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    Operazione Meta: 3 assoluzioni ed una condanna a 8 anni

     

     

    Operazione Meta: 3 assoluzioni ed una condanna a 8 anni

    11 apr 13 Sono stati assolti dal Tribunale di Palmi (Antonio Battaglia, presidente, Claudio Paris e Anna Laura Ascioti, a latere) Vincenzo Verduci (difeso dagli avvocati Antonino Napoli e Luciano Battista), Giasone Italiano (difeso dagli avvocati Concentto Pirrottina, Nico D’Ascola e Guido Contestabile), Domenico Rugolo (difeso dagli avvocati Umberto Abate e Pasquale Foti) dai reati di estorsione e danneggiamento aggravati dal metodo mafioso per aver organizzato il tentativo di estorsione su un fondo di proprietà di Buceto Vincenzo. Nell’interesse del presunto estortore, Vincenzo Verduci, avrebbero agito Rocco Morfea (deceduto), Giuseppe Antonio Italiano (deceduto), Giasone Italiano e Domenico Rugolo anche con la commissione di diversi atti intimidatori e di danneggiamento di beni nella disponibilità della famiglia Buceto (un frantoio oleario della cooperativa “Delia” di cui era presidente Guadagnino Giuseppe, genero di Buceto Vincenzo e dieci bobine di reti per la raccolta delle olive). Per i predetti reati, invece, è stato condannato ad otto anni di reclusione Nicola Alvaro. Nel processo era imputato, per estorsione, in pregiudizio di Domenico Mercuri, e possesso e detenzione di armi Gianluca Favara (difeso dall'avvocato Francesco Calabrese) anch’egli assolto da tutti i reati contestati. Il pubblico Ministero della Direzione Distrettuale Antimafia, dottor Vincenzo Lombardo, aveva chiesto la condanna di tuti gli imputati (Vincenzo Verduci: 9 anni; Domenico Rugolo: 9 anni; Nicola Alvaro: 9 anni; Giasone Italiano: 8 anni; Gianluca Favara: 18 anni). Italiano Giasone, Domenico Rugolo e Gianluca Favara sono stati immediatamente scarcerati mentre Vincenzo Verduci era stato precedentemente scarcerato dal Tribunale della Libertà di Reggio Calabria in accoglimento dell'istanza presentata, in seguito ad indagini difensive, dagli avvocati Antonino Napoli e Luciano Battista. Il processo è stato celebrato a Palmi in seguito all’accoglimento, da parte del Tribunale di Reggio Calabria, dell’eccezione, formulata dall’avvocato Antonino Napoli, difensore di Vincenzo Verduci, di incompetenza per territorio poiché, aveva rilevato il predetto difensore, il reato di tentata estorsione e danneggiamento aggravato dalla legge antimafia, contestato al proprio assistito, sarebbe stato commesso, in base all’indicazione contenuta nello stesso capo di imputazione, a Scido e, pertanto, il giudice competente per territorio era il Tribunale di Palmi e non quello di Reggio Calabria.

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