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    Processo Why Not, ricorsi su sentenza: giudice incompatibile

     

     

    Processo Why Not, ricorsi su sentenza: giudice incompatibile

    07 mar 12 Arrivano i primi ricorsi in Cassazione contro la sentenza d'appello per il processo Why Not sui presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici. E tra le motivazioni che vengono portate ai giudici della Suprema Corte c'é anche quella dell'incompatibilità di un giudice che componeva il collegio della Corte d'appello di Catanzaro. Il ricorso presentato riguarda Giuseppe Lillo condannato in appello a due anni di reclusione rispetto alla sentenza di primo grado alla pena di un anno e 10 mesi. L'avvocato Francesco Gambardella, difensore di Lillo, nel ricorso sostiene che l'estensore della sentenza d'appello avrebbe "dovuto astenersi in quanto, quale giudice monocratico del tribunale di Cosenza, era stato investito della trattazione di un processo a carico di numerosi giornalisti i quali, nelle rispettive testate, trattando il tema del processo, avevano espresso giudizi ritenuti diffamatori nei confronti di Nadia Di Donna (coimputata nel presente processo e prosciolta con sentenza del Gup). Da qui la querela della Di Donna e, a seguito di esercizio dell'azione penale, la celebrazione del successivo processo davanti al giudice monocratico, nella persona dell'estensore della sentenza oggi impugnata. Processo conclusosi con una sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste". Per il difensore di Giuseppe Lillo, inoltre, la sentenza d'appello si caratterizza per la "superficialità con cui sono state affrontate numerose questioni". Sul tema del riconoscimento dell'esistenza di una associazione per delinquere, l'avv. Gambardella sostiene che dalla lettura della sentenza si coglie come con "voli pindarici inquietanti si sia arrivati a conclusioni che prescindono dalla realtà fattuale. L'associazione ritenuta sussistente dalla Corte d'appello è diversa da quella descritta nel capo d'imputazione. Da qui l'eccezione di nullità della sentenza per avere violato il principio di correlazione imposto dall'articolo 522 del Codice di procedura penale". Il processo d'appello nei confronti di 16 imputati si è concluso il 27 gennaio scorso con una sentenza che ha portato ad una serie di condanne ed al riconoscimento dell'esistenza di una associazione per delinquere ai cui vertici ci sarebbe stato l'imprenditore ed ex presidente della Compagnia delle opere della Calabria, Antonio Saladino. Quest'ultimo è stato condannato a 3 anni e 10 mesi (2 anni in primo grado).

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