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    Pentita depone contro cosca Pesce a Milano

     

     

    Pentita depone contro cosca Pesce a Milano

    24 nov 11 "Volevano farmi uccidere da mio fratello perché, dicevano, essendo disabile non sarebbe stato condannato. E lo decisero durante una riunione alla quale era presente anche mio padre". E' una parte del racconto fatto oggi dalla collaboratrice di giustizia Rosa Ferraro che dal giugno del 2006 vive sotto protezione in una località segreta dopo che é stato scoperto un progetto di omicidio ai suoi danni da parte di appartenenti alla cosca Pesce di Rosarno. Rosa Ferraro ha deposto oggi nel processo al clan Pesce davanti ai giudici del Tribunale di Palmi (Reggio Calabria) in trasferta nell'aula bunker di Milano, dove l'udienza si è svolta per proteggere la sicurezza della testimone. La donna ha iniziato a deporre protetta da un paravento, ma alla fine, dietro le insistenze di alcuni legali degli imputati che chiedevano fosse tolto e nonostante il parere contrario del pm, Alessandra Cerreti, la copertura è stata tolta per espressa volontà della testimone. "Non ho paura a farmi vedere" ha detto. In aula, oltre ai giudici del Tribunale ed al pm, c'erano una decina di avvocati. Gli imputati, infatti, hanno rinunciato alla trasferta ed hanno seguito l'udienza in videoconferenza dal Tribunale di Palmi dove si trovavano anche gli altri difensori. La testimone, rispondendo alle domande del pm, ha riferito di avere scoperto il 18 maggio del 2006, durante una perquisizione della guardia di finanza, di essere intestataria di un supermercato che sapeva essere di Salvatore Pesce, suo zio, e padre di Giuseppina Pesce, anche lei collaboratrice di giustizia. "Affrontai Salvatore - ha detto Rosa Ferraro - e lui mi disse che se non me ne andavo da Rosarno entro 24 ore sarei finita sotto terra". La donna ha poi riferito di essere stata minacciata, nei giorni successivi al colloquio, una prima volta da due napoletani e poi da tre persone tra le quali ha indicato Rocco Palaia, marito di Giuseppina Pesce. Il primo giugno 2006, infine, ha raccontato Rosa Ferraro, "mio fratello mi disse che aveva partecipato ad una riunione con i miei familiari e che lo avevano incaricato di uccidermi perché non avrebbe corso rischi. Me lo disse davanti a mio padre al quale chiesi come avesse potuto partecipare ad una riunione del genere. Lui mi rispose che 'si deve fare'. Dopo quell'episodio mi resi conto che per me non c'era speranza ed il giorno dopo andati alla guardia di finanza a denunciare tutto. Lo stesso fece mio fratello". A questo punto Rosa Ferraro è scoppiata a piangere e l'udienza è stata aggiornata a domani.

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