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    Cosco pronto a raccontare la verità su Lea Garofalo

     

     

    Cosco pronto a raccontare la verità su Lea Garofalo

    10 apr 13 Carlo Cosco, l'ex compagno di Lea Garofalo che ieri ha confessato di aver ucciso la testimone di giustizia, è pronto "a dire tutta la verità su quello che è successo" nell'udienza di domani del processo d'appello. Lo ha spiegato il suo legale, l'avvocato Daniel Steinberg Sussman. Cosco - ha chiarito il legale - chiederà di essere interrogato in aula "per rispondere a tutte le domande" e, qualora le parti si opponessero, "renderà dichiarazioni spontanee per chiarire anche la posizione degli altri imputati".

    Dopo la breve confessione 'choc' di ieri, arrivata ad oltre tre anni di distanza dall'omicidio, Carlo Cosco è pronto a raccontare "tutta la verità su quello che è successo", a dire in che modo e perché ha ucciso Lea Garofalo, la sua ex compagna che, secondo l'accusa, sarebbe stata vittima di 'lupara bianca' perché aveva svelato fatti 'scomodi' di una faida di 'ndrangheta. L'uomo, ritenuto dagli inquirenti legato ad una cosca della mafia calabrese, ha intenzione di dare la sua versione dei fatti nell'udienza di domani del processo d'appello, udienza nella quale potrebbe essere ascoltato anche un altro degli imputati, un pentito che ha fornito nei mesi scorsi nuovi dettagli sulla terribile uccisione. Cosco, condannato all'ergastolo in primo grado oltre un anno fa, chiederà domani - come ha spiegato il suo legale, l'avvocato Daniel Steinberg Sussman - di essere interrogato in aula "per rispondere a tutte le domande del pm e degli avvocati". E, qualora le parti si opponessero e i giudici non dessero l'ok all'esame, "il mio assistito - ha aggiunto il legale - renderà dichiarazioni spontanee per chiarire anche la posizione degli altri imputati". Ieri, infatti, Carlo Cosco aveva parlato poco e solo di sé stesso e di sua figlia. "Mi assumo la responsabilità dell'omicidio di Lea Garofalo - aveva detto - Io adoro mia figlia e merito il suo odio perché ho ucciso sua madre. Darei la vita per mia figlia - ha aggiunto - guai a chi la sfiora, prego di ottenere un giorno il suo perdono". In primo grado, però, sono arrivati altri cinque ergastoli per l'omicidio di Lea, sequestrata in pieno centro a Milano il 24 novembre del 2009. Al 'piano' di Carlo Cosco, secondo la sentenza del 30 marzo 2012, avrebbero preso parte anche i suoi fratelli, Giuseppe e Vito, e poi Rosario Curico, Massimo Sabatino e Carmine Venturino. Denise Garofalo, figlia di Lea e Carlo Cosco, sempre presente alle udienze e sotto protezione da anni, aveva fatto sapere ieri che si attende che il padre "dica tutta la verità", perché "poche parole non bastano". E' ipotizzabile, però, che la "verità" che Cosco dirà in aula domani risulterà diversa dalla ricostruzione fornita dall'accusa e dalla sentenza di primo grado per modalità e movente. Domani poi i giudici della prima sezione della Corte d'Assise d'Appello decideranno anche se riaprire o meno il processo con l'ascolto in aula della deposizione del pentito Venturino che, lo scorso luglio, ha deciso di svelare al pm Marcello Tatangelo nuovi particolari. Lea Garofalo - mise a verbale Venturino - venne "uccisa materialmente da Carlo e Vito Cosco", strangolata con la corda di una tenda. "Dal 25 (novembre 2009, ndr) - ha chiarito il pentito - è iniziata la distruzione del cadavere, che non è stato sciolto nell'acido, ma carbonizzato fino a dissolverlo completamente". Venturino stesso partecipò, stando proprio al suo verbale, alla distruzione del corpo assieme a Rosario Curcio. La versione del pentito, dunque, scagionerebbe gli altri due imputati: Giuseppe Cosco e Massimo Sabatino. In quei nuovi interrogatori, però, Venturino spiegò che Carlo Cosco aveva in mente di uccidere anche sua figlia Denise. Un ulteriore dettaglio che Carlo Cosco - come chiarito dal suo legale - ritiene "del tutto falso, una follia". Pare scontato che, vista l'evidenza delle "nuove prove" fornite dal pentito dopo la sentenza di primo grado, i giudici decidano di ascoltarlo. Il pm Tatangelo, come "rinnovazione del dibattimento" ha chiesto anche, tra le altre cose, di sentire due medici legali che hanno redatto una "consulenza archelogico-antropologico forense" su resti di ossa ritrovati in un magazzino tra Milano e Monza, dopo le dichiarazioni di Venturino.

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