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    Cosca Bellocco infiltrata in Call center con 1000 addetti

     

     

    Cosca Bellocco infiltrata in Call center con 1000 addetti

    24 nov 12 Un'azienda milanese, con sedi sparse in tutta Italia, che contava fino a due anni fa quasi mille dipendenti e aveva un volume d'affari di oltre 13 milioni di euro, svuotata e trasformata nel giro di poco più di un anno in uno "zombie" dalla 'ndrangheta. E' la "storia" della Blue Call, impresa che gestiva call center per "le primarie aziende italiane, anche nel settore delle telecomunicazioni", e che ora é stata posta sotto sequestro a causa dell'infiltrazione della criminalità organizzata calabrese. Una vicenda che viene narrata passo passo nell'ordinanza firmata dal gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell'ambito del blitz, condotto da polizia, carabinieri e Gdf, contro la cosca dei Bellocco che oggi ha portato a 23 arresti tra Calabria, Lombardia e Svizzera. Quasi 500 pagine di misura cautelare che rappresentano una sorta di 'summa' dell"effetto 'ndrangheta' sull'economia legale: la mafia calabrese, scrive il gip, "non é un socio di capitali, è un virus che ha come unico scopo quello di impossessarsi della società e spolparla". L'azienda, dopo il sequestro, è stata affidata agli amministratori giudiziari. Dalle mani della mafia, dunque, a quelle dello Stato, che dovrà occuparsi, come ha sottolineato Ilda Boccassini, in primo luogo della tutela dei lavoratori. "Ora verrà gestita dallo Stato, perché 600 dipendenti non possono rimanere senza lavoro", ha spiegato il capo della Dda di Milano. Nata nel 2008 con 87 addetti, la Blue Call (sede a Cernusco sul Naviglio, Milano) nel 2010 aveva già 872 lavoratori. E' proprio in quell'anno, quando il fatturato sfiora i 14 milioni di euro, che Umberto Bellocco, "giovane rampollo" di una delle più potenti famiglie della Piana di Gioia Tauro, decide di entrare coi suoi uomini nell'azienda, "senza mettere un euro", e in poco più di un anno, stando all'ordinanza, ne assume il controllo. I 'vecchi' titolari, gli imprenditori Andrea Ruffino, piemontese, e Tommaso Veltri, originario di Cosenza - finiti entrambi in carcere - non oppongono resistenza, ma anzi sono loro stessi, scrive il gip, a proporre "il passaggio fittizio di quote ai calabresi". In pratica, in questo caso "l'infiltrazione è in qualche modo gradita in quanto i soci espressione della 'ndrangheta assicurano protezione e difesa all'azienda da attacchi esterni provenienti da altri gruppi criminali. Questa - si legge ancora nell'ordinanza - è la incredibile logica che porta l'imprenditore ad aprire le porte alla mafia". Una storia "emblematica della capacità della 'ndrangheta di impossessarsi di aziende lecite, penetrando nel tessuto imprenditoriale come un virus''. E al termine di questo percorso, chiarisce il giudice, "la bella s.r.l. è ridotta ad uno zombie controllato da soggetti esterni". Mentre, infatti, venivano mandati a casa, nel giro di due anni, 600 lavoratori (si passa da 872 a 272 addetti), ad amministrare la Blue Call c'era Michelangelo Belcastro (arrestato), una sorta di 'testa di legno' dei Bellocco: "in fondo - conclude il gip - doveva solo scaldare la sedia, cercando di non addormentarsi, e mettere le firme dove gli dicevano di metterle".

