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    Processo al clan Pesce, gioielliere ammette "E' vero, pagavo il pizzo per paura"

     

    Tribunale di Palmi

     

    Processo al clan Pesce, gioielliere ammette "E' vero, pagavo il pizzo per paura"

    01 feb 12 ''E' vero, pagavo il pizzo. A Rosarno lo pagano tutti, ma nessuno denuncia perché siamo terrorizzati". La testimonianza, a tratti drammatica, è giunta durante il processo alla cosca Pesce che si celebra a Palmi da parte di un gioielliere di Rosarno, Giuseppe Gelanzé, e costituisce uno dei pochi casi, nel reggino, di denunce fatte in aula. "Adesso la mia vita non vale più niente, meno male che non ho figli", ha aggiunto. Al che la presidente del tribunale ha replicato: "la sua vita vale, eccome". Gelanze' è stato chiamato a testimoniare su una rapina subita il 2 ottobre 2005. In quella occasione l'uomo non era presente in negozio ed il pm della Dda di Reggio Calabria Alessandra Cerreti ha cominciato a fare delle domande sul pagamento del pizzo. Il gioielliere prima ha cercato di non rispondere ("non può farmi queste domande, sono qui per una rapina"), ma alla fine ha ammesso di essere stato costretto a pagare il pizzo ed ha indicato anche l'identità della persona a cui versava la somma, ma non il beneficiario finale. Il gioielliere ha raccontato di avere subito richieste estorsive seguite poi da un incendio del suo negozio. Quindi un nuovo contatto e l'inizio del pagamento, andato avanti per tre anni. Gelanzé ha anche riferito che improvvisamente i pagamenti si sono interrotti, non per sua volontà, aggiungendo che subito dopo sono cominciate le rapine, almeno sette negli ultimi anni. "Ho iniziato a pagare - ha detto Gelanzé - perché ho capito che era l'unico sistema per stare tranquillo. Lo sanno anche le forze dell'ordine che tutti pagano il pizzo". Alla domande del pm se tra i suoi clienti ci fossero anche esponenti della famiglia Pesce, Gelanzé, che ha sempre denunciato le intimidazioni e le rapine subite, ha detto. "no, sono stato selettivo nella scelta della mia clientela". Di estorsioni ha parlato anche il collaboratore di giustizia Salvatore Facchinetti, che dopo avere ammesso di avere fatto parte della cosca Pesce, ha sostenuto che Rosarno è divisa in zone di competenza tra i Pesce ed i Bellocco, all'interno delle quali le cosche impongono servizi di guardiania e il pizzo. Ed alla domanda del pm, "ma c'é qualcuno che non paga?", la risposta è stata: "non esiste. Pagano tutti". La deposizione del collaboratore proseguirà nella prossima udienza, fissata per venerdì prossimo. In apertura, invece, ha deposto Rita La Torre, sorella di Ilaria che ieri, davanti ai giudici del tribunale, ha accusato l'ex marito Francesco Pesce, figlio del boss Salvatore e fratello della pentita Giuseppina Pesce, di avere tentato di sequestrala dopo la loro separazione. Rita, che era presente in occasione dell'irruzione di uomini armati nella sua abitazione alla ricerca di Ilaria, è stata vaga, tanto che il pm le ha fatto numerose contestazioni. Alla fine della deposizione il pm ha reso noto che Rita La Torre è la nuora del boss Gregorio Bellocco, detenuto al 41 bis, essendo la moglie del figlio Michele. Dopo la deposizione di Rita, ha preso la parola Francesco Pesce per dire che le parole di ieri dell'ex moglie erano frutto del rancore e che non è vero che la picchiava.

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