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    Pentito: Giudice Scopelliti ucciso da 3 reggini

     

     

    Pentito: Giudice Scopelliti ucciso da 3 reggini. Da noi politici di tutti gli schieramenti

    11 lug 12 Il sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione Antonino Scopelliti, ucciso a Campo Calabro il 9 agosto 1991 alla vigilia del maxi processo a Cosa Nostra, fu ucciso da tre reggini. A dirlo e' stato il collaboratore di giustizia Antonino Fiume, uno dei più stretti collaboratori dei boss della 'ndrangheta Giuseppe e Carmine De Stefano, deponendo a Reggio Calabria nel processo Meta. In merito al delitto del magistrato, il collaboratore ha confermato quanto le inchieste hanno gia' appurato e cioé che l'omicidio fu commesso "su richiesta di Cosa nostra". Poi ha aggiunto che ad ucciderlo furono "tre reggini". A questo punto il pm della Dda reggina, Giuseppe Lombardo, gli ha detto di non fare nomi. I killer di Scopelliti non sono mai stati individuati.

    Da noi politici di tutti gli schieramenti. ''Mi riferisco alle elezioni regionali degli anni '90 ed alle successive elezioni amministrative, quando venivano a cercarmi molti candidati in cerca di consenso. Posso dire che era la politica a cercare il rapporto con la 'ndrangheta e non viceversa, e tanti appoggi li ho dati per amicizia personale. Certo non per tutti i candidati c'era l'appoggio perché ad alcuni si diceva chiaramente di no. Posso dire che se io votavo a destra, ma c'era chi votava anche a sinistra. Posso testimoniare a chi ho chiesto i voti, casa per casa". Così il collaboratore di giustizia Antonino Fiume, il primo pentito interno alla cosca De Stefano di Reggio, una delle più potenti della Calabria, ha descritto i rapporti mafia-politica, deponendo nel processo Meta a carico delle cosche reggine. Fiume ha risposto per oltre otto ore alle domande del pm antimafia Giuseppe Lombardo con la testa coperta da una giacca scura e protetto alla vista da un separé, ma non ha fatto nomi di politici per espressa richiesta del pm. "Sono sempre stato a fianco di Peppe e Carmine De Stefano - ha detto il pentito - loro accompagnatore ed autista di fiducia, anche se non sempre ho preso parte a tutti gli incontri che Peppe De Stefano teneva con gli esponenti della 'ndrangheta della ionica e della tirrenica che in lui vedevano l'erede di Paolo De Stefano". Fiume, che per un periodo è stato anche fidanzato con Maria De Stefano, sorella di Giuseppe e di Carmine, ha riferito ai giudici dei contrasti esplosi all'interno del clan degli 'arcoti', soprattutto tra i figli di Paolo De Stefano e lo zio Orazio, detto 'Petru', che aspirava a ricoprire il posto di capo bastone, dopo gli omicidi dei fratelli Giovanni, Giorgio e Paolo nel corso delle due guerre di mafia che hanno insanguinato Reggio negli anni '70 e '80. Fiume ha parlato anche del ruolo del boss Paolo Martino e del risentimento nei suoi confronti di Peppe De Stefano che lo accusava di non averlo aiutato nella guerra di mafia scoppiata dopo la morte del padre Paolo e che aveva preferito ritirarsi a Milano e tenersi fuori. Il collaboratore ha anche parlato del sistema delle tangenti. "Tutti gli appaltatori - ha detto - venivano ad Archi per mettersi a posto e pagare la mazzetta. Il 5% veniva ripartito equamente tra De Stefano, Condello e Tegano, anche quando si trattava di imprenditori notoriamente vicini a noi". Infine, Fiume ha parlato delle pressioni subite da Carmine De Stefano affinché, sul finire degli anni '90, contattasse Giuseppe Scopelliti, eletto consigliere regionale per la prima volta nel 1996 ed attuale presiedente della Regione, ''per sistemargli la moglie alla Regione, cosa che non avvenne. E per tale ragione Carmine mi diceva che gli avrebbe bruciato l'auto". L'udienza riprenderà venerdì 13 luglio.

    Dicemmo no a Cosa Nostra per le stragi. La 'ndrangheta negò il proprio appoggio a Cosa nostra in occasione delle stragi del 1992 e 1994. Lo ha riferito il pentito Antonino Fiume, stretto collaboratore dei boss della cosca De Stefano, deponendo oggi nel processo Meta a Reggio Calabria. Rispondendo alle domande del pm della Dda Giuseppe Lombardo, Fiume ha raccontato di tre riunioni volute dai corleonesi di Totò Riina, due tenutesi nel vibonese ed una a Milano, nel corso delle quali la 'ndrangheta, rappresentata da Giuseppe De Stefano, nego' a 'Toto' u curtù il proprio appoggio nell'attacco allo Stato. "L'unico tra i presenti ad essere possibilista - ha detto Fiume - fu Franco Coco Trovato, ex suocero di Carmine De Stefano".

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