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    La grande distribuzione in mano alla ndrangheta

     

     

    La grande distribuzione in mano alla ndrangheta

    24 gen 13 A Reggio Calabria, nel settore della grande distribuzione alimentare, non c'era la possibilità di una leale concorrenza tra imprese. Se un'azienda voleva rifornirsi di generi alimentari, fossero pane, frutta, bevande, prodotti lattiero-caseari, o anche di tabacchi, doveva necessariamente rivolgersi alla galassia di società che ruotavano intorno alla cosca Tegano. A tenere le fila di quello che era diventato un vero e proprio cartello di imprese sarebbero stati Giuseppe e Barbara Crocé, padre e figlia, noti imprenditori reggini, che stamani sono stati arrestati nel corso dell'inchiesta "Assenzio 2" coordinata dalla Dda e portata a termine da guardia di finanza, Dia e carabinieri. I due, secondo l'accusa, si sarebbero incaricati di tenere fede ai patti assunti con i Tegano dall'ex consigliere comunale di centrodestra Dominique Suraci anche dopo il suo arresto, avvenuto nel luglio scorso con l'accusa di essere il referente della cosca nel settore della grande distribuzione alimentare e l'interlocutore politico del clan. Nonostante l'arresto, però, i patti sarebbero stati mantenuti grazie ai Crocé tramite contratti di fornitura con imprese riconducibili alle singole cosche cittadine guidate da imprenditori che hanno lavorato sotto la protezione dei più importanti gruppi criminali di Reggio, accaparrandosi enormi fette di mercato e accumulando patrimoni. L'operazione di oggi, a giudizio degli stessi investigatori, dimostra come la 'ndrangheta ''sia forte ed in grado di infiltrarsi in attività economiche lecite, essenziali per l'economia cittadina". Ma l'inchiesta evidenzia anche un dato nuovo, la nascita dei trust che segna "il salto di qualità". Imprese "mafiose" e "para mafiose", infatti, avevano creato un vero e proprio cartello, governato dalla cosca Tegano, che si relazionava con le società dei Crocé alla stregua di un unico gruppo imprenditoriale sponsorizzato dall'appartenenza al sodalizio mafioso. Stamani tutte queste società, per un valore di 30 milioni, sono state sequestrate. E non ci sono solo quelle dei Crocé, che gestivano supermercati, noleggio auto e mini market. Ce ne sono altre, riconducibili, più o meno direttamente, alla cosca, come quella intestata al genero del boss Giovanni Tegano od alla figlia dello stesso boss. Ma gli investigatori sono anche riusciti a mettere le mani sulle quote di alcune società che Suraci avrebbe tentato di salvaguardare schermandole con società fiduciarie, una delle quali di diritto elvetico. Tentativo, tuttavia, fallito.

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