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    Presunte infiltrazioni ndrangheta in Piemonte: 17 assoluzioni

     

     

    Presunte infiltrazioni ndrangheta in Piemonte: 17 assoluzioni

    08 ott 12 Sono stati tutti assolti con la formula ''perché il fatto non sussiste" i 17 imputati nel processo 'Albachiara' su presunte infiltrazioni della 'ndrangheta nel basso Piemonte. Solo uno degli imputati - Bruno Pronesti' - è stato condannato dal gup di Torino Massimo Scarabello a un anno e sei mesi di reclusione per il possesso di una pistola non registrata. Nell'operazione 'Albachiara', lo scorso anno i Carabinieri del Ros arrestarono una ventina di persone, tra i quali Giuseppe Caridi, all'epoca consigliere comunale del Pdl di Alessandria (poi dimessosi). Anche lui è stato assolto. Gli imputati erano tutti accusati di concorso in associazione mafiosa. La Procura di Torino aveva chiesto condanne fino a nove anni; sei anni e otto mesi erano stati chiesti per Caridi. Sedici imputati avevano scelto il rito abbreviato, mentre uno - Francesco Librizzi - aveva optato per il rito ordinario; nei suoi riguardi e' stato dichiarato il non luogo a procedere sempre con la formula "perché il fatto non sussiste". Nel procedimento 'Albachiara', nello scorso giugno, uno degli arrestati - Francesco Guerrisi - aveva patteggiato la pena per il reato di assistenza agli associati. I capi di imputazione di un altro degli arrestati - Rocco Zangrà - sono stati inglobati in un altro processo - denominato 'Crimine' - tuttora in corso. Oggi, prima della sentenza, il gup Scarabello ha acquisito una memoria che era stata presentata dalla Procura venerdì scorso. Nella memoria i pm descrivono l'episodio, avvenuto nel marzo 2011, in cui Caridi colpì un altro consigliere comunale di Alessandria con una sedia durante la seduta di una commissione consiliare; il fatto che il consigliere non presentò denuncia aveva convinto gli inquirenti che intorno alla vicenda si fosse creato un clima di velate intimidazioni di tipo mafioso.

    Caselli "Serenamente convinti delle accuse". ''Siamo serenamente convinti della fondatezza dell'accusa": con queste parole Gian Carlo Caselli, procuratore capo a Torino, commenta la sentenza del processo 'Albachiara' annunciando, nello stesso tempo, un ricorso "dopo la lettura delle motivazioni". "Il procedimento - afferma Caselli - ha dimostrato ampiamente e univocamente l'esistenza della 'ndrangheta nel Basso Piemonte e le relative responsabilita' dei singoli imputati". "Le prove raccolte - aggiunge - si basano su imponenti riscontri nei fatti e sulle dichiarazioni rese da associati del sodalizio criminoso". "Una copiosa giurisprudenza della Cassazioneß- conclude Caselli - avvalora le valutazioni dell'accusa"

    Scontro tra Procura e difesa. Nessun colpevole e soprattutto nessuna associazione per delinquere di stampo mafioso nel Basso Piemonte: questo il verdetto emesso oggi dal gup di Torino Massimo Scarabello, che ha assolto o prosciolto (con la formula ''perché il fatto non sussiste") tutti i 17 imputati coinvolti nell'inchiesta 'Albachiara', condotta dai Carabinieri del Ros e dalla Procura del capoluogo piemontese sulle presunte infiltrazioni della 'ndrangheta nel basso Piemonte. Nel giugno dello scorso anno finirono in carcere 19 persone, tra cui anche un consigliere comunale di Alessandria, Giuseppe Caridi (Pdl), primo politico piemontese al quale era stato contestato un reato associativo di tipo mafioso. Allora aveva dovuto dimettersi dalla carica; oggi anche lui e' stato assolto come tutti gli altri. Il pool antimafia della Procura, coordinato dal Procuratore aggiunto Sandro Ausiello, aveva chiesto condanne fino a nove anni (sei anni e otto mesi per Caridi), ipotizzando l'esistenza di una 'locale', una cellula della 'ndrangheta, che avrebbe controllato mercati leciti, traffici illeciti e, in parte, la politica nelle province di Asti, Alessandria e Cuneo. Almeno per il momento, ci sono solo un patteggiamento a un anno e quattro mesi di un imputato (definito nello scorso giugno) e la condanna a un anno e mezzo di Bruno Pronesti', che l'accusa aveva ritratto come il capo della 'locale'. La condanna non riguarda, però, l'associazione mafiosa ma il possesso di una pistola non registrata. Per un altro dei presunti leader dell'associazione, Rocco Zangrà, il processo è tuttora in corso: la sua posizione è stata inglobata in un altro procedimento per associazione mafiosa che è in corso di definizione. "Faremo certamente ricorso - ha detto il Procuratore del capoluogo piemontese, Gian Carlo Caselli, subito dopo la lettura del dispositivo - perché siamo convinti della fondatezza dell'accusa, le cui valutazioni sono avvalorate da una copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione". "Macché associazione - ribatte Agostino Goglino, legale di Caridi - semmai si trattava di un'armata brancaleone che tentava di scimmiottare atteggiamenti tipici della Calabria, ma che non ha mai intimidito nessuno". Intanto, in un altro procedimento per 'ndrangheta, l'inchiesta 'Minotauro', sulle infiltrazioni in provincia di Torino, che vede 75 imputati (58 sono già stati condannati in altro procedimento) ci sarà anche la Regione Piemonte tra le parti civili. La decisione è stata presa oggi durante la riunione della giunta regionale.

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