    La cosca calabrese dei Bellocco sarebbe riuscita a mettere le mani ed a infiltrarsi in una grande azienda che gestisce call center, la Blue Call. E' quanto emerge dal filone milanese dell'inchiesta coordinata dalla Dda del capoluogo lombardo e da quella di Reggio Calabria, che stamani ha portato a 23 arresti. Da quanto si è saputo, l'ordinanza di custodia cautelare del filone milanese riguarda 14 persone finite agli arresti. Tra gli arrestati ci sono anche due titolari dell'azienda di call center. La Blue Call, l'azienda che gestiva call center e che sarebbe stata infiltrata dalla cosca della 'ndrangheta dei Bellocco, e' stata sequestrata. Lo si legge in una nota firmata dal procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, in relazione al blitz che stamani ha portato in carcere 23 persone. "L'azienda, che fino a poco tempo addietro occupava circa mille dipendenti - si legge nel comunicato - è sottoposta a sequestro per decreto emesso dal tribunale di Milano, sezione Misure di Prevenzione". Nel comunicato si legge che nell' ambito del filone milanese dell'inchiesta sono finite in carcere 12 persone (14 gli arresti in totale). I reati contestati nel filone della Dda milanese sono quelli di intestazione fittizia di beni, estorsione aggravata e procurata inosservanza di pena e sarebbero stati commessi tra il 2011 e il 2012. Tutti i reati sono aggravati dalla finalità di favorire l'associazione mafiosa. "L'indagine - si legge nel comunicato - condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria e dal Gico della Gdf di Milano, ha consentito di fare luce su alcuni interessi patrimoniali della famiglia Bellocco in Lombardia e sugli appoggi forniti ai latitanti". In particolare, "é emersa l' infiltrazione della famiglia mafiosa all'interno di un'azienda di call center con sedi operative in Cernusco sul Naviglio (Milano) e Rende (Cosenza)". E' stata sequestrata inoltre anche "una sala giochi sita in Cormano (Milano), e gestita dalla famiglia Bellocco". Ecco i nomi delle persone colpite dall' ordinanza di arresto: Umberto Bellocco, Michelangelo Belcastro, Carin Bergero, Carlo Antonio Longo, Nicholas Montagnese, Rocco Salvatore Montagnese, Hanane Moussaid, Francesco Nocera, Rocco Panetta, Danilo Raso, Raffaele Rullo, Tommasso Veltri.

    Capi azienda gradirono infiltrazione. L'infiltrazione della 'ndrangheta nell'azienda di call center 'Blue Call' è stata "gradita" dagli stessi titolari dell'impresa. Lo scrive il gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell'ordinanza di custodia cautelare a carico di 14 persone, emessa nell'ambito del procedimento contro la cosca dei Bellocco coordinato dalla Dda di Milano e da quella di Reggio Calabria. "La infiltrazione - scrive il giudice - è in qualche modo gradita in quanto i soci espressione della 'ndrangheta assicurano protezione e difesa all'azienda da attacchi esterni provenienti da altri gruppi criminali. Questa - si legge ancora nell'ordinanza - è la incredibile logica che porta l'imprenditore ad aprire le porte alla mafia". In carcere, infatti, sono finiti anche due titolari della Blue Call: Andrea Ruffino, nato a Ivrea (Torino) e residente a Vedano al Lambro (Monza), e Tommaso Veltri, nato a San Giovanni in Fiore (Cosenza) e residente a Peschiera Borromeo (Milano).

    Imprenditore colluso chiamava boss "Merdoni": Andrea Ruffino, titolare della azienda di call center 'Blue Call' finito in carcere nell'inchiesta sulla cosca dei Bellecco, era convinto "di potere convivere con la 'ndrangheta e poi, quando non piu' utile, di liberarsi di quei 'merdoni'", termine con cui venivano definiti da lui e da altri i presunti boss nelle telefonate intercettate. Lo scrive il gip di Milano, Giuseppe Gennari, nell'ordinanza di custodia cautelare. Ruffino, così come Tommaso Veltri, altro titolare dell'azienda arrestato, pensavano, secondo il gip, di poter allontanare i presunti boss della 'ndrangheta ''a loro piacimento, pagandoli quattro soldi e dandogli il benservito". Il grande errore, spiega il gip, "é considerare solo degli ignoranti incapaci facili da truffare, gente che invece ha una visione complessiva e una 'metodologia' che il Ruffino di turno neanche si sogna". Ci sono volute, si legge ancora nell'ordinanza, "le botte di Longo (un altro degli arrestati, ndr) e un coltello puntato al petto per risvegliare Ruffino. Per fargli capire - chiarisce il giudice - che la sua forza di contrattazione con quella gente era semplicemente pari al nulla, inesistente". Per il giudice queste sono "amare considerazioni finali" che descrivono "la meritata conclusione di un macroscopico errore di valutazione" commesso dagli imprenditori.

