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    Attentato Musy, Furchì resta in carcere

     

     

    Attentato Musy, Furchì resta in carcere

    02 feb 13 L'accusa vince il primo round: Francesco Furchì resta in carcere. Il gip Massimo Scarabello, del tribunale di Torino, convalida il fermo dell'uomo sospettato del ferimento del consigliere comunale Alberto Musy e dispone la custodia cautelare in carcere. Contro il "faccendiere rancoroso, violento e vendicativo", come lo dipinge il pm Roberto Furlan, ci sono sette indizi ("elementi oggettivi", dice il gip) di una tale gravità da far passare in secondo piano il movente, che resta la vendetta. "Indizi? Nessun indizio", ribatte il difensore, l'avvocato Giancarlo Pittelli. "Niente che possa giustificare la custodia in carcere. Il gip ha solo ricalcato le tesi del pm. Faremo ricorso confidando pienamente nella serenità del tribunale del riesame, che è un tribunale collegiale". Già adesso si intravede il campo di battaglia: il "Settebello" giocato dalla procura e dalla squadra mobile guidata da Luigi Silipo dopo un'indagine che ha intrecciato intuizioni vecchio stile a tecniche scientifiche d'avanguardia. La mattina del 21 marzo 2012 era nella stessa zona in cui ha sparato l'aspirante killer e ha staccato il telefonino; non ha un alibi perché gli operai che lo aiutavano in un trasloco ricordano che si era assentato; con sé aveva un borsone di cui forse si è servito per disfarsi della pistola, del casco e dell'impermeabile; quel giorno guidava uno scooter; gli specialisti che hanno esaminato i video dell'"uomo con il casco", confrontando la corporatura e persino il difetto nella camminata, dicono che è lui. Il casco integrale ha permesso all'aggressore di non essere riconosciuto: il gip, citando le dichiarazioni del primo soccorritore, che raccolse le poche e stentate frasi di Musy, annota che "il ferito non aveva nessuna idea di chi potesse essere". Dopo un anno - assicurano gli inquirenti - il mistero é risolto. Il giudice comunque raccomanda di non interrompere le indagini: bisogna capire, per esempio, se c'é un complice. Inoltre sarà necessario ripetere i test scientifici, magari nella forma della super-perizia. Dal carcere, Furchì afferma che in tanti gli dovranno chiedere scusa a cominciare dalle persone che "dopo avermi sfruttato mi hanno voltato le spalle", ma il quadro che emerge dalle carte dell'inchiesta è quello di un ambizioso maneggione che si agitava nel sottobosco della politica torinese (e non solo) alternando buone conoscenze a millanterie grossolane. Musy aveva capito il tipo: "Se Furchì facesse il furbo fatemelo sapere subito", scriveva nelle email inviate ai collaboratori durante la campagna per le comunali del 2011, quando l'avvocato era candidato a sindaco per il Terzo Polo e l'altro "pretendeva" un posto di rilievo in una delle liste di appoggio. "Era molto risentito con Musy. Disse qualcosa come 'e' proprio uno stronzò. Era furibondo": è quanto ha riferito agli inquirenti Aldo Monateri, docente di diritto comparato all'Università subalpina, finito in questi giorni al centro di polemiche per non avere denunciato i suoi sospetti alla polizia e soprattutto per avere dileggiato la vittima con una poesiola scribacchiata su un bigliettino. Il gip si dice convinto che il carcere, per ora, sia l'unica misura adeguata. A parte il carattere "incline alla violenza", e il rischio che commetta altri reati, Furchì potrebbe fuggire: alcuni mesi fa ha contattato una delle sue innumerevoli conoscenze, il console generale d'Italia a Nizza, Luciano Barillaro, facendogli sapere che pensava seriamente di trasferirsi in Francia o di aprire delle attività in Russia. "L'amico - osserva il pm Furlan - gli spiega che lo accoglierebbe a braccia aperte, l'importante è che 'non arrivi qui per scappare!!'".

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