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    Kate nel Cie di Roma in attesa dell'asilo politico

     

    Kate in viaggio verso il Cie di Roma

     

    Kate nel Cie di Roma in attesa dell'asilo politico

    06 set 11 E' stata portata nel Centro Cie di Ponte Galeria, a Roma, Kate Omoregbe, la nigeriana di 34 anni che ieri ha lasciato il carcere di Castrovillari dopo avere finito di scontare una condanna per spaccio di droga e che ha chiesto asilo politico in Italia per evitare la lapidazione nel suo Paese. Kate resterà nel Centro fino a quando la sua richiesta di asilo non sarà valutata sul piano giudiziario ed amministrativo. A esaminare il primo aspetto sarà il giudice di sorveglianza di Roma, che dovrà decidere, in particolare, se sospendere la pena accessoria prevista dalla sentenza di condanna della giovane nigeriana emessa dalla Corte d'appello di Roma e confermata dalla Cassazione che stabilisce la sua espulsione dall'Italia. La decisione del giudice si baserà, in particolare, sulla valutazione dell'attuale pericolosità sociale della giovane. Sul piano amministrativo la richiesta di asilo politico avanzata da Kate Omoregbe sarà valutata dalla Commissione nazionale per il diritto di asilo del Ministero dell'Interno. I tempi di valutazione della richiesta di asilo politico, comunque, non sono brevi. Nel frattempo, secondo quanto hanno riferito fonti investigative, Kate Omoregbe resterà nel Cie di Roma e non potrà tornare in Calabria malgrado l'ospitalità offertale dal presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti.

    Rettore Unical: "Studi da noi". Kate Omoregbe, la giovane nigeriana che ha chiesto asilo politico in Italia, potrà studiare all'Università della Calabria. Lo afferma, in una nota, il rettore dell'ateneo, Giovanni Latorre. "Ho comunicato a Franco Corbelli, che ha seguito la vicenda di Kate Omoregbe fino al positivo epilogo della sua scarcerazione e della sua permanenza in Italia - afferma Latorre - la disponibilità del nostro Ateneo a dare la possibilità alla giovane nigeriana di iscriversi all'Unical, come ha dichiarato di voler fare. Nei prossimi giorni cercheremo di capire in che modo questa nostra volontà può trasformarsi nella opportunità auspicata dalla signorina Omoregbe e segnare l'inizio, anche sotto questo profilo, di una nuova fase della sua vita". "Credo fosse nostro dovere - dice ancora Latorre - muoverci in questa direzione non solo per confermare la nostra attenzione nei confronti di una donna che mostra, con forza, di voler recuperare le opportunità perdute e di aprirsi ad una prospettiva di crescita umana e personale, nel segno della libertà e dei valori civili e democratici che sono posti a fondamento del nostro Paese, ma come conferma di un ruolo, quello appunto che l'Università ha svolto, e intende portare avanti con sempre maggiore impegno, che individua nella promozione dei diritti umani, nel sostegno e nell'incoraggiamento ai più deboli, un elemento di forte caratterizzazione della sua attività e dei suoi obiettivi istituzionali".

    Solidarietà da parlamentari europee. "Va salutato con favore l'impegno del Governo Italiano in difesa della vita di Kate Omoregbe e lanciamo un appello alle autorità competenti, che stanno vagliando il caso, affinché nell'esercizio del loro dovere scongiurino il compiersi di un'atroce barbarie, quale la lapidazione, a cui sarebbe condannata la donna qualora fosse rimpatriata in Nigeria". Lo affermano, in una dichiarazione congiunta, Roberta Angelilli (Ppe/Pdl), vicepresidente del Parlamento europeo, e Patrizia Toia (S&D/Pd), vicepresidente del gruppo dei Socialisti e Democratici e componente la Commissione Sviluppo. "E' in gioco - aggiungono - il rispetto di una vita umana, principio fondamentale che deve sempre e comunque essere salvaguardato e considerato superiore a tutto. Questa vicenda deve far riflettere sulle tante Kate che ogni giorno fuggono dalla violenza e dalla guerra e di cui ignoriamo la sorte. Questa storia, inoltre, dimostra ancora una volta la forza e l'efficacia di una mobilitazione trasversale, che coinvolga istituzioni, società civile, movimenti e popolo della rete nella battaglia in difesa dei diritti umani". "Un anno fa - affermano Angelilli e Toia - il mondo si è mobilitato per Sakineh, prima ancora per Asia Bibi, oggi per Kate, tre donne condannate a morte in tre diversi Paesi di origine dove nascere donna è in sé fattore discriminante anche davanti alla legge. I Governi nazionali e le Istituzioni europee devono vigilare e compiere una continua azione politica e di sensibilizzazione delle coscienze in nome dei diritti fondamentali, dei diritti delle donne e che possa portare finalmente alla moratoria sulla pena di morte".

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