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    Crisi Porto di Gioia, Grimaldi "Aumento iva e riduzione accise e contributi"

     

     

    Crisi Porto di Gioia, Grimaldi "Aumento iva e riduzione accise e contributi"

    06 ott 11 Il porto di Gioia Tauro è stato per anni il principale hub di transhipment del Mediterraneo. Poi i transiti sono diminuiti e lo scalo è entrato in una crisi che ha portato alla cassa integrazione per oltre 400 dipendenti. La crisi, tuttavia, secondo il presidente dell'Autorità portuale, Giovanni Grimaldi, è legata alla crisi del transhipment a livello europeo e della portualità italiana. Tanto che Assoporti, in vista della propria assemblea generale del 18 ottobre, ha avanzato una serie di richieste urgenti al Governo per aiutare il settore. "Le richieste di Assoporti - dice Grimaldi all'ANSA - sono condivisibili e l'Autorità portuale di Gioia spinge per ottenere l'autonomia finanziaria, determinante per l'efficienza delle autorità, con la quale si avrà la possibilità di programmare il futuro garantendosi introiti prestabiliti negli anni. Il Governo ha dato risposte tiepide, anche se Matteoli ha dichiarato di essere in dirittura d'arrivo. Speriamo sia così. Siamo d'accordo nel riservare alla programmazione dei singoli porti l'aumento dell'1% dell'Iva prodotta dal porto stesso o di una quota parte. Darebbe la possibilità di sapere subito l'entità delle entrate di cui l'Autorità potrà disporre. Sono provvedimenti urgenti e necessari per la sopravvivenza del porto, che altrimenti è destinato a soccombere". Oltre a questo, come è possibile invertire la tendenza al calo dei transiti a Gioia Tauro? "Siamo di fronte - spiega Grimaldi - ad una crisi del transhipment a livello europeo che a Gioia si aggrava perché è di puro ed esclusivo transhipment. E' una peculiarità che, data la crisi di settore, diventa un aspetto negativo. Sono state prospettate diverse soluzioni. E' stato ampiamente dimostrato che il solo abbattimento delle tasse d'ancoraggio non può essere risolutivo. Del resto, l'abbandono della Maersk ne è stata la prova. E' chiaro che altre soluzioni dovranno essere intraprese. Tra queste la riduzione delle accise sui prodotti energetici già largamente praticata in Europa, che comporterebbe una riduzione per le aziende di circa 4,5 milioni di euro. Altro provvedimento che può concorrere a risollevare le sorti del porto di Gioia è la riduzione del 45% dei contributi sociali delle società private, autorizzate ai sensi degli articoli 16-17-18 della legge 84/94, per esempio per un tempo limitato di 3 anni. E' una misura importante per il nostro scalo, considerato che dei 18 mln annui di contributi sociali versati per i tre porti di transhipment ben 12 riguardano Gioia. Si potrebbe ottenere un risparmio di 8,1 mln di oneri sostenuti dalle aziende che, verosimilmente, rinuncerebbero per lo stesso periodo ai licenziamenti. Non di minore importanza sono i costi dei servizi tecnico-nautici (ormeggiatori, rimorchiatori, pilotaggio), che nei porti di transhipment sono superiori del 25% rispetto a Port Said. Si potrebbe provare a liberalizzare il settore per creare concorrenza e quindi ridurre i costi. Per aumentare la competitività sarà realizzato il gateway ferroviario, di cui a breve sarà pubblicata la manifestazione d'interesse europea per costruzione e gestione, una strategica infrastruttura che permette al porto di essere inserito in un sistema intermodale per rispondere alla sua naturale vocazione. Ciò è in antitesi con l'ipotesi di modifica del Corridoio 1. Nuocerebbe, oltre che al Ponte sullo Stretto, anche al porto che verrebbe isolato dalle più importanti vie di comunicazione in collegamento con Italia e Europa. Credo sia opportuno che la politica si muova efficacemente affinché la Commissione europea, il 19 ottobre, non proceda alla modifica che potrebbe causare una flessione per l'intero mercato europeo". E' vero che nel togliere risorse a Gioia gli scali del Nord Italia potrebbero avere maggiori quote da spartirsi? "Non credo - dice Grimaldi - si possa verificare questo. Basta soffermarsi sull'analisi dei traffici per comprendere che al calo dei container movimentati su Gioia corrisponde una crisi generale dei porti italiani che, in modo più o meno esclusivo, fanno transhipment. Credo non sia un caso che i traffici di Valencia, se si esaminano i dati disaggregati, siano cresciuti, ma per effetto dell'import-export e non dai movimenti dei container". Il porto di Gioia, adesso, si basa essenzialmente su Msc. Bisogna trovare altri clienti? "Avere un mono cliente - dice Grimaldi - è sempre negativo perché pone in stretto legame la crescita di uno scalo con le scelte della compagnia. E' chiaro che una sana concorrenza è stimolante e favorevole allo sviluppo. Gioia deve avere al più presto altri clienti, compatibili con gli andamenti dei traffici e tenendo, comunque, presente che alcune compagnie hanno già trovato 'casa', vedi l'Evergreen che si è spostata da Taranto al Pireo. Allo stesso tempo non bisogna trascurare le difficoltà di acquisire nuovi clienti, vista l'agguerrita concorrenza dei porti del Nord Africa che hanno costi irrisori rispetto a quelli europei. Credo sia necessario assumere provvedimenti strutturali e non solo di marketing e di sponsorizzazione. Bisogna creare le condizioni per abbattere un insieme di costi". Le infrastrutture dello scalo garantiscono l'approdo delle grandi portacontainer? "Gioia - risponde Grimaldi - è il migliore scalo infrastrutturato del Mediterraneo, dotato già di 2 chilometri di banchina con fondali compresi tra 16 e 18 metri. Sono stati completati i lavori di allargamento del canale, che ora ha una larghezza di 250 metri nella parte iniziale. Questi parametri attribuiscono allo scalo le condizioni ottimali per essere idoneo all'approdo di navi oceaniche di ultima generazione che più volte hanno fatto scalo a Gioia. Esiste altresì un Apq, adottato dalla Regione, che prevede opere infrastrutturali tra cui l'approfondimento di un altro km di banchina che porterà a 3 km la disponibilità di accosto per queste navi. Non siamo di fronte ad un problema infrastrutturale ma di costi del transhipment".

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