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    Il boss Pelle evaso dall'ospedale di Locri, non era sorvegliato

     

     

    Il boss Pelle evaso dall'ospedale di Locri, non era sorvegliato

    Antonio Pelle15 set 11 Il boss della 'ndrangheta Antonio Pelle, di 49 anni, detto ''vancheddu", ma conosciuto come "la mamma", ritenuto il capo dell'omonimo clan di San Luca protagonista della faida culminata nella strage di Duisburg, è evaso dall'ospedale di Locri dove era ricoverato da cinque giorni. L'evasione è avvenuta nel pomeriggio di ieri. Quando i medici si sono recati nella sua stanza si sono accorti che non c'era e che non era presente neanche in altri locali dell'ospedale. Pelle, condannato a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa nell'ambito del procedimento contro le cosche Nirta-Strangio e Pelle-Vottari, aveva ottenuto gli arresti domiciliari per gravi motivi di salute nell'aprile scorso su decisione della Corte d'appello di Reggio Calabria. Cinque giorni fa, l'uomo ha avuto un malore ed è stato portato al pronto soccorso dell'ospedale di Locri dove è stato ricoverato. La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, d'intesa con la procura di Locri, ha avviato un'inchiesta sull'evasione del boss Antonio Pelle dall'ospedale locrese. L'indagine mira ad accertare se il boss abbia beneficiato di aiuti interni od esterni all'ospedale per rendersi irreperibile. Pelle, nei suoi giorni di ricovero in ospedale, non era sottoposto ad un piantonamento fisso. Le forze dell'ordine si recavano a fare controlli in vari momenti della giornata. Ed è stato proprio durante uno di questi controlli che è stata scoperta l'evasione.

    Ricoverato per anoressia, era ridotto uno scheletro. Aveva ottenuto il beneficio degli arresti domiciliari per una grave forma di anoressia Antonio Pelle, il boss di San Luca, evaso dall'ospedale di Locri. A certificare la sua incompatibilità con il regime carcerario era stato un perito nominato dalla Corte d'assise d'appello di Reggio Calabria che poi, nel luglio scorso, gli aveva confermato la condanna a 13 anni di reclusione per associazione mafiosa inflittagli dal gup di Reggio nell'ambito del procedimento Fehida contro le cosche Pelle-Vottari e Nirta-Strangio. Secondo il perito, in una prima fase l'anoressia era stata autodeterminata, cioé il detenuto rifiutava il cibo volontariamente, ma successivamente la malattia si era aggravata e si era manifestata nella forma classica. "Era ridotto ad uno scheletro" si ricorda oggi in ambienti inquirenti. Da qui la conclusione dell'incompatibilità con il carcere e la concessione da parte della Corte d'assise d'appello, ad aprile scorso, degli arresti domiciliari. Che le sue condizioni fossero comunque gravi lo testimonierebbe il fatto che in alcune udienze in Corte d'appello per l'accusa di detenzione di stupefacenti relativa alla piantagione di canapa indiana trovata nel suo covo al momento dell'arresto, Pelle era stato portato in barella. Il processo per questo reato avrebbe dovuto riprendere il 29 ottobre prossimo.

    Cosca Pelle protagonisca in faida San Luca. Antonio Pelle, il boss di San Luca, evaso dall'ospedale di Locri, era stato arrestato il 16 ottobre del 2008 della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo dopo un anno di latitanza. Il boss fu sorpreso all'interno di un bunker super-tecnologico realizzato in un capannone in costruzione nelle campagne di Ardore Marina. Il rifugio era un vero e proprio mini appartamento con tre stanze: una camera da letto, un bagno, una cucina. All'interno c'era anche un settore dove fu trovata una mini piantagione di canapa indiana. All'epoca Pelle era ricercato in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione Fehida condotta contro gli affiliati alle cosche di San Luca Pelle-Vottari e Nirta Strangio, protagoniste di una sanguinosa faida culminata nella strage di Duisburg del Ferragosto 2007 in cui furono uccise sei persone ritenute dagli inquirenti affiliate proprio ai Pelle-Vottari. Pelle è stato condannato in primo grado con rito abbreviato a 13 anni di reclusione dal gup di Reggio Calabria il 19 marzo 2009. Condannato per associazione mafiosa, Pelle è comunque ritenuto dagli investigatori "il capo di quello schieramento che ha portato all'omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2007 e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte culminata con la strage di Duisburg". Un'affermazione che prende spunto dagli atti dell'inchiesta sulla strage di Duisburg dalla quale emerge che una delle vittime di Ferragosto, Marco Marmo, si era recato in Germania per procurare un furgone blindato ed un fucile di precisione che gli erano stati chiesti dalla "mamma". Il mezzo e le armi dovevano servire per uccidere Giovanni Luca Nirta, capo dell'omonima famiglia e marito di Maria Strangio, uccisa nella strage di Natale a San Luca.

