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    Azienda cosentina a rischio chiusura per firma Premier che tarda ad arrivare

     

     

    Azienda cosentina a rischio chiusura per firma Premier che tarda ad arrivare

    28 giu 12 Rabbia e tanta insofferenza verso questo governo. Sono due stati d’animo che emergono con forza leggendo storie come quella della signora Patrizia Bonofiglio, amministratore di un’azienda a conduzione familiare, la “Service srl” di Cosenza, che nonostante vanta un cospicuo credito dal ministero della Giustizia, per aver adeguato gli impianti di climatizzazione del Tribunale di Catanzaro, non è riuscita, fino a questo momento, a recuperare la somma dovuta per la mancanza di una firma, quella del premier e ministro dell’Economia Mario Monti. È quanto afferma, in una nota, il segretario regionale de la Destra in Calabria, Gabriele Limido. Una situazione paradossale, dove un governo, a parole, tenta di risollevare l’economia e sostenere le piccole e medie imprese, mentre gli aiuti alle aziende del Sud restano solo dei proclami per le prime pagine dei giornali, ma nella realtà la storia è un’altra. È una realtà fatta di superficialità e di totale disprezzo per chi lavora onestamente. Una storia di “malitalia”, targata governo Monti, il quale oltre a strozzarci con tasse e balzelli, adesso si è rivelato per quello che è: “strozzino” e, allo stesso tempo, “cattivo pagatore”, con l’inevitabile conseguenza di mettere a rischio la chiusura della “Service srl” e mandare sul lastrico titolari e dipendenti dell’azienda cosentina. Ma andiamo per gradi. La signora Patrizia Bonofiglio, amministratore della “Service Srl”, ha vinto “per sventura”, come tiene a sottolineare in una lettera-denuncia, la gara per i lavori di adeguamento e rifacimento degli impianti di climatizzazione del palazzo di Giustizia di Catanzaro. Lavori eseguiti regolarmente con emissione nel 2011 da parte del ministero di due tranche di pagamento di 177mila euro e di 321mila euro. Accade, però, che i fondi destinati alla realizzazione dell’opera fossero decaduti per non essere stati mai utilizzati nei due anni dallo stanziamento. Per recuperare il dovuto, il ministero della Giustizia avrebbe dovuto attivare la procedura di re-iscrizione. Nonostante numerosi solleciti, a oltre un anno di distanza dall’emissione di quei certificati, l’azienda non riesce ancora a rientrare di ciò che le spetta per i lavori svolti. Quel decreto di reintegro dei fondi non trova la firma. E qui arriva la beffa. Il foglio è sul tavolo del premier Monti, in qualità di ministro dell’Economia che, troppo preso a soddisfare le politiche della Merkel e delle banche, dimentica i suoi connazionali. A questo punto la signora Bonofiglio scrive al presidente della Repubblica, e casualmente dalla Ragioneria generale dello Stato arriva un secondo decreto che sostituisce il primo (ritirato) ma con data più recente. E ora si dovrà attendere altro tempo, quando Monti si ricorderà di apporre la sua firma per sbloccare il pagamento. È una storia, purtroppo, come molte altre. Imprese che non riescono a riscuotere i crediti vantati da quello che dovrebbe costituire una garanzia, lo Stato. Alla luce di queste difficoltà, la “Service srl” ha già dovuto licenziare dei dipendenti, riesce a stento a stipendiare quelli rimasti, e rischia di chiudere perché non riesce a ripagare le banche che le hanno erogato prestiti e chiedono ora di rientrare. È un cappio al collo, stretto dallo Stato. Una cravatta che spesso, purtroppo, costringe a ricorrere all’usura, quando non finisce in tragedia. Il tutto perché il nostro premier non trova il tempo per una firma tra un vertice, un G8 e una cena con i suoi banchieri di palazzo Chigi.

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