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    Processo Crimine, iniziata requisitoria, Confermata unitarietà cosche

     

     

    Processo Crimine, iniziata requisitoria, Confermata unitarietà cosche

    27 set 11 Le parole dei boss della 'ndrangheta videoripresi dai carabinieri il primo settembre 2009, per la prima volta nella storia, nella ''riunione" annuale dei capi nei pressi del Santuario di Polsi, "ci hanno consegnato, in modo chiaro, univoco, non contestabile la loro stessa piena e certa consapevolezza di essere e fare parte tutti della stessa organizzazione mafiosa, una, sola, unitaria, la 'ndrangheta''. Così il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Michele Prestipino, ha iniziato la requisitoria nel processo con rito abbreviato a 118 imputati coinvolti nell'inchiesta Crimine, condotta nel luglio dello scorso anno dalle Dda di Reggio e Milano con l'arresto di oltre 300 persone. Una requisitoria, quella dell'accusa, che andrà avanti per almeno un paio di mesi, occupando otto o nove udienze del processo, nel corso della quale parleranno tutti i magistrati che hanno seguito il caso. Al termine le richieste saranno fatte dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri. Una 'ndrangheta, quella che emerge dalle parole dei boss, ha aggiunto Prestipino, ''con i suoi problemi interni, i suoi rapporti con le molteplici proiezioni e le articolazioni radicate nel nord Italia ed all'estero, e con il sistema delle sue 'relazioni esterne', quelle con il mondo 'altro', il mondo non mafioso, che costituisce uno dei punti di forza della 'ndrangheta, come di ogni altra organizzazione di tipo mafioso''. Prestipino ha anche sottolineato come gli elementi di prova evidenziano "tre distinti aspetti della questione centrale: l'esistenza della 'ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitaria, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria; l'esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni più importanti; l'esistenza di molteplici proiezioni di cui la più importante è 'la Lombardia', secondo il modello della 'colonizzazione', ed i rapporti tra la casa madre e tali proiezioni 'esterne'".

    Ci vorranno mesi per le richieste dei PM. Parleranno per almeno otto o nove udienze, vale a dire un paio di mesi, i pm della Dda di Reggio Calabria prima di giungere alle richieste per i 118 imputati che hanno chiesto l'abbreviato nell'ambito dell'operazione Crimine, coordinata dalle Dda di Reggio e Milano e che, nel luglio scorso, portò all'arresto di oltre 300 persone. Un tempo indispensabile per delineare i dettagli di un'operazione storica che ha permesso, coma ha sottolineato stamani il procuratore aggiunto Michele Prestipino aprendo la requisitoria, di ricostruire nel dettaglio l'unitarietà della 'ndrangheta e la sua struttura verticistica grazie alle parole stesse dei boss, filmati e intercettati in piu' occasioni. La più clamorosa delle quali, la prima in assoluto nella storia della lotta alle cosche, nel tardo pomeriggio del primo settembre 2009 nei pressi del Santuario di Polsi, quando, ha detto il pm, "sotto la statua della Madonna, i maggiori esponenti della 'ndrangheta, riunitisi in circolo secondo un antico rituale mafioso, intorno al nuovo capo crimine, Domenico Oppedisano, sancivano e ratificavano l'investitura delle cariche apicali ed i relativi assetti all'interno dell'organizzazione mafiosa". Quei fotogrammi che, ha detto Prestipino, "hanno scosso la coscienza civile e religiosa della stragrande maggioranza dei calabresi, di tutti i calabresi onesti, per i quali la criminale violazione di quel sacro luogo di culto, come ha pubblicamente testimoniato uno studioso calabrese, è stato come 'un pugno nello stomaco', violento e improvviso, ci hanno consegnato, in modo chiaro, univoco, non contestabile la stessa piena e certa consapevolezza dei boss di essere e fare parte tutti della stessa organizzazione mafiosa, una, sola, unitaria, la 'ndrangheta''. Da quelle parole e dalle prove raccolte, dunque, emerge "l'esistenza della 'ndrangheta come organizzazione di tipo mafioso unitaria, insediata sul territorio della provincia di Reggio Calabria; l'esistenza di un organo di vertice che ne governa gli assetti, assumendo o ratificando le decisioni più importanti; l'esistenza di molteplici proiezioni, oltre il territorio calabrese, di cui la più importante è 'la Lombardia', secondo il modello della 'colonizzazione', ed i rapporti tra la casa madre e tali proiezioni 'esterne'". Un'organizzazione verticistica, ed è qui la novità che emerge dall'inchiesta Crimine, guidata da un organo collegiale, definito Provincia o anche Crimine, "che ha compiti, funzioni e cariche proprie: gli organi direttivi sono costituiti dal capocrimine, dal contabile, dal mastro generale e dal mastro di giornata". La 'ndrangheta, dunque, ha detto Prestipino, si presenta ''come un'organizzazione di tipo mafioso, segreta, fortemente strutturata su base territoriale, articolata su più livelli e provvista di organismi di vertice, insediata innanzitutto nella provincia di Reggio Calabria, dove è suddivisa in tre aree, denominate mandamenti (Tirrenica, Città e Ionica), nel cui ambito insistono società e locali, composti a loro volta da 'ndrine e famiglie''. Viene così sfatata la visione parcellizzata, frammentaria e localistica della 'ndrangheta, che ''non ne ha fatto apprezzare la reale forza complessiva in termini di legami e connessioni con il mondo 'altro', sia che si tratti di pezzi delle istituzioni, sia che si tratti di settori dell'imprenditoria, sia infine che si tratti di appartenenti al mondo della pubblica amministrazione o della politica". E che il cuore pulsante della 'ndrangheta sia la provincia di Reggio Calabria, lo dimostra la vicenda dell'omicidio di Carmelo Novella, nel luglio 2008, "perché cultore del progetto 'indipendentista'". Un boss, ha ricordato il pm, parlando con un'affiliato, disse, riferendosi a Novella: "no lui è finito oramai... è finito... la provincia lo ha licenziato a lui". Un mese dopo Novella fu ucciso.

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