    15 arresti, sequestrati beni per 10 mln di euro. Quindici persone ritenute affiliate o fiancheggiatrici della criminalita' organizzata sono state arrestate, a vario titolo, dalla Gdf, per trasferimento fraudolento di valori, estorsione aggravata, procurata inosservanza di pena. L'attività investigativa, coordinata e diretta dalla Dda di Milano, e svolta in collaborazione con il Servizio Centrale di investigazione sulla criminalità organizzata della Guardia di finanza, si inquadra nella più ampia operazione sulla 'Ndrangheta in corso oggi e coordinata dalle Dda di Milano e Reggio Calabria. L'indagine ha consentito di accertare che gli indagati, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, avrebbero favorito l'acquisizione, da parte di una nota famiglia 'ndranghetista di Rosarno, del controllo di due imprese a Milano e in provincia. Inoltre, altri tre soggetti avrebbero favorito la latitanza di un esponente di spicco della stessa organizzazione. Sequestrate anche le quote societarie e le aziende riferite alle due società coinvolte, per un valore complessivo di 10 milioni di Euro.

    Cosca cita Cuccia: Uno dei presunti boss della cosca dei Bellocco, colpita oggi da un'inchiesta coordinata dalle Dda di Milano e Reggio Calabria, in un'intercettazione con uno dei titolari dell'azienda di call center Blue Call cita la famosa frase di Enrico Cuccia, il defunto presidente di Mediobanca: "le azioni non si contano, ma si pesano". La cosca infatti nel giro di un anno avrebbe assunto il controllo totale dell'azienda. E' quanto emerso dalla conferenza stampa in Procura a Milano.

    In un tema madre scrise "mafia è lo stato". Dagli atti dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano e da quella di Reggio Calabria, che oggi ha colpito la cosca della 'ndrangheta dei Bellocco, emerge anche che la madre di una bambina, figlia di un presunto esponente del clan, avrebbe scritto in un tema che era stato assegnato alla piccola: ''La mafia è lo Stato". E' quanto è emerso dalla conferenza stampa in Procura a Milano.

    Bocassini "Stato tutelerà 600 lavoratori". La Blue Call, azienda che gestisce numerosi call center e che ha subito l'infiltrazione della cosca della 'ndrangheta dei Bellocco, dopo il sequestro ''verrà gestita ora dallo Stato, perché i 600 dipendenti che ci lavorano non possono rimanere senza lavoro". Lo ha affermato il procuratore aggiunto della Dda milanese, Ilda Boccassini, che ha coordinato il 'filone' milanese dell'inchiesta assieme al pm Paolo Storari. Alla conferenza stampa per illustrare l'operazione, coordinata da polizia, carabinieri e Guardia di Finanza, erano presenti anche il pm della Dda milanese, Paolo Storari, il procuratore capo di Palmi, Giuseppe Creazzo, e il procuratore federale di Lugano, Pierluigi Pasi.

    Prestipino "Mafia stabilizzata in Lombardia". La 'ndrangheta in Lombardia e' ormai una "struttura stabilizzata con contatti con il mondo delle imprese e con la politica". Lo ha affermato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Michele Prestipino, nella conferenza stampa in Procura a Milano sul blitz contro la cosca dei Bellocco. "Da anni ormai non si può più parlare soltanto di infiltrazione - ha aggiunto - ma di una struttura presente e stabile".

    Sferlazza: In pericolo democrazia. La 'ndrangheta è ormai un "pericolo per la democrazia". E' quanto ha affermato il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Ottavio Sferlazza, nel corso della conferenza stampa a Milano sull'operazione contro la cosca del Bellocco. Questa inchiesta, infatti, come altre recenti, secondo il magistrato, ha dimostrato la "capacità predatoria" della mafia calabrese di "fagocitare le imprese, inquinando il mercato". La mafia, ha concluso, "é un forte ostacolo allo sviluppo".

    Bruti Liberati: Qualcuno dice che non esiste. "Fino a poco tempo fa con una tesi sbagliata qualcuno diceva che la 'ndrangheta e la mafia non esistevano in Lombardia''. Lo ha spiegato il procuratore della Repubblica di Milano, Edmondo Bruti Liberati, nella conferenza stampa, al Palazzo di Giustizia milanese, sul blitz che ha smantellato la cosca dei Bellocco e le sue 'proiezioni' a Milano e in Svizzera.

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