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    Appalti ed elezioni Comunità Montana condizionati dalla ndrangheta, 40 arresti

     

     

    Appalti ed elezioni Comunità Montana condizionati dalla ndrangheta, 40 arresti, confiscate imprese per un mln di euro

    13 nov 12 "L'uomo sacro.. della sacra corona è un fratello di sangue, cosa rappresenta?...", "Rappresenta un fratello, un 'fratello di sangue', un fratello.. che giustamente non dovrebbe violare .. nei confronti..". A parlare così senza sapere di essere intercettati dai carabinieri sono stati Vincenzo Melia e Nicola Romano. Parole che per gli investigatori costituiscono non solo la conferma della loro appartenenza alla 'ndrangheta, ma anche dell'esistenza della "corona", una struttura intermedia, posta superiormente ai "locali", le unità territoriali di base, e articolata sul territorio in modo da "associare" alcune piccole realtà territorialmente simili che altrimenti avrebbero avuto scarso peso. Ed è proprio la "corona" che i carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria hanno colpito stamani con l'esecuzione, tra la Calabria e la provincia di Como, di 39 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip su richiesta della Dda reggina. In questo contesto, Vincenzo Melia, è indicato dagli investigatori, come il "capo corona", mentre Romano, insieme a Nicola Nesci, era "capo consigliere". Con l'inchiesta che ha portato all'operazione di oggi, denominata "Saggezza", gli investigatori ritengono di avere accertato l'esistenza e l'operatività di cinque "locali" ad Antonimina (famiglia Romano), Ardore (famiglia Varacalli), Canolo (famiglia Raso), Ciminà (famiglia Nesci) e Cirella di Platì (famiglia Fabiano), individuandone organigrammi e i vertici. I carabinieri, che hanno sequestrato quattro aziende per un valore di circa un milione di euro, sono certi anche di avere individuato gli interessi economici e societari riferibili agli indagati, ed in particolare le attività economiche attraverso le quali avrebbero conseguito i profitti illeciti, accertando anche ipotesi di condizionamento degli appalti pubblici. Le famiglie, secondo l'accusa, avevano la gestione ed il controllo diretto ed indiretto di attività economiche nel taglio boschivo in località aspromontane, oltre ad un circuito di usura ed esercizio abusivo dell'attività di credito. Tutto, ha evidenziato il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Nicola Gratteri, doveva passare attraverso accordi garantiti dai capi 'locale'. Anche il taglio dei boschi ed il commercio del legname, così come i lavori di messa in sicurezza delle fiumare rappresentevano una 'pratica' che doveva essere affrontata dai capi bastone attraverso i mezzi classici di intimidazione: furti nei cantieri e incendi di autovetture di titolari di imprese. Secondo l'accusa, gli indagati avrebbero condizionato gli appalti pubblici con una concorrenza sleale grazie al controllo, diretto o indiretto, di imprese edili e movimento terra. E sarebbero riusciti anche a condizionare il libero esercizio di voto, ad esempio con l'elezione del presidente della comunità montana 'Aspromonte orientale', che non è comunque indagato.

    Operazione all'alba. L'operazione dei carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria ha avuto corso fin dalle prime luci dell'alba nella Locride e nelle province di Vibo Valentia, Cosenza e Como, per l'esecuzione di 40 ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip su richiesta della Dda reggina. Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, porto abusivo d'armi, usura, illecita concorrenza per il condizionamento di appalti pubblici, minaccia, esercizio abusivo del credito, truffa, furto di inerti, intestazione fittizia di beni, con l'aggravante delle modalità mafiose e della transnazionalità.

    Coinvolto ex presidente Comunità Montana. L'ex presidente della comunità montana "Aspromonte Orientale", Bruno Bova, figura tra gli arrestati dell'operazione "Saggezza". Secondo l'accusa, infatti, gli indagati sarebbero riusciti a condizionare il libero esercizio di voto ed in particolare l'elezione del presidente della Comunità montana avvenuta nel 2007. Ed è quella, secondo l'accusa, l'elezione contestata e non quella che ha portato alla nomina del nuovo presidente, che infatti non è indagato.

    Condizionate elezioni Comunità Montana. Avrebbero condizionato gli appalti pubblici con una concorrenza sleale grazie al controllo, diretto o indiretto, di imprese edili e movimento terra oltre a condizionare il libero esercizio di voto, ad esempio, l'elezione del presidente della comunità montana 'Aspromonte orientale', che non è indagato. Sono queste alcune delle accuse contestate alle 40 persone arrestate stamani dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. L'operazione, denominata 'Saggezza', secondo gli investigatori, ha consentito di documentare gli organigrammi e le presunte attività illecite della 'ndrangheta, accertando, l'esistenza e l'operatività di cinque "locali" ad Antonimina (famiglia Romano), Ardore (famiglia Varacalli), Canolo (famiglia Raso), Ciminà (famiglia Nesci) e Cirella di Platì (famiglia Fabiano), e individuandone i vertici. Gli investigatori avrebbero anche individuato gli interessi economici e societari riferibili agli indagati, ed in particolare le attività economiche attraverso le quali avrebbero conseguito i profitti illeciti, accertando anche ipotesi di condizionamento degli appalti pubblici. Le famiglie, secondo l'accusa, avevano la gestione ed il controllo diretto ed indiretto di attività economiche anche nel taglio boschivo in località aspromontane, oltre ad un circuito di usura ed esercizio abusivo dell'attività di credito.

