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    Operazione antidroga tra Calabria e Lombardia. C'è anche un 'Pollicino' della coca

     

     

    Operazione antidroga tra Calabria e Lombardia. C'è anche un 'Pollicino' della cocaina

    27 nov 12 Operazione antidroga dei carabinieri nelle province di Reggio Calabria, Milano, Monza e Brianza, Brescia, Bergamo, Varese, Cremona, e La Spezia. I carabinieri del Comando provinciale di Milano, infatti, stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 53 soggetti indagati per "associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi, riciclaggio e ricettazione". I destinatari delle custodie cautelari emesse dalla Dda di Milano sono ritenuti appartenenti ad una struttura criminale che si approvvigionava della sostanza stupefacente direttamente dai cartelli colombiani della droga, per poi introdurla sul territorio italiano con un'articolata rete di corrieri. E ancora una volta Milano e la Lombardia, dove sono stati operati la maggior parte degli arresti, si riconfermano a un tempo terminale e al tempo stesso baricentro dell'importazione e della distribuzione degli stupefacenti.

    Operazione nata da un Pollicino della cocaina. Durante le indagini dei carabinieri che hanno portato all'esecuzione, oggi, di 53 ordinanze di custodia cautelare da parte della Dda di Milano per un ingente traffico di stupefacenti, è stato accertato un curioso particolare. Un corriere dell'organizzazione, nel trasportare 6 kg di cocaina in uno zaino e a bordo di un motociclo, ha perso lo stupefacente per strada ed è riuscito a recuperarlo seguendo le tracce di parte della sostanza dispersa sul selciato. Un elemento, questo, che poi ha dato il nome all'operazione, denominata, appunto, "Pollicino". L'indagine è stata condotta dalla Compagnia di Sesto San Giovanni, che fa parte del Gruppo carabinieri di Monza, e ha consentito di disarticolare un'importante organizzazione composta prevalentemente da italiani di elevato spessore criminale, estremamente radicata a Milano e nell'hinterland, che si approvvigionava della sostanza grazie a canali diretti con i cartelli colombiani, e introducendola anche per mezzo di ingegnose tecniche tra cui quella di sciogliere chimicamente la cocaina ed impregnarla nella lana poi utilizzata per filare tappeti che venivano importati in Italia.

    Padre e figlio a capo organizazione: Al vertice dell'organizzazione smantellata questa mattina dall'operazione congiunta di Carabinieri e Guardia di Finanza, c'erano Francesco e Sergio Giovinazzo, padre e figlio rispettivamente di 62 e 42 anni, entrambi con precedenti, originari della Locride ma residenti a La Spezia. Secondo gli investigatori erano loro a gestire l'importazione della droga dalla Spagna verso l'Italia, e il riciclaggio del denaro proveniente dalla vendita, che attraverso un complicato giro di triangolazioni bancarie, passava dalla penisola iberica alla Svizzera per poi finire a San Marino e infine tornare in Italia. I due sono stati notati anche per lo stile di vita al di sopra delle loro possibilità (dimostrato dalle auto di lusso in loro possesso) in relazione a quanto dichiarato ufficialmente. Nonostante fossero nullatenenti, gli uomini della GdF hanno individuato un flusso di oltre 2 milioni di euro e provveduto al sequestro di attività commerciali e beni immobili nelle loro disponibilità. Impossibile, al momento, quantificare il giro d'affari dell'intera banda. A intrattenere i rapporti con i narcos colombiani e a gestire la vendita sul territorio nazionale erano Giuseppe Scordo, di 34 anni, e Antonello Fanuzza, di 47. La loro base era a Cesano Boscone (Milano), da dove erano vendute le partite al dettaglio per le piazze di Affori, Lorenteggio, e dell'hinterland del capoluogo lombardo. In totale le ordinanze di custodia cautelare sono 59 (in realtà 58 perché uno dei destinatari è morto nel frattempo) con accuse che vanno dal traffico internazionale di stupefacenti, alla detenzione di armi, ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita. Sebbene durante le indagini siano emersi collegamenti con personaggi ritenuti vicini alla 'ndrangheta, gli investigatori non hanno potuto accertare l'appartenenza della banda all'organizzazione criminale.

    Tappeti impregnati di cocaina: I grossi carichi di droga venivano acquistati dalla banda in Colombia, da cui partivano con navi mercantili verso la Spagna per essere poi trasportati in Italia da corrieri attraverso auto con doppio fondo. Per occultare la cocaina, in particolare, i narcos avevano escogitato uno stratagemma molto ingegnoso: con un processo chimico impregnavano di cocaina il filo con cui tessevano tappeti. Una volta arrivati a Milano, in un appartamento di via Gulli 40, un chimico venezuelano riusciva a recuperare lo stupefacente. Al momento dell'irruzione dei carabinieri nello stabile lo specialista non era presente, ed è tuttora latitante, ma sono state sorprese tre persone che avevano con sé 10 tappeti da lavorare e 5 chili di cocaina già pronta. L'appartamento era diventato una vera raffineria dove la droga purissima, anche al 95 per cento, veniva tagliata e impacchettata per la vendita. Il laboratorio è stato individuato dagli investigatori perché nel corso delle indagini sono stati insospettiti dallo strano viavai di tappeti.

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