lacinia, in stile dorico con pianta rettangolare di 6x19 colonne che risale al V secolo a.C. Oggi del tempio originario rimane una sola colonna con stilobate, in stile dorico alta 8,5 metri, 20 scanalature piatte e il basamento composto su dieci livelli di blocchi squadrati. L'area archeologica di Marasà accoglie il parco e il museo di Locri Epizefiri, dove sono conservati, tra l'altro, i Pinakes e la Persefone. Sempre sulla costa jonica, alle porte di Catanzaro, c'é il Parco archeologico della romana Scolacium, con annesso Antiquarium, costruita sui ruderi della greca Skilletion, oggetto di scavi e di nuove scoperte. Un patrimonio di parchi, sottolinea la soprintendente, per il quale è ora allo studio un progetto di lavori e messa in rete con fondi europei. Annunciato a novembre 2012, dal presidente della Regione Giuseppe Scopelliti e dall'assessore alla cultura Mario Caligiuri, il piano integrato regionale prevede un finanziamento di 45 milioni destinato alla cultura con un totale di 70 interventi per archeologia, musei, castelli, edifici di pregio.

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