    Sequestrate imprese per un mln di euro. Quattro imprese attive nel settore edile e del taglio boschivo, con relativo patrimonio immobiliare, per un valore complessivo stimato in un milione di euro circa, tutte con sede nella Locride, sono state sequestrate nell'ambito dell'operazione condotta stamani dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria. Complessivamente le persone arrestate sono state 39. I particolari dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 11 al Comando provinciale dal procuratore della Repubblica facente funzioni Ottavio Sferlazza.

    Gratteri: Cosche capaci di imporre volontà. "Si tratta di una indagine che occupa un periodo temporale vasto e che ha permesso di far emergere, in tutta la sua pericolosità, la capacità della 'ndrangheta di permeare e condizionare gli apparati amministrativi pubblici, imponendo con minacce ed attentati, la propria volonta' parassitaria". A dirlo è stato il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, che con il pm Antonio De Bernardo, ha coordinato l'inchiesta denominata Saggezza, sfociata nell'operazione di stamani dei carabinieri su "famiglie" della 'ndrangheta della locride aspromontana. ''L'inchiesta - ha proseguito Nicola Gratteri - condotta efficacemente dai carabinieri con strumenti di intercettazione telefonica e con i sistemi classici di verifica sul territorio, é stata resa possibile proprio grazie alla capillarità della presenza sul territorio dell'Arma con le sue stazioni, e rende lucidamente uno spaccato di attività criminali che convergono verso un unico obiettivo: un asfissiante controllo del territorio, perseguito anche con il condizionamento dell'elezione degli organismi di governo della Comunità montana Aspromonte orientale. Come si evince dalle risultanze investigative e, nel caso specifico, la ristrutturazione delle terme di Antonimina, tutto doveva passare attraverso accordi garantiti dai capi 'locale'. Finanche il taglio dei boschi ed il commercio del legname, i lavori di messa in sicurezza delle fiumare, era 'pratica' che doveva essere affrontata dai capi bastone attraverso i mezzi classici di intimidazione: furti nei cantieri, incendi di autovetture di titolari di imprese". L'accelerazione all'inchiesta è venuta anche grazie alla decisione di Rocco Varacalli e Rocco Marando, due indagati, di passare sulla sponda della giustizia, delineando i meccanismi decisionali interni alle loro cosche di appartenenza. I due hanno anche riferito di contrasti pericolosi, tanto da sfiorare un vero e proprio conflitto armato, tra Giuseppe Raso, detto "l'avvocato", che aveva la sua zona di influenza a Ciminà ed a cavallo dello Zomaro, e Nicola Romano, indicato dagli inquirenti come il boss di Antonimina.

    Gli arresti: Giuseppe Aquino, 20.02.1962; Bruno Bova, 20.11.1957; Giuseppe Cataldo, 02.09.1957; Marcello Cirillo, 01.09.1958; Giuseppe Fabiano, 17.11.1961; Pierino Fazzari, 03.06.1966; Teresa Fazzari, 26.12.1952; Vincenzo Fazzari, 26.05.1956; Salvatore Fragomeni, 06.01.1955; Giovanni Furfaro, 24.06.1967; Franco Iantorno, 10.09.1971; Carmelo Ietto, 20.03.1946; Giovanni Macrì, 14.01.1955; Rocco Maiolo, 17.02.1983; Antonio Napoli, 18.01.1982; Nicola Nesci, 24.06.1955; Bruno Parlongo, 25.10.1962; Antonio Pelle, 08.11.1972; Massimo Pelle, 28.01.1974; Giancarlo Polifroni, 17.08.1974; Bruno Polito, 25.11.1972; Carmine Pollifroni, 26.04.1972; Giuseppe Romano, 22.10.1965; Nicola Romano, 21.08.1948; Fabio Salvini, 21.06.1980; Marco Salvini, 06.11.1982; Giuseppe Siciliano, 22.09.1950; Massimo Siciliano, 23.11.1970; Antonio Spagnolo, 31.03.1980; Bruno Cosimo Damiano Vallelonga, 27.09.1955; Giuseppe Varacalli, 22.04.1953; Rocco Varacalli, 06.08.1967; Bruno Zaffino, 05.10.1964.

    Ai domiciliari: Rosario Barbaro, 30.09.1940; Giuseppe Bova, 10.03.1926; Vincenzo Melia, 20.04.1929; Felice Parrotta, 06.07.1936; Giuseppe Perre, 21.06.1937; Giuseppe Raso, 01.10.1941; Luigi Varacalli, 11.02.1941.

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