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    Processo clan Valle a Milano: 13 condanne

     

     

    Processo clan Valle a Milano: 13 condanne

    20 lug 12 Tredici condanne fino a 24 anni di reclusione. Le hanno inflitte i giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano nel processo con al centro la cosca della 'ndrangheta dei Valle che, stando alle indagini, si sarebbe infiltrata nel tessuto economico, imprenditoriale e politico della Lombardia. L'operazione scattò con una serie di arresti nel luglio del 2010. A 24 anni di carcere sono stati condannati Francesco Valle, presunto boss e patriarca di 74 anni, e suo figlio Fortunato.

    "Delinquenti abituali" che, dopo aver scontato la pena, dovranno restare in una struttura penitenziaria a lavorare per tre anni. Sono Francesco Valle, anziano 'patriarca' di 74 anni, e suo figlio Fortunato, presunti boss della omonima cosca che per anni, secondo l'accusa, ha tenuto 'sotto scacco', tra Milano e Pavia, tanti piccoli imprenditori con i classici metodi mafiosi: usura ed estorsioni. Oggi il Tribunale milanese li ha condannati entrambi a 24 anni di carcere e alla misura di sicurezza della 'casa lavoro' e ha inflitto altre 11 condanne, a pene comprese tra i 2 anni e 3 mesi e i 16 anni, al termine del dibattimento con al centro un clan che si era infiltrato anche nel tessuto politico e che puntava dritto ai lavori dell'Expo. Il blitz contro i Valle scattò il primo luglio del 2010, pochi giorni prima di quella maxi-operazione chiamata 'Infinito' che tirò un colpo quasi 'mortale' alla 'ndrangheta in Lombardia, con oltre 170 arresti tra Milano e dintorni e 15 'localì quasi spazzate via. Gli arresti dei presunti affiliati alla cosca radicata tra Milano e Pavia furono dunque una sorta di 'antipasto', al quale sono seguite poi in questi due anni indagini 'a tappeto' portate avanti dalla Dda milanese guidata da Ilda Boccassini e dai pm Paolo Storari e Alessandra Dolci. Col primo blitz si scoprì che i Valle avevano in dotazione anche una sorta di "bunker", come scrisse il gip Giuseppe Gennari nella sua ordinanza: 'La Masseria', un ristorante a Cisliano, non lontano da Vigevano (Pavia), munito di telecamere, sensori e allarmi "in modo da impedire l'accesso a terzi e di prevenire qualunque intrusione da parte delle forze di polizia". Era nel bunker che il capostipite Francesco Valle riceveva, stando alle indagini, "i debitori", ossia più di una ventina di imprenditori e commercianti 'strozzati' dall'usura. Poi quelle intercettazioni in cui si parlava già dell'Expo. E dalle indagini era emerso che il clan avrebbe anche ottenuto le licenze per aprire "un 'mini casino'", una discoteca e anche attività di ristorazione" nel Comune di Pero (Milano), nell'ambito proprio di un progetto di riqualificazione di quelle aree "in virtù del prossimo Expo", e grazie "all'interessamento" di un assessore comunale di Pero. Infine, il 'salto di qualita'' anche delle indagini, con il collegamento tra la famiglie Valle e Lampada - quest'ultima attiva nel business delle slot machine piazzate in molti bar di Milano - e l'emersione della cosiddetta 'zona grigia': gli arresti dei magistrati reggini (poi sospesi dal Csm) Vincenzo Giuseppe Giglio e Giancarlo Giusti, oltre a quelli del consigliere regionale calabrese, Francesco Morelli, e dell'avvocato Vincenzo Minasi. I processi a carico di questi presunti 'colletti bianchi' e di altri affiliati sono ancora in corso. Oggi i giudici della settima sezione penale (presidente del collegio Michele Montingelli) hanno accolto, in sostanza, l'impianto accusatorio e hanno confiscato alla cosca anche beni per milioni di euro, tra case in Calabria e Lombardia, quote societarie e conti correnti. Poi la misura di sicurezza speciale della 'casa lavoro': a pena espiata, Francesco e Fortunato dovranno svolgere in regime di detenzione una qualche attività lavorativa, per 3 anni. "Da 25 anni cercano di sfuggire alla proprie responsabilità, con l'ammissione di un paio di episodi di usura", aveva affermato il pm Storari nella requisitoria. Per la figlia Angela Valle 15 anni e 6 mesi più la libertà vigilata, per Francesco Lampada 10 anni e per sua moglie Maria Valle 7 anni. Tre sono stati assolti dall'accusa di associazione a delinquere, condannati solo per altri reati e scarcerati, con tanto di lacrime in aula. E' libero anche l'avvocato Luciano Lampugnani (cinque anni di condanna per lui), difeso dai legali Jacopo Pensa e Federico Papa. Un solo assolto da tutte le accuse, Alessandro Spagnuolo e assoluzioni anche per tutte le società che erano imputate per l'illecito amministrativo. Due sole le parti civili vittime di usura che hanno avuto il coraggio di costituirsi nel processo: hanno ottenuto risarcimenti da quasi 30 mila euro a testa.

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