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    I Vescovi calabresi consacrano al Calabria al Sacro Cuore di Gesù

     

     

    I Vescovi calabresi consacrano al Calabria al Sacro Cuore di Gesù. L'omelia di Mons. Mondello

    06 feb 12 Di seguito pubblichiamo l'omelia del Presidente della Conferenza Episcopale Calabra, Mons. Vittorio Luigi Mondello, Arcivescovo Metropolita di Reggio Calabria-Bova Con cui i vescovi calabresi consacrano la Calabria al Sacro Cuore di Gesù: Eccellenze Reverendissime, Autorità, Sacerdoti, Diaconi, Seminaristi, Sorelle della Visitazione, Fedeli tutti: "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo!" (Gal.1,1-3). Siamo saliti qui sul colle per incontrare il Volto di Dio. Saliti per toccare le profondità dell'amore di Cristo. Venuti per consacrarci al Suo Cuore. Consacrare al Suo Cuore non solo noi stessi, la nostra vita, il presente e il futuro del nostro cammino sulla terra. Ma siamo qui per consacrare al Suo cuore la Calabria intera: le chiese, i luoghi sacri, le istituzioni, le scuole, i luoghi di lavoro, gli ospedali; gli uomini e le donne, i giovani e le ragazze, i fanciulli e i bambini, i vecchi e i neonati, i moribondi e le creature che si formano nel grembo delle madre. Tutti! Come scrivevo - a nome di tutti i Vescovi calabresi - nel Messaggio inviatovi, "consacreremo al Sacro Cuore la Calabria intera con la sua storia, le sue fatiche, le sue speranze, i suoi orizzonti. (…) E fra poco il buon Dio vedrà nello stesso istante un'immensità di mani dei Calabresi levate verso di Lui ad implorare che il Cuore del Suo Figlio si apra ad accogliere i dolori e le speranze, le grida e le gioie, le fatiche e i silenzi, i passi e le cadute della Calabria intera... ".

    ***

    Le sacre Letture di questa Solennità ci introducono dentro un panorama quanto mai suggestivo.
    Noi siamo chiamati, infatti, a metterci - di fronte alla Parola di Dio -  in quello stesso rapporto con cui si poneva la Madre di Gesù. Lei, scrive  l'evangelista San Luca, custodiva la Parola nel cuore (cfr. Lc.2,51). Il verbo, che usa Luca, é “symballein”,  che indica insieme “accogliere e confrontare”. Maria, cioè, accoglieva la Parola, anche quella che non capiva, e la metteva a confronto con la vita.
    Questo, carissimi fratelli, siamo chiamati a fare.
    E, così facendo, nel brano del Libro di Osea - che ci offre uno stupendo soliloquio in cui Dio appare come padre pieno di amore per il figlio, Efraim, un figlio, una tribù, un popolo - non possiamo non scorgere suggestivamente una singolare profezia, che descrive il rapporto di Dio con la Calabria: quello stesso rapporto che, in un famoso testo, uno scrittore calabrese, Leonida Repaci, fissò in termini imperituri: “Dio diede alla Sila il pino, all’Aspromonte l’ulivo, a Reggio il bergamotto … a Rosarno l’arancio, a Nicotera il fico d’India, a Pizzo il tonno, a Vibo il fiore…” .
    In Osea la profezia é insieme così forte e così precisa da lasciarci stupefatti. 

    ***

    Entriamo nel tessuto del testo.
    C’è, alla fine del brano, il panorama dei disastri della Calabria: quelli dovuti alle intemperie naturali e quelli dovuti alla cattiveria degli uomini.
    Le prime - il triste calvario delle alluvioni, delle vite perdute nello spazio di un attimo, delle speranze recise, delle famiglie ferite - si ritrovano dentro i versi di Osea, che descrive cosa accade a Dio dinanzi a quell’immenso dolore: “Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione” (Os.11.8).
    Le altre - il panorama delle cattiverie umane, la lunga storia di soprusi e di delitti della malavita organizzata, lo sconcertante  riproporsi lungo il tempo, dentro le stesse pubbliche amministrazioni,  di rivoltanti episodi di corruzione - suscitano l’accendersi dell’ira di Dio. Anche se l’amore prevale sull’ira. “Non darò sfogo - scrive Osea - all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim” (Os.11,9).

