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    Coprivano latitanti San Luca, blitz dei CC: 26 arresti, tra loro moglie boss Pelle

     

     

    Coprivano latitanti San Luca, blitz dei CC: 26 in manette, tra loro moglie boss Pelle. Gli arresti

    16 lug 12 I carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria stanno eseguendo un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 26 persone legate alle cosche della 'ndrangheta che operano nei mandamenti jonico, tirrenico, nel capoluogo ed in Piemonte. Al centro dell'indagine c'é il circuito di alleanze della cosca Pelle di San Luca, funzionale alla gestione dei traffici illeciti ed al sostegno logistico dei latitanti, tra cui il boss Antonio Pelle detto 'gambazza', arrestato dal Ros nel giugno del 2009.

    Gli arresti: C'é anche Giuseppe Giampaolo, di 76 anni, moglie del boss defunto Antonio Pelle detto "gambazza", tra le 26 persone arrestate stamani dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria con l'accusa di avere favorito la latitanza dello stesso Pelle. Giuseppa Giampaolo è stata posta ai domiciliari con l'accusa di procurata inosservanza della pena aggravata dall'avere favorito un sodalizio mafioso. Con la stessa accusa è stata posta ai domiciliari anche Ines Cuscunà, di 36 anni, residente a Careri. Gli atri arrestati, tutti portati in carcere, sono Giuseppe Pelle (52), già detenuto; Sebastiano Pelle (41), già detenuto; Domenico Pelle (37), già detenuto; Antonio Pelle (25), già detenuto; Domenico Carbone (26), di Locri; Giuseppe Carbone (56), di San Luca; Sebastiano Carbone (24), di Locri, già detenuto; Sebastiano Giampaolo (64), di San Luca; Vincenzo Giampaolo (37), di Torino; Giasone Italiano (43), di Delianuova, già detenuto; Aldo Domenico Marvelli (57), di Careri; Giuseppe Marvelli (59), di Careri; Antonio Pizzimenti (39), di Reggio Calabria; Pietro Scopelliti (52), di Santo Stefano d'Aspromonte; Virginio Scopelliti (22), di Reggio Calabria; Francesco Albanesi (38), di Benestare; Vincenzo Brognano (37), di Bovalino; Giuseppe Codispoti (57), di Locri; Roberto Crisafi (27), di Locri; Sebastiano Pizzata (24), di Reggio Calabria; Antonio Pelle (26), di Messina, già detenuto; Salvatore Chindamo (46), di Giffone; Giuseppe Gagliardi (33), di Polistena; Domenico Larizza (61), di Palizzi

    Due arresti in Piemonte: Due persone sono state arrestate dai Carabinieri in Piemonte nell'operazione scattata all'alba contro la 'ndrangheta. Sono Sebastiano Giampaolo, 64 anni, e il figlio Vincenzo, 37 anni, residenti a Bagnolo Piemonte (Cuneo). Sono accusati di favoreggiamento per avere ospitato nella loro casa di frazione Montoso di Bagnolo Piemonte, dove sono stati arrestati, il defunto boss Antonio Pelle, detto Gambazza, durante il periodo di latitanza. Qui, secondo la ricostruzione degli investigatori, gli avrebbero anche permesso di incontrare la moglie Giuseppa Giampaolo, cugina di Sebastiano.

    Gratteri: "Grazie a sagacia Carabinieri". ''L'operazione 'Reale 5' con cui è stata scoperta e disarticolata l'intera organizzazione a disposizione del deceduto patriarca della 'ndrangheta di San Luca Antonio Pelle 'Gambazzà è da iscrivere totalmente alla sagacia dei carabinieri del comando provinciale, coordinati dal neogenerale Pasquale Angelosanto, del reparto 'Cacciatori' e del Ros, all'epoca diretto dal ten. col. Valerio Guardina". Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dda di Reggio Nicola Gratteri, illustrando i dettagli dell'operazione insieme al procuratore facente funzioni Ottavio Sferlazza. "Un'efficace e puntuale controllo del territorio - ha aggiunto - culminato con una perquisizione nell'abitazione dei Pelle in contrada 'Ricciolio', nella zona ionica di Reggio Calabria, durata oltre tre giorni durante i quali furono scoperti tre bunker ricavati in giardino e sotto i pavimenti, in uno dei quali si trovava una statua della Madonna della Montagna di Polsi, adibito a locale per iniziare i nuovi picciotti. In quell'occasione Giuseppe Pelle riuscì a farla franca, ma attraverso le intercettazioni a carico della moglie e di una delle figlie, che parlavano di una certa Ines, i carabinieri, spulciando i dati anagrafici di comuni vicini a San Luca, riuscirono a risalire a Ines Cuscunà nella cui abitazione il 'crimine' della 'ndrangheta calabrese aveva trovato rifugio''. Gratteri ha anche parlato dei contrasti sorti all'interno della 'ndrangheta per il conferimento della carica di ''crimine" di tutta l'organizzazione, dopo la morte di Antonio Pelle. "Ci fu una discussione tesa - ha spiegato - tra le cosche di Gioia Tauro e di San Luca, in occasione del matrimonio di una nipote di Pelle. Si mediò sul nome di Domenico 'Mico' Oppedisano, l'anziano venditore di piantine di Rosarno, il cui spessore criminale non poteva certo consentirgli la decisione finale di ogni controversia, come invece avveniva con Antonio Pelle". Tra i destinatari del provvedimento di custodia cautelare in carcere anche Antonio Pelle, di 26 anni, studente universitario fuoricorso alla facoltà di Architettura dell'Università Mediterranea di Reggio, definito da Sferlazza "enfant prodige per avere superato in soli 41 giorni ben nove esami grazie alla compiacenza di alcuni docenti. Materie d'esame di cui non conosceva neppure il titolo del corso, come testimoniato alcune intercettazioni telefoniche. Non solo, lo stesso giovane Pelle, dimostrava spesso arroganza di comportamenti, forzando più di una volta con la propria autovettura il divieto di parcheggiare nel cortile interno della facoltà ed interloquendo in maniera minacciosa con quei docenti che si dimostravano corretti nei confronti degli studenti, compresi gli amici di Pelle, che non dimostravano di essere preparati e quindi bocciati".

