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    In videoconferenza Processo Minotauro a Torino anche sequestro Casella

     

     

    In videoconferenza Processo Minotauro a Torino anche sequestro Casella

    09 gen 13 Con l'audizione di Rocco Marando, uno dei pentiti di 'ndrangheta piu' importanti della procura di Torino, è ripreso oggi nell'aula bunker delle Vallette il maxi processo 'Minotauro' contro la criminalità calabrese che opera in Piemonte. Marando è collegato in audioconferenza con una località segreta e, a differenza di quanto avvenuto nell'udienza precedente, quando aveva protestato per il trattamento economico riservato ai collaboratori di giustizia dal ministero dell'Interno, ha accettato di rispondere alle domande. Nell'inchiesta Minotauro ha testimoniato contro i suoi più stretti familiari."Ho sempre detto la verità", sono state e prime parole che ha rivolto al giudice Paola Trovati. Il padre e tre dei suoi otto fratelli, a partire dal 1979, sono stati uccisi da rivali nel corso di regolamenti di conti.

    Anche il sequestro Casella. Si è parlato anche del sequestro di Cesare Casella, il giovane di Pavia rapito dalla 'ndrangheta nel 1988 e liberato dopo due anni di prigionia, al processo Minotauro, ripreso oggi a Torino con l'audizione del pentito Rocco Marando. "Vi partecipammo anche noi" ha detto "perché quando c'é un sequestro vengono coinvolte tutte le famiglie". All'epoca i Marando erano già insediati a Volpiano (Torino). "Vennero da noi - ha raccontato - quattro di San Luca. Noi mettemmo dei mobili vecchi nel loro camion lasciando uno spazio vuoto che doveva servire per nascondere e trasportare Casella". "Con droga e sequestri - ha ancora detto - si facevano soldi facili. Erano tempi d'oro". Marando ha affermato che la sua famiglia guadagnò l'equivalente di milioni di euro: il patrimonio del fratello Pasquale, nel 1999, quando venne ucciso, era circa 65 miliardi di vecchie lire. "Me lo disse un altro fratello, Nicola, ma a me oggi sembrano addirittura pochi". "Quando non erano investiti o consegnati ad altri - ha precisato - i soldi si nascondevano in quello che voi chiamate bunker e io chiamòcamera sottoterra. Una volta vennero fatti cementare in tre bidoni 35 milioni di dollari in tre bidoni"

    Interessi su autostrada Torino-Milano. "La 'ndrangheta ha interessi nell'edilizia. Vi dico solo questo: quando è stata rifatta l'autostrada Torino-Milano, la parte al di qua di Novara era di quelli di Volpiano, la parte al di là di Novara era dei milanesi". Così Rocco Marando, collaboratore di giustizia, affiliato al 'locale' di Volpiano (Torino), testimoniando oggi in videoconferenza al processo Minotauro. Secondo il pentito, nella zona operavano diversi gruppi che, tra l'altro, hanno ottenuto incarichi per la costruzione di edifici di pertinenza di Nevio Coral, ex sindaco di Leinì, l'unico politico che compare fra i 73 imputati.

    Collaboratore insiste, mi minacciano. "Mio fratello è un po' malato. Ha dei seri problemi psicologici. E poi beve, è scomposto e maleducato. Io ce l'ho con lui, è vero, ma non per quello che ha detto ai giudici: è per come ci ha sempre trattato". Così, dalla gabbia degli imputati, Rosario Marando, uno dei fratelli del pentito Rocco, è intervenuto oggi all'udienza del processo Minotauro. Si è trattato di dichiarazioni spontanee con cui Marando, considerato dall'accusa uno degli esponenti del "locale di Volpiano", ha voluto rispondere a Rocco, il quale, nel motivare la sua scelta di pentirsi e di denunciare i familiari, aveva parlato del clima di "minacce" che si era creato e della volontà di allontanare il figlio da quell'ambiente: "I miei fratelli - ha detto - erano dei trafficanti di droga che hanno fatto solo del bene alla famiglia e agli amici. Eppure, fra di noi, ci ammazziamo l'uno con l'altro. E magari patiamo dei danni per episodi che risalgono ad ancora prima che nascessimo. Da quando mi sono pentito ho perso la casa, i parenti, la moglie, tutto. E continuano a ordinarmi di ritrattare: quando ero in carcere mi hanno anche fatto avvicinare dal cappellano (che verrà interrogato come testimone - ndr)". "E' vero il contrario", gli ha risposto Rosario. "E' lui che continua a contattare la mamma e mia moglie. Ed è stato lui a farmi avvicinare dal sacerdote. Quello che vuole da noi sono soldi. Noi gli diciamo di tornare a casa, ed è giusto. Ma non di ritrattare. Noi non temiamo il processo. E la verità prima o poi verrà a galla". Durante l'udienza, Rocco Marando ha parlato delle varie attività illecite del clan. Il pm Roberto Sparagna ha affermato che "ci sono dei morti ammazzati direttamente riconducibili al 'locale' di Volpiano. Almeno tre o quattro. Per faide interne". Il pentito ha anche tracciato un sommario resoconto di quanto fruttavano droga e investimenti vari, spiegando che si tratta di miliardi: "Io - ha puntualizzato - possiedo anche un terreno che è intestato a un prete della Falchera" (un quartiere dell'estrema periferia nord di Torino)

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