    C’è, in tutto il resto del brano, la descrizione della tenerezza di Dio nei confronti della Calabria: una tenerezza con cui Dio ha consolato la Calabria incarnandosi dentro la vita e i volti di alcuni suoi figli, che calabresi sono nati o calabresi sono diventati…
    Penso - solo per ricordare i più recenti - a Padre Catanoso, a don Mottola, a P.Idà, a Natuzza Evolo, a Giovanni Ferro, alle suore di Madre Teresa, alle figlie della Croce, ad Armando Fares, a don Italo Calabrò, ai tanti preti nascosti - e a volte anche laici - che lungo le nostre colline e i monti o nelle contrade delle nostre città perennemente si recano nei luoghi della sofferenza, visitano la solitudine degli anziani, toccano le speranze deluse dei giovani, sostengono il respiro dei moribondi… penso alle tante suore che accolgono i bambini, li aiutano a crescere, a vivere, a sorridere, ad amare…
    A questo incomparabile scenario di gratuito amore umano si riferisce l’incanto del testo divino di Osea: “Quando Israele era fanciullo, io l’ho amato…” (Os.11,1).  “Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano…” (Os.11,3).  “Io li traevo con legami di bontà, con vincoli di amore… “ (Os.11,4a).  “Ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia, mi chinavo su di lui per dargli da mangiare” (Os.11,4b).
    La Calabria è la terra dove la tenerezza paterna e materna di Dio si è incarnata.

    ***

    E se noi siamo qui oggi, lo siamo proprio per rispondere a questa divina tenerezza. E la risposta non può essere se non quella che Dio stesso attende. Gesù disse: “Se uno mi ama … noi verremo a lui e porremo la nostra dimora dentro di lui” (Gv.14,23).
    Questo siamo qui oggi a chiedere: che Egli faccia del nostro cuore la Sua dimora e del Suo cuore la nostra.
    Il Suo Cuore.
    Quel Cuore di cui il brano del Vangelo di questo santissimo giorno ci dice che fu trafitto dalla lancia: “Venuti da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il costato, e subito ne uscì sangue e acqua” (Gv.19,33-34).
    Quel sangue e quell’acqua dei quali la Liturgia afferma che sono i simboli dei Sacramenti della Chiesa.
    Davvero da quel Cuore trafitto nacque la Chiesa.
    “Ex Corde scisso Ecclesia, Christo iugata, nascitur”.
    E lì, in quel luogo e in quel momento, sul legno della croce e nell’attimo dell’ultimo respiro, il Crocifisso non solo dà il segno più alto dell'amore Suo e del Padre, offrendo liberamente e interamente la sua vita, ma compie anche il gesto di tenerezza più grande: attira tutti a Sé: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a Me” (Gv.12,32).
    Il Cuore si apre ad accogliere ogni sguardo, ogni vita, ogni dolore, ogni cammino, ogni attesa, ogni debolezza, ogni grido, ogni silenzio…
    E’ a questo Cuore, carissimi fratelli, che noi, con la Calabria intera, oggi ci consacriamo.

    ***

    E questa consacrazione sta per avvenire ora in questo Monastero sacro, dove ogni giorno, perennemente, il silenzio diventa amore e l’amore  diventa silenzio.
    La grideremo questa consacrazione, la faremo conoscere a tutti come segno della sentinella che annuncia il sorgere di un’alba, come respiro  di una vita calabrese che comincia, come lampada sul colle, come lampo che squarcia le tenebre del male.
    Ma stiamo per viverla qui la consacrazione - davanti al Volto di Cristo e di queste Donne che vivono in preghiera - ; come preghiera stiamo per elevarla, quasi come un dolce sussurro all'orecchio del Dio amato; la stiamo per offrire immersi nel silenzio.
    E sarà questo silenzio a diventare parola!
    Vivamente imploriamo il Dio della Misericordia perché da questa  solenne Consacrazione della Calabria al Sacro  Cuore di Gesù Cristo provenga, innanzitutto un irrobustirsi della nostra fede, proprio in questo 2012 , quando inizierà - per volontà del Santo Padre - l'atteso Anno della Fede.
    Venga anche, Lo supplichiamo, una crescita della carità, specialmente in questa delicata stagione della vita sociale, politica ed umana della Calabria, dell'Italia, dell'Europa e del Mondo: una crescita della carità che permetta agli ultimi di sentirsi pensati ed amati.
    Venga, finalmente,  lo impetriamo dal Buon Dio, un incremento della comunione all'interno di ognuna delle nostre chiese e tra ogni chiesa e l'altra di questa amata Calabria:  perché solo la nostra comunione fraterna ci renderà credibili agli occhi del mondo e renderà efficace l'annuncio del Vangelo.  "Da questo vi riconosceranno che siete miei, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv.13,35).
    La Madre della Misericordia, Colei nel cui grembo si é formato - nella sua dimensione umana - il Cuore del Cristo, ci accompagni con la sua premura di Madre, ci consoli con la sua tenerezza, ci sostenga nel vivo desiderio che nutriamo che l'intera Calabria sia per sempre custodita nel Cuore del Suo Figlio.
    Amen!

     

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