    Le microspie: "Hanno fatto i nomi di tutti". "Hanno fatto nomi, i nomi .. di tutte le persone .. praticamente del responsabile provinciale. Ci hanno consumato con un'associazione. Un'associazione di 'ndrangheta''. A parlare così è il boss Giuseppe Pelle, di 52 anni, nella sua abitazione di Bovalino con due emissari delle cosche della fascia tirrenica che vanno a trovarlo per manifestare la preoccupazione di quello che sarebbe stato poi individuato come il capo crimine Domenico Oppedisano dopo il ritrovamento di due microspie nell'auto di due affiliati di Reggio Calabria. L'intercettazione è antecedente all'operazione Crimine che nel luglio del 2010 portò a oltre 300 arresti tra la Calabria e la Lombardia ed è agli atti dell'inchiesta della Dda di Reggio Calabria Crimine 5 conclusa stamani dall'operazione condotta dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio con l'arresto di 26 persone. Agli indagati vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione mafiosa, favoreggiamento aggravato dalle modalità mafiose e inosservanza della pena per la rete di copertura offerta alla latitanza del boss Antonio Pelle detto "gambazza", arrestato dal Ros nel giugno del 2009 dopo 9 anni di latitanza e morto nel novembre successivo per sue precarie condizioni di salute quando aveva 77 anni. Dalle indagini è emerso che Antonio Pelle aveva goduto di una serie di appoggi. Dalle intercettazioni è emerso che dopo un periodo trascorso nei bunker di Contrada Ricciolio, il vecchio boss era stato ospitato a Careri, successivamente si era spostato a Natile Vecchio di Careri, per poi essere trasferito in provincia di Cuneo. Infine, dal dicembre 2008 fino ad aprile/maggio 2009, Pelle aveva trascorso la latitanza a Santo Stefano d'Aspromonte.

    Fecero bonifica delle microspie. Gli affiliati della cosca Pelle di San Luca erano ossessionati dalla paura di essere intercettati, fino a sembrare paranoici (come li definiscono i carabinieri), al punto che avevano selezionato sulla base dell'affidabilità dal punto di vista personale e della capacità professionale, e assoldato alcuni tecnici che provvedevano a bonificare periodicamente i mezzi e le loro abitazioni. E' quanto emerso dalle indagini condotte dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Reggio Calabria che stamani hanno portato all'arresto di 26 persone. Ogni esponente del clan aveva maturato una tecnica tutta propria alla quale faceva ricorso ogni volta si trovava in auto o, comunque, in un ambiente chiuso: dialogare a voce molto bassa, inquinare le voci alzando il volume della radio o della televisione o, addirittura, non parlare. Tutti, inoltre, erano attenti a cogliere anche il più piccolo malfunzionamento elettrico, rumori o fruscii nelle loro vetture, che potesse indicare la presenza di una microspia.

    Dal boss per dirimere i dissidi. I boss della cosca Pelle "gambazza" di San Luca potevano contare su alleanze trasversali con altre famiglie mafiose che coprivano tutti i tre "mandamenti" della provincia di Reggio Calabria e in Piemonte, confermando così il carattere unitario della 'ndrangheta e il potere acquisito nel tempo dalla cosca. E' quanto emerso dall'inchiesta Reale 5 che stamani ha portato all'arresto di 26 persone. Le alleanze garantivano di trattare ogni tipo di questione: dalla pianificazione di truffe e rapine, fino al sostegno logistico per i latitanti. Rappresentanti delle cosche del versante jonico si recavano assiduamente a casa di Giuseppe Pelle per affrontare i dissidi interni ai "locali" di loro appartenenza e, al contempo, ribadire il loro incondizionato "rispetto" nei confronti della potente famiglia di San Luca. "Noi - dice uno di loro in un dialogo intercettato - siamo stati sempre una famiglia. A compare Antonio e a tutta la famiglia, a uno per uno… dal più piccolo al più grande. Mi sono sentito che siamo un'unica famiglia".+

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