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    Nuovi intrecci tra Lega e ndrangheta, pentito "Mi dissero di toccare partito"

     

     

    Nuovi intrecci tra Lega e ndrangheta, pentito "Mi dissero di toccare partito"

    14 mag 12 Un anno fa circa la cosca della 'ndrangheta dei De Stefano avrebbe avvicinato un pentito per cercare di convincerlo a 'tirare in ballò la Lega Nord nelle sue dichiarazioni ai magistrati. A raccontare il tentativo di 'inquinare' le indagini da parte della mafia calabrese è stato lo stesso collaboratore di giustizia, Luigi Bonaventura, il quale, in un colloquio con le agenzie di stampa, ha spiegato anche che il clan - al centro del filone delle indagini sul riciclaggio che vedono tra gli indagati l'ex tesoriere del Carroccio Francesco Belsito - stava portando avanti "un'operazione di riciclaggio da 70 milioni di euro e c'erano da riciclare anche i fondi neri dei partiti, ma qualcosa poi non ha funzionato". Bonaventura, che da 5 anni sta riempiendo pagine di verbali con diverse Procure e che ha intenzione "di continuare a collaborare nell'interesse della verità", ha deciso "di parlare con la stampa" per accendere un 'faro' sulla sua condizione. "Altrimenti - ha chiarito - sarei spacciato, perché io sono una bomba che cammina e che esploderà, perché mi faranno fuori". Il pentito lamenta da tempo "l'assenza di tutele per me e i miei figli": non ha una scorta personale, se non per gli interrogatori, e men che meno ce l'hanno i suoi bambini. Da qui un appello alle istituzioni: "Chiedo di poter andare a vivere all'estero con i miei figli e ricostruire una vita normale, sempre continuando a collaborare, perché io sono un 'pentito vero' e ho spezzato la catena che mi legava alla 'ndrangheta''. Stando alle sue parole, però, c'era chi voleva che lui - una volta a capo dell'omonima cosca del Crotonese - diventasse un "finto pentito". Nel 2011, racconta, "i De Stefano mi hanno avvicinato facendomi capire che mi potevano dare soldi e potevano aggiustare i processi, se io avessi fatto il 'finto pentito' per loro. Avrei dovuto anche, mi dissero, 'toccare' la Lega". Cioé coinvolgere il partito di Umberto Bossi con le sue dichiarazioni. Bonaventura non accettò e andò avanti nella collaborazione con i magistrati, "perché io voglio che venga fuori la verità" . E così nell'audizione dei giorni scorsi davanti al pm della Dda di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, titolare di uno dei 'filoni' delle indagini sui fondi del Carroccio, ha raccontato "le cose che sapevo sulla Lega" e molto altro. Ha parlato di un summit del 2006 nel corso del quale un boss della 'ndrangheta, Pasquale Nicoscia, 'attivò da anni su Milano, avrebbe detto: "Il partito che odia i terroni ce l'abbiamo in mano". Boss, che stando al racconto del pentito, in quel pranzo avrebbe fatto anche riferimento a "Romolino", ossia l'uomo d'affari genovese Romolo Girardelli: uno dei presunti 'anelli di congiunzione' tra la cosca dei De Stefano e Belsito e con altre persone vicine alla Lega. I De Stefano poi, racconta ancora il collaboratore, avevano messo in piedi "un riciclaggio da 70 milioni di euro" e in quell'ammasso di denaro da ripulire "io so che c'erano anche i fondi neri dei partiti". La "consorteria" allargata dei De Stefano "arriva ad operare fino in Francia, a Nizza e a Marsiglia, e poi anche in Svizzera e in Germania". Nell'ambito dei contatti col mondo della politica e per le operazioni di 'lavaggio' del denaro, sempre stando alle parole di Bonaventura, emergerebbero in particolare le figure di "Bruno Mafrici", il consulente legale con studio a Milano indagato per riciclaggio, di "Vittorio Canale e Paolo Martino", presunti 'uomini' dei De Stefano al nord. "Io - ha affermato Bonaventura - voglio essere un esempio per la mia famiglia e per i miei figli, che mi hanno detto 'papa' hai fatto bene a pentirtì". Stamani però "il mio avvocato ha saputo dal pm di Catanzaro (la prima Procura per cui iniziò la collaborazione, ndr) che potrebbero addirittura revocarmi il programma di protezione. Tutto ciò mentre chiedo più tutele". Il programma di protezione comunque, conclude, "é una farsa, è controllato dalla politica che ti 'blocca' proprio appena parli della politica. Io vivo a Termoli e lo dico senza problemi perché ormai lo sanno tutti. Non vado a prendere i miei figli a scuola perché so che potrebbe succedere qualcosa, ma chiedo che le istituzioni anche quelle locali si muovano per proteggerci".

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