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    Due anni fa la rivolta di Rosarno, oggi la festa

     

     

    Due anni fa la rivolta di Rosarno, oggi la festa

    07 gen 12 Un centinaio di immigrati stanno partecipando a San Ferdinando alla Festassemblea indetta dalle associazioni AfriCalabria, Equosud - Sos Rosarno e San Ferdinando in movimento per denunciare le condizioni di vita degli immigrati impiegati nella raccolta degli agrumi a due anni dalla rivolta degli africani cui seguì la reazione degli abitanti, con decine di feriti. L'area che ospita la manifestazione, che si sta animando di colori e musica, è vicina a quella destinata ad ospitare il rigassificatore che la società Lng Medgas intende realizzare nel retroporto dello scalo di Gioia Tauro. Una scelta simbolica, quella degli organizzatori, per dire no alla realizzazione dell'opera. Alla mobilitazione, con bandiere e striscioni, partecipano delegazioni di Rifondazione comunista, Sel, della Rete difesa del territorio Franco Nisticò, del centro sociale Cartella di Reggio Calabria e del coordinamento portuali di Gioia Tauro. Nel corso dell'assemblea, è stato spiegato dagli organizzatori, saranno illustrati i termini della campagna "Ingaggiami contro il lavoro nero - Riprendiamoci i campi per coltivare sviluppo e integrazione", nata sulla scia della campagna Sos Rosarno che si terrà in molte piazze italiane il 13 e 14 gennaio prossimi.

    Assad "Non ho più paura". "Se sono qui è perché non ho più paura dei rosarnesi anche perché so che loro e tutti i calabresi hanno i loro problemi, ma non sono persone cattive". A parlare è Assad, 36 anni, clandestino della Costa D'Avorio. Da anni fa la spola in giro per l'Italia tra la Puglia, per la raccolta dei pomodori, la Sicilia per l'uva e d'inverno a Rosarno per la campagna degli agrumi. Lui c'era il 7 gennaio del 2010 quando scoppiò la rivolta degli immigrati che reagirono al ferimento di due loro compagni. "Ricordo i fatti di due anni fa - dice Assad - che furono molto brutti. Noi protestammo per chiedere maggiore attenzione sulle nostre condizioni di vita e per rivendicare un'esistenza migliore. Se siamo qui è per guadagnare pochi soldi da mandare ai nostri familiari in Africa. Io, da clandestino, non posso andare a vivere nel campo predisposto dal Comune per cui continuo a vivere in una tenda davanti ad una vecchia abitazione di campagna". "Da allora, nonostante il clamore dopo quanto è accaduto - afferma ancora l'ivoriano - non è cambiato assolutamente nulla, anche se il numero degli immigrati è diminuito perché tanti hanno avuto paura di tornare. Non io, però".

    Ora la festa. A due anni dalla rivolta degli immigrati è festa di testimonianza a Rosarno per la solidarietà e il riconoscimento dei diritti dei lavoratori stranieri. Qui, tra gli agrumeti carichi di frutti che rischiano di rimanere sugli alberi e il porto di Gioia Tauro in crisi profonda, è ancora vivo il ricordo della sommossa degli africani che innescò la reazione dei cittadini lasciando un bilancio di decine di feriti e gli occhi del mondo puntati su questo lembo di Calabria. Nel secondo anniversario della rivolta, con i morsi della crisi che si fanno più pesanti e non risparmiano nessuno, si sono mobilitate le associazioni AfriCalabria, Equosud-Sos Rosarno e San Ferdinando in movimento. Simbolico il luogo scelto per testimoniare i valori della solidarietà e del no allo sfruttamento: l'area destinata ad ospitare il rigassificatore che la società Lng Medgas intende realizzare nel retroporto dello scalo di Gioia Tauro. E che non piace agli organizzatori dell'iniziativa. Alla mobilitazione hanno risposto in tanti: da Rifondazione comunista a Sel, dalla Rete difesa del territorio Franco Nisticò, dal centro sociale Cartella di Reggio Calabria al coordinamento portuali di Gioia Tauro, alla Cgil. Il ricordo dei fatti del 7 di gennaio di due anni fa, comunque, non si cancella. Non dimentica Assad, ivoriano, di 36 anni, clandestino. "Se sono tornato qui - dice - è perché non ho più paura dei rosarnesi anche perché so che loro e tutti i calabresi hanno i loro problemi, ma non sono persone cattive". Ibhraim, anch'egli ivoriano, chiede e ottiene dall'assemblea un minuto di silenzio "per gli immigrati - dice - che sono morti per la libertà a giustizia come i due nostri fratelli uccisi a Firenze. Oggi è un giorno importante per noi perché siamo qui per una causa nobile. Se la politica non si vuole assumere la responsabilità di quanto è accaduto due anni fa e che continua ad accadere qui a Rosarno, tutta la comunità internazionale odierà l'Italia". C'é amarezza, invece, nelle parole di Janghò (Burkina Faso), rifugiato politico. "Qui, se dico buongiorno - spiega - nessuno mi risponde. Non possiamo essere trattati così. Siamo tutti uguali". In serata, a Rosarno, musica e danze su iniziativa dell'Amministrazione comunale, nella seconda edizione della Festa dell'integrazione dei popoli. Per il 13 e 14 gennaio, invece, sulla scia della campagna dello scorso anno Sos Rosarno, parte in molte piazze italiane una nuova iniziativa "Ingaggiami contro il lavoro nero-Riprendiamoci i campi per coltivare sviluppo e integrazione". Un'altra iniziativa significativa in Calabria in tema di immigrazione è stata assunta oggi dal vescovo di Rossano-Cariati, mons. Santo Marcianò, che ha fatto visita a Schiavonea di Corigliano ad una baraccopoli che ospitava 30 lavoratori prima che la struttura venisse sgomberata. "Basta - ha detto il presule - con il caporalato". Gli immigrati, impiegati nella raccolta di agrumi, sono stati trasferiti nei locali della Caritas di Corigliano. La rivolta di Rosarno è stata celebrata anche in altre città, tra cui Roma, Milano, Firenze e Potenza. A Roma alcuni lavoratori italiani e immigrati hanno invocato il riconoscimento dei diritti dei migranti e dei braccianti agricoli, srotolando anche due striscioni vicino al Colosseo e sulla scalinata di Piazza di Spagna.

    Striscioni anche a Roma. In contemporanea a Roma, Milano, Firenze, Potenza e in Calabria è stato commemorato l'anniversario della rivolta di Rosarno del 7 gennaio 2010. A Roma decine di lavoratori italiani e immigrati hanno portato nella Capitale "la voce dei dannati della terra - spiegano in una nota - i braccianti agricoli che ogni giorno per pochi euro raccolgono le arance e i pomodori made in Italy". Prima alla fermata della metro "Colosseo" e poi sulla scalinata di Piazza di Spagna sono stati srotolati due striscioni con scritto: "Rosarno, Italia 7 gennaio 2010 - 7 gennaio 2012. La Lotta Continua" e "Come Spartaco spezziamo le catene". "Proprio da un'arena come il Colosseo - affermano in una nota gli organizzatori - è partita la rivolta di Spartaco e il suo cammino di liberazione rivive nelle lotte dei nuovi schiavi. A Piazza di Spagna, tra le vie dello shopping, tra i negozi dove lavorano in nero centinaia di persone e dove viene venduto il 'made in Italy' macchiato dalla sfruttamento, per dire che la crisi riguarda tutti e che solo insieme, lavoratori italiani e immigrati, hanno gli strumenti per affrontarla".

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