    Nel bunker aveva la canapa. Lo sorpresero in un bunker super-tecnologico, nel quale aveva allestito anche una piccola piantagione di canapa indiana. Era in quel rifugio che Antonio Pelle, di 49 anni, detto ''vancheddu", ma conosciuto come "la mamma", trascorreva la sua latitanza. Pelle, adesso tornato "uccel di bosco" dopo l'evasione dall'ospedale di Locri, non era un latitante come altri. E' lui, per gli inquirenti, il capo indiscusso dell'omonima cosca di San Luca che, insieme agli alleati Vottari, ha dato vita ad una faida sanguinosa che ha avuto il suo culmine nella strage di Duisburg del Ferragosto 2007, quando furono uccise sei persone ritenute affiliate proprio alla sua cosca. Il boss era stato arrestato il 16 ottobre del 2008 della squadra mobile di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Operativo dopo un anno di latitanza. Si nascondeva in un realizzato in un capannone in costruzione nelle campagne di Ardore Marina, allestito come un vero e proprio mini appartamento con tre stanze: una camera da letto, un bagno, una cucina. Gli investigatori gli davano la caccia per un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria nell'ambito dell'operazione Fehida condotta contro gli affiliati alle cosche di San Luca Pelle-Vottari e Nirta Strangio. Per quella inchiesta Pelle è stato condannato in primo grado con rito abbreviato a 13 anni di reclusione dal gup di Reggio Calabria il 19 marzo 2009. Condanna confermata nel luglio scorso, in appello, dove ancora pende il processo per la droga trovata nel bunker. Pelle è stato condannato per associazione mafiosa, ma è comunque ritenuto dagli investigatori "il capo di quello schieramento che ha portato all'omicidio di Maria Strangio nel Natale del 2006 e che ha suscitato la reazione delle cosche opposte culminata con la strage di Duisburg". Un'affermazione che si basa sulle carte dell'inchiesta sulla strage di Duisburg dalla quale emerge che una delle vittime di Ferragosto, Marco Marmo, si era recato in Germania per procurare un furgone blindato ed un fucile di precisione che gli erano stati chiesti dalla "mamma". Il mezzo e le armi dovevano servire per uccidere Giovanni Luca Nirta, capo dell'omonima famiglia e marito di Maria Nel bunker quandi Strangio, uccisa nella strage di Natale a San Luca.

    Le ultime evasioni clamorose: L'evasione del boss della 'ndrangheta di San Luca Antonio Pelle, fuggito dall'ospedale di Locri dove era ai domiciliari, non è un caso isolato. La storia, infatti, insegna che dagli ospedali, ma anche dal carcere, fuggire non è impossibile. Tra le evasioni clamorose, quella del "principe" del narcotraffico Roberto Pannunzi, di 65 anni, ritenuto il mediatore tra la 'ndrangheta e i cartelli colombiani. Anche lui, detenuto in regime di 41 bis, approfitto', nell'aprile del 2010, di un soggiorno nella clinica romana Villa Sandra, disposto per una cardiopatia ischemica, per fuggire e fare perdere le proprie tracce. Anche in quel caso, come in quello di Pelle, non era stato disposto il piantonamento perché non previsto nel caso di arresti domiciliari. Pannunzi, tra l'altro, era recidivo. Già 11 anni prima era fuggito da una clinica romana dove era ai domiciliari. Sempre da un ospedale era evaso, nell'aprile 2008, un detenuto milanese che aveva scelto il sistema "tradizionale" delle lenzuola annodate per calarsi da una finestra del Fatebenefratelli. Nel suo caso, dopo due settimane, le porte del carcere si sono aperte di nuovo. Aveva approfittato di un trasferimento in ambulanza dal carcere di Livorno a quello di Carinola (Caserta), invece, Ilir Paja, un albanese di 38 anni, accusato di due omicidi, fuggito il 14 agosto 2007 dopo avere colpito il caposcorta durante una sosta in un'area di servizio. La sua fuga è terminata poco meno di un anno dopo in Albania. Dal carcere erano evasi, invece, nel maggio 1992, due detenuti dell'istituto di Lecco. Dopo avere annodato delle lenzuola si erano calati dal muro di cinta, ma fecero ritorno in cella già il giorno dopo. E sempre dal carcere, nel luglio scorso, è evaso Massimiliano Galastro, di 29 anni, che dopo avere approfittato di un permesso non ha fatto ritorno nella casa circondariale di Genova. L'uomo è stato poi arrestato con l'accusa di avere ucciso un uomo durante una rapina.

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