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    Chiesta archiviazione procuratore Cisterna

     

     

    Chiesta archiviazione procuratore Cisterna

    15 set 12 La Procura della Repubblica di Reggio Calabria ha chiesto al gip l'archiviazione dell'inchiesta a carico di Alberto Cisterna, indagato per corruzione in atti giudiziari. Cisterna, ex procuratore aggiunto della Dna, trasferito a Tivoli dal Csm nel maggio scorso, è stato indagato dopo le dichiarazioni del boss pentito della 'ndrangheta Antonino Lo Giudice che ha parlato di presunti rapporti col fratello Luciano e del presunto interessamento per la scarcerazione di un altro fratello. La notizia è stata confermata dal procuratore di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza. La richiesta di archiviazione è stata depositata alla segreteria dell'Ufficio del gip il 12 settembre scorso e si compone di poco meno di 500 pagine. Cisterna era stato interrogato il 17 giugno del 2011 dall'allora procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Pignatone, e dal pm della Dda Beatrice Ronchi. Cisterna, che ha sempre negato ogni addebito, è stato poi sottoposto, per la stessa vicenda, a procedimento dal Csm la cui sezione disciplinare, il 17 maggio scorso, ha deciso il suo trasferimento a Tivoli nell'incarico di giudice Il trasferimento é stato disposto in via cautelare in attesa della pronuncia di merito da parte del Csm sul procedimento disciplinare avviato nei suoi confronti.

    Archiviare. E' questa la conclusione a cui è giunta la Procura di Reggio Calabria al termine dell'inchiesta, durata oltre un anno, che vede indagato per corruzione in atti giudiziari Alberto Cisterna, fino al maggio scorso procuratore aggiunto della Direzione nazionale antimafia. I magistrati reggini hanno depositato la richiesta martedì scorso all'ufficio del gip che dovrà adesso decidere sul proscioglimento di Cisterna. Una decisione che non richiederà la fissazione di un'udienza. Il perché la Procura è giunta a chiedere il proscioglimento del magistrato sta scritto nelle poco meno di 500 pagine che compongono l'atto inviato al gip. Un documento corposo nel quale i pm spiegano perché non hanno creduto al boss pentito della 'ndrangheta Antonino Lo Giudice, che con le sue dichiarazioni aveva portato all'apertura dell'inchiesta e ad una nuova pagina della stagione dei veleni in riva allo Stretto. Lo Giudice è il pentito che si è autoaccusato di essere l'ideatore degli attentati compiuti nel 2010 ai danni della sede della Procura generale di Reggio Calabria e dell'abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro e dell'intimidazione compiuta ai danni dell'ex procuratore di Reggio Giuseppe Pignatone, oggi a capo della Procura di Roma, con un bazooka lasciato davanti alla sede della Dda reggina come "regalo" per il procuratore, come disse uno sconosciuto in una telefonata al 113. Il pentito, in un memoriale successivo all'inizio della sua collaborazione inviato ai giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro, aveva sostenuto di avere saputo dal fratello Luciano che Cisterna si era interessato per la scarcerazione di un altro loro fratello Maurizio in cambio di un "regalo", lasciando intendere che si trattasse di soldi. Dopo queste affermazioni, Cisterna finì nel registro degli indagati ed il 17 giugno del 2011 fu interrogato, nel suo ufficio alla Dna, dall'allora procuratore Pignatone e dal pm della Dda reggina Beatrice Ronchi. Cisterna ha sempre negato ogni addebito, affermando che i contatti con Lo Giudice erano finalizzati alla cattura dell'allora super latitante Pasquale Condello, detto il "supremo" e che i suoi superiori erano informati di tutto. E adesso, a distanza di oltre un anno, giunge la parola fine alla vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto. Ma le dichiarazioni di Lo Giudice hanno comunque lasciato il segno su Cisterna, 52 anni, in magistratura dal 1986 ed alla Dda di Reggio Calabria fino al 2002, anno in cui è passato alla Procura nazionale antimafia. Da quelle dichiarazioni, infatti, ha preso il via un procedimento del Csm che si è concluso il 17 maggio scorso con la decisione della Commissione disciplinare di trasferire uno dei magistrati ritenuti più esperti nella lotta alla 'ndrangheta, dalla Dna al Tribunale di Tivoli come giudice.

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