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    Mons. Morosini "La ndrangheta non vuole il bene del popolo"

     

     

    Mons. Morosini "La ndrangheta non vuole il bene del popolo"

    08 feb 13 "E' falso che la criminalità organizzata è a favore del popolo e vuole il suo bene. La 'ndrangheta e' il potere di pochi che vogliono godersi la vita a discapito di chi cade nella loro rete, che rimarranno sempre poveri e senza benefici reali, se non quello di essere esposti alla legittima reazione della società, che, mediante le forze dell'ordine, cercano di difendersi e far rispettare i propri diritti". Lo ha sostenuto il vescovo di Locri, mons. Giuseppe Fiorini Morosini, nel corso della messa celebrata in ricordo del brigadiere dei carabinieri Carmine Tripodi, ucciso dalla 'ndrangheta il 6 febbraio del 1985. ''Il brigadiere Tripodi - ha proseguito il Vescovo - ha agito in questo contesto, guidato da questi valori: il suo sacrificio per noi oggi non è un fallimento. Quale dignità avrebbe avuto, se, dopo aver giurato fedeltà allo Stato che lo inviava a proteggere i cittadini, lui avesse fatto finta di niente e avrebbe permesso qui a San Luca di far prevalere la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia? Ecco perché noi lo ricordiamo, ed ecco perché con questo ricordo la società lo addita a modello di comportamento a tutti, soprattutto ai giovani e ai ragazzi". "Riusciremo noi - ha sostenuto il Presule - a sconfiggere la 'ndrangheta e in genere la criminalita' organizzata? Dobbiamo avere fiducia che il cancro della 'ndrangheta verra' estirpato prima o poi. Dobbiamo crederci, dobbiamo sperare, dobbiamo collaborare in questo, facendo ciò che ci compete. Noi cristiani, poi, dobbiamo anche pregare Dio perché ci aiuti a sconfiggere questo male. Tutti dobbiamo sentirci impegnati in questa lotta contro la criminalità organizzata. Tutti dobbiamo saper rischiare qualcosa, per il bene di tutti. Dobbiamo educarci alla legalità e al rispetto del bene comune e delle istituzioni. Dobbiamo costruirci la vita con il nostro lavoro, mai sfruttando con tangenti, estorsioni, usura il lavoro degli altri. Dobbiamo imparare a rispettare la nostra vita e quella degli altri e a non farci mai giustizia da noi stessi. Dobbiamo vincere la paura della 'ndrangheta e imparare a denunciare gli eventuali atti contro di noi. Tutti dobbiamo lavorare in modo congiunto per questo scopo: sconfiggere la 'ndrangheta. Ognuno però al suo posto, secondo le proprie competenze, senza aspettarsi che gli altri facciano ciò che non è di loro competenza".

    Basta processi alla chiesa. "La si smetta di mettere sotto processo sempre ed unicamente la Chiesa per quello che non avrebbe fatto". Lo ha detto il vescovo di Locri mons. Giuseppe Fiorini Morosini. "Un esame di coscienza sul modo come nel passato ci si è comportati nei confronti della 'ndrangheta - ha aggiunto - e' bene che lo facciano tutte le componenti della Stato e della società civile: tutti abbiamo di che pentirci e da cui convertirci. La si smetta poi di dettare i comportamenti alla Chiesa su come pastoralmente si debba muovere, se deve perdonare, come e quando, se deve negare sacramenti o darli; e a gettare fango su di essa se non si muove secondo le vedute personali". "Su questi aspetti - ha concluso il vescovo - l'attenzione della Chiesa è molto vigile, più di quanto si pensi. Ciascuno pensi, invece, a come l'istituzione di appartenenza si debba muovere; e ciò gioverebbe di più alla soluzione del problema"

    Gen. Lusi "CC a fianco onsti di San Luca" . "I carabinieri non sono a San Luca solo per mantenere l'ordine e la sicurezza, ma sono impegnati anche per stare a fianco di ogni abitante di San Luca onesto e per creare un futuro per la comunità". Lo ha detto il comandante della Legione carabinieri Calabria, generale Adelmo Lusi, nel corso del suo intervento alla commemorazione del brigadiere Carmine Tripodi, ucciso dalla 'ndrangheta a San Luca, nel ventottesimo anniversario dell'omicidio. Alla cerimonia, insieme al generale Lusi, ha partecipato il comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, colonnello Lorenzo Falferi, oltre ai militari del Reparto territoriale di Locri. Al brigadiere Tripodi, un anno dopo la morte, venne conferita, alla memoria, la Medaglia d'oro al Valor militare. "Comandante di Stazione - si affermava nella motivazione - già distintosi in precedenti operazioni di servizio contro agguerrite cosche mafiose, conduceva prolungate, complesse e rischiose indagini che portavano all'arresto di numerosi temibili associati ad organizzazioni criminose, responsabili di gravissimi delitti. Fatto segno a colpi di fucile da parte di almeno tre malviventi, sebbene mortalmente ferito, trovava la forza di reagire al proditorio agguato riuscendo a colpirne uno, dileguatosi poi con i complici. Esempio di elette virtù militari e di dedizione al servizio spinto fino al sacrificio della vita".

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