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    Arrestato in Venezuela il faccendiere calabrese Aldo Miccichè

     

     

    Arrestato in Venezuela il faccendiere calabrese Aldo Miccichè

    24 lug 12 E' stato arrestato in Venezuela, dalla polizia locale, il faccendiere calabrese Aldo Micciché, da anni residente del Paese del centro America, ed in contatto con le cosche di 'ndrangheta della Piana di Gioia Tauro. L'arresto di Micciché è stato confermato dalla Dda di Reggio Calabria che negli anni scorsi aveva chiesto nei suoi confronti l'emissione di un'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell'inchiesta 'Cent'anni di storia' condotta contro la cosca Piromalli. Micciché, originario di Marapoti, un centro poco distante da Gioia Tauro, negli anni '80 e' stato dirigente della Democrazia cristiana. Da anni si era rifugiato in Venezuela. L'uomo, che secondo l'accusa in passato è stato anche in contatto con la banda della Magliana, è stato anche al centro di un'inchiesta della Dda su presunti brogli degli italiani all'estero alle elezioni politiche del 2008 che, secondo l'accusa, avrebbero dovuto portare ad un'attenuazione del regime detentivo del 41 bis che Micciché avrebbe cercato di ottenere mettendosi in contatto con il senatore Marcello Dell'Utri che non è stato indagato.

    Viveva in Venezuela da oltre un decennio dopo una condanna definitiva per bancarotta fraudolenta e millantato credito. Però non è stata questa accusa a portarlo in carcere, ma quella ben più grave di associazione mafiosa contestata dalla Dda di Reggio Calabria in un'ordinanza di custodia cautelare con contestuale richiesta di estradizione che, alla fine, è stata eseguita in questi giorni dalla polizia venezuelana. E' finita così la latitanza di Aldo Micciché, poliedrico faccendiere calabrese (é nato a Maropati, un centro della piana di Gioia Tauro), considerato un referente della potente cosca dei Piromalli di Gioia Tauro. Micciché è al centro di varie vicende giudiziarie. A cominciare da un presunto tentativo di brogli in occasione del voto degli italiani in Venezuela per le politiche del 2008 quando si propose di bruciare migliaia di schede per sostituirle con altre già votate in favore di determinati partiti. Dalle intercettazioni sono emersi anche contatti col senatore Dell'Utri, che a Reggio non era indagato. Le conversazioni sono state poi inviate a Palermo dove era in corso il processo d'appello al parlamentare. Le intercettazioni di Micciché facevano parte di un'ampio rapporto della Questura confluito nell'inchiesta "Cent'anni di storia" condotta contro la cosca Piromalli e nell'ambito della quale, nel 2008, è stato emesso, prima un provvedimento di fermo e poi un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti del faccendiere. Nel corso della sua vita Micciché, ritenuto anche in contatto con la banda della Magliana, è stato giornalista e, negli anni '80 segretario provinciale della Dc di Reggio e successivamente consigliere provinciale dello stesso partito a Roma. Nel 1990 fu arrestato in un albergo di Torino perche' ricercato per reati fallimentari in relazione alla cessione del diurno della stazione Termini da lui gestito negli anni '70. Secondo l'accusa i suoi rapporti con i Piromalli risalgono al periodo in cui viveva in Calabria, ma sono proseguiti anche dopo. Tanto che fu a lui che la cosca si rivolse per cercare di ottenere l'attenuazione del regime di 41 bis per il capo della famiglia Giuseppe. Un progetto, hanno scritto i pm della Dda nel provvedimento di fermo, per "l'impossibilità dei referenti politici e istituzionali contattati di affrontare e risolvere la situazione per tutto un insieme di problemi dovuti sia alla paura dei soggetti di muoversi in un terreno così pericoloso, e sia alle difficoltà giudiziarie del Ministro della Giustizia". Ma non solo. Micciché assecondò anche il progetto della stessa cosca che voleva far ottenere l'immunità ad Antonio Piromalli, figlio di Giuseppe, attraverso il conferimento di una funzione consolare per conto di un qualsiasi stato estero. E quando un cugino di Antonio Piromalli gli illustrò il progetto lui risposte sicuro: "questo lo possiamo fare".

    Sie era adoperato per attenuare 41 bis a boss. Si era adoperato, senza riuscirvi, per fare attenuare il 41 bis cui era sottoposto il boss Giuseppe Piromalli e anche per fare ottenere al figlio del capo, Antonio, una funzione consolare che lo mettesse al riparo da eventuali inchieste ai suoi danni. Sono solo alcune delle contestazioni mosse dalla Dda di Reggio Calabria nei confronti di Aldo Micciché, il faccendiere calabrese arrestato nei giorni scorsi in Venezuela, Paese in cui viveva da una ventina d'anni. Micciché è stato arrestato in esecuzione di un mandato di cattura per l'estradizione emesso su richiesta della Dda di Reggio Calabria. Nei suoi confronti era stato emesso un provvedimento di fermo nel luglio 2008, poi trasformato in ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ottobre successivo nell'ambito dell'inchiesta "Cento anni di storia" contro la cosca Piromalli di Gioia Tauro. La posizione di Micciché nel processo fu poi stralciata proprio perché si trovava all'estero. Una volta che sarà estradato, Micciché sarà interrogato prima dal gip e poi dal pm della Dda Roberto Di Palma che coordina le indagini insieme al procuratore aggiunto Michele Prestipino. Il tentativo di far attenuare il 41 bis per il boss fallirono, scrissero i magistrati della Dda reggina nel provvedimento di fermo per "l'impossibilità dei referenti politici ed istituzionali contattati di affrontare e risolvere la situazione per tutto un insieme di problemi dovuti sia alla paura dei soggetti di muoversi in un terreno così pericoloso, e sia alle difficoltà giudiziarie del Ministro della Giustizia. Neppure 'il Senatore' ha possibilità di muoversi in questo campo"

    Garavini "Governo si attivi per estradizione". "L'arresto di Aldo Micciché è un risultato molto importante, ora il Governo si attivi perché non ci siano ulteriori ritardi ed il Venezuela dia subito seguito all'estradizione". Lo afferma Laura Garavini, capogruppo Pd nella commissione Antimafia. "Micciché - aggiunge - è un uomo di congiunzione tra la 'ndrangheta, esponenti politici ed economia, l'anello di una catena di collusioni che ha cercato di inquinare le elezioni dei parlamentari eletti in America Latina, sfruttato le sue conoscenze per cercare, tramite Marcello Dell'Utri, di far attenuare il 41 bis al boss Piromalli, e indirizzato a proprio favore importanti commesse internazionali che coinvolgevano anche il governo italiano. Quando arriverà in Italia ci auguriamo che decida di collaborare con la magistratura per l'accertamento della verità su tutti questi fatti"

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