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    La Coca Cola non lascia la Calabria

     

     

    La Coca Cola non lascia la Calabria

    28 feb 12 The Coca Cola company, la multinazionale americana delle bollicine, proprietaria del marchio dell'aranciata Fanta, potrebbe tornare sui suoi passi dopo aver annunciato di voler fare a meno del succo concentrato di agrumi prodotto a Rosarno. A dare fuoco alle polveri della polemica, è stato il quotidiano inglese Independent che, riprendendo un'indagine condotta dal periodico The Ecologist, ha messo in pagina un articolo in cui si raccontavano le condizioni di vita da schiavi dei migranti che raccolgono le arance destinate a finire nelle lattine di Fanta, marchio di proprietà della Coca-Cola. Adesso, dopo che la multinazionale di Atlanta non ha chiuso completamente le porte chiarendo che si è trattato di un contratto giunto alla sua scadenza, nella cittadina calabrese teatro nel gennaio del 2010 della rivolta dei lavoratori stranieri che provocò la reazione degli abitanti e decine di feriti, sono in tanti a sperare in un ripensamento dei manager a stelle e strisce. A partire dal sindaco Elisabetta Tripodi, alla guida del comune dal dicembre del 2010 e alle prese da mesi con una crisi agricola che costringe molti produttori di agrumi a lasciare i frutti a marcire sugli alberi perché il prezzo di vendita è troppo basso e non remunerativo. "E' un segnale positivo - dice - la disponibilità della Coca Cola a sedersi intorno ad un tavolo con fornitori e istituzioni. Possiamo dire che non tutti i mali vengono per nuocere e, dopo il clamore mediatico che la vicenda ha avuto, adesso è importante verificare se da parte della Coca Cola c'é la volontà di rinnovare il contratto rinunciando ad un poco del profitto. Se poi tutto il clamore che c'é stato può servire a parlare della crisi che investe l'agricoltura, principale risorsa del nostro territorio, ben venga. E' importante comunque che anche la Regione Calabria, che è l'attore principale, prenda contezza della necessità di adottare provvedimenti eccezionali per questo territorio e per la crisi che attanaglia l'agricoltura". E pronta a discutere, si dice anche la Cgil che, sulla denuncia delle condizioni di vita dei lavoratori extracomunitari, in questi anni non si è mai tirata indietro. "Siamo pronti a confrontarci - afferma Antonino Calogero, segretario generale comprensoriale della Piana di Gioia Tauro - ed anche a proporre iniziative a valenza etica. Fino a qualche anno addietro qui anche un'altra multinazionale, la Plasmon, aveva insediato delle oasi dedicate a particolari metodiche di produzione. La Coca Cola potrebbe investire su modelli etici di questo tipo. Dirò di più: in questo è importante anche la presenza di un'amministrazione comunale attenta e sensibile al tema del rispetto dei diritti. Certo, se poi la multinazionale se ne va dalla Piana adducendo motivazioni etiche per poi rifornirsi su mercati come il Marocco, la Tunisia o Israele dove le condizioni di sfruttamento sono peggiori..."

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