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    Card. Ravasi in Calabria "Web e Twitter per annunicare il Vangelo"

     

     

    Card. Ravasi in Calabria "Web e Twitter per annunicare il Vangelo"

    20 apr 13 "Accanto al discorso, alla riflessione, alla catechesi, all'omelia nella forma tradizionale é assolutamente necessario utilizzare l'universo digitale e tutte queste strategie comunicative che sono nuove: per annunciare il Vangelo in rete, per esempio, bisogna essere capaci di utilizzare twitter". Lo ha detto oggi a Catanzaro il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, a margine di un convegno promosso nell'ambito dell'iniziativa "Il cortile dei gentili". "Lo hanno fatto Benedetto XVI e papa Francesco - ha aggiunto Ravasi - lo faccio anch'io ormai da tanto tempo con la convinzione che c'é un mondo che ascolta, soprattutto giovanile, che non vuole sentire soltanto volgarità, elementi marginali ma anche interrogarsi e ascoltare risposte sulle domande ultime dell'esistere e dell'essere. Il continente digitale è ormai inesorabilmente l'orizzonte nel quale dobbiamo essere presenti, ricordando che questo mondo ha una propria grammatica, cioé un suo modo di esprimersi: non si può parlare come si parla all'interno delle chiese e, quando si usa twitter, ad esempio, bisogna essere capaci di usare la coordinata, cioé la frase essenziale, incisiva, che riesca subito a comunicare un messaggio e al tempo stesso coinvolgere".

    "Penso che l'impatto di Papa Francesco, paradossalmente, non sia verificato tanto da noi che siamo nei dicasteri vaticani, gli siamo sempre vicino e abbiamo un contatto quotidiano con lui, ma soprattutto dalla gente. Papa Francesco ha avuto subito una grande sintonia, non solo con noi e neppure soltanto con il mondo specifico dei credenti, quanto con un orizzonte di umanità generale". Lo ha detto il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, oggi a Catanzaro, a margine di un convegno promosso nell'ambito dell'iniziativa "Il cortile dei gentili". "Credo - ha continuato Ravasi - che questa sia la forma più alta di comunicazione: quando di qualunque persona si riesce a cogliere la base, la radice fondamentale che è l'umanità, prima ancora di salire al tema della fede. A me piace molto poter passeggiare, per esempio per le strade di Roma, per sentire il giudizio della gente e, ogni volta, è veramente una grande sorpresa verificare la sintonia tra papa Francesco e la gente".

    "L'aspetto peggiore della 'ndrangheta e' l'avvelenamento progressivo della società, che in certi momenti sembra accettare il male e non voler reagire". Lo ha detto il procuratore della Repubblica di Roma, Giuseppe Pignatone, per 4 anni alla guida della Procura di Reggio Calabria, intervenendo a Catanzaro al convegno "Religiosità: tra fede e superstizione" alla presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, e di Michele Prestipino, procuratore aggiunto a Reggio Calabria. "Il discorso - ha proseguito - vale per il politico che si lascia corrompere come per lo studente che accetta la raccomandazione per superare un esame, e riguarda anche alcuni magistrati, perché non ci sono categorie che si salvano a priori. E' evidente che c'é un'enorme strumentalizzazione da parte della mafia del sentimento religioso. C'é una posizione ufficiale della Chiesa molto forte, i vescovi italiani parlano della mafia come di un cancro ma ci sono anche dei dati che non si possono occultare: alcune ricerche, come quelle condotte a Palermo nel 2005 e in Calabria nel 2012, mostrano che spesso la Chiesa ha considerato la mafia non un suo problema ma delle istituzioni statali, soprattutto di magistratura e polizia. Sono tante le cose che si possono fare. Sicuramente l'apparato repressivo deve fare la sua parte per aprire spazi di libertà alla società civile, ma quegli spazi poi devono essere occupati. La prima cosa, in ogni caso, è prendere sempre le distanze dalla 'ndrangheta''. Prestipino ha ricostruito i legami tra religiosità e criminalità organizzata. "In Sicilia e in Calabria - ha detto - sono stati arrestati molti capi mafia e a nessuno mancava un' immagine sacra. Nel covo di Provenzano, oltre alla Bibbia e a un libro di preghiere, sono stati trovati quadri con soggetti religiosi e 91 immagini sacre. Interrogarsi sul perché ciò accada, a dispetto di ogni apparente logica, è importante perché permette di fare un passo avanti nella conoscenza e nel sapere sulle mafie. Da qui si parte per mettere insieme un' efficace organizzazione di contrasto sul piano sociale, culturale e religioso". Secondo Prestipino, tuttavia, la religiosità distorta delle organizzazioni criminali non è solo superstizione e rituali scaramantici. "La stagione dei collaboratori di giustizia - ha detto - aprì in Cosa nostra delle crepe fortissime e la successiva strategia del terrore, degli anni '92 e '93, voluta dai vertici mafiosi fallì. Fu in quel momento che Provenzano capì l'esigenza di ricompattare l'organizzazione, di ricreare un legame tra organizzazione e territorio, sfruttando la forte religiosità della popolazione. Serve dunque un'azione specularmente complessa, che non può essere solo denuncia: la comunità ecclesiale deve aggiungere qualche cosa, seguendo l'esempio di don Pino Puglisi la cui attività, fuori dal clamore mediatico, resta un altissimo punto di riferimento morale e religioso".

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