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    Fabbricavano prove false, 3 arresti in Calabria. Tra loro un poliziotto

     

     

    Fabbricavano prove false, 3 arresti in Calabria. Tra loro un poliziotto. lettere anonime a parenti Fallara

    17 nov Manipolavano informazioni in loro possesso anche per ragioni d'ufficio e le offrivano, in una logica ricattatoria, ai congiunti di persone a vario titolo coinvolte, realmente o solo ipoteticamente, in vicende giudiziarie. Per tale motivo tre persone, una delle quali è un poliziotto, sono state arrestate dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria per associazione per delinquere finalizzata alla violenza privata, tentata truffa, falso e sostituzione di persona. L'inchiesta ha riguardato, tra l'altro, l'invio di lettere anonime a parenti di Orsola fallara, la dirigente dell'ufficio tributi del Comune di Reggio che si è suicidata nel dicembre scorso, il tentativo di fornire materiale probatorio falso che avrebbe dimostrato l'innocenza di Alessandro e Giuseppe Marcianò, padre e figlio, condannati per concorso nell'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale Francesco Fortugno ed anche il tentativo di fornire materiale probatorio falso per dimostrare la colpevolezza della famiglia Salerno e quindi l'innocenza di Tommaso Costa in relazione all'accusa di concorso nell'omicidio del commerciante Gianluca Congiusta. I particolari dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alla 11 al Comando provinciale dei carabinieri di Reggio alla quale parteciperà il procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza.

    E' un agente che prestava servizio al Nucleo operativo di protezione di Reggio Calabria, il poliziotto arrestato stamani dai carabinieri con l'accusa di essere l'organizzatore di una associazione a delinquere finalizzata alla violenza privata, tentata truffa, falso e sostituzione di persona. Si tratta di Antonino Consolato Franco, di 51 anni, che è stato arrestato insieme alla moglie, Rosa Bruzzese, di 42 (posta ai domiciliari) e di un odontotecnico, Angelo Belgio, di 40. L'agente, nel corso delle indagini, è stato trasferito ai servizi tecnici della Questura di Vibo Valentia. I tre, secondo l'accusa, chiedevano somme di denaro ai familiari di persone indagate o che loro stessi dicevano lo fossero, in cambio di informazioni e di documentazione. Franco, in particolare, grazie al lavoro svolto aveva informazioni riservate su alcune indagini, individuava le persone a cui chiedere il denaro, stabiliva la strategia da seguire, predisponeva la documentazione da utilizzare in occasione dei singoli reati fine, impartiva disposizioni agli altri associati, manteneva, anche personalmente, i contatti con le vittime. Angelo Belgio, invece, secondo l'accusa, coadiuvava Franco fornendogli supporto logistico ed informativo, accompagnando negli spostamenti e tenendo il materiale da utilizzare per i ricatti. Rosa Bruzzese, infine, eseguiva le disposizioni del marito mettendo anche a disposizione del gruppo schede telefoniche intestate a terzi ignari da utilizzarsi nelle comunicazioni con le vittime grazie al suo lavoro in un negozio di telefonia. Dalle indagini è emerso che in tutti i casi accertati c'era una identità del modus operandi, l'identità del linguaggio e dei metodi di scrittura. Tutti gli episodi presi in considerazione si sono verificati in un brevissimo arco temporale, che va dal mese di gennaio al mese di aprile 2008.

    Minacce alla Fallara: Il poliziotto arrestato stamani dai carabinieri del Comando di Reggio Calabria insieme alla moglie e ad un odontotecnico, aveva inviato delle lettere anonime a Orsola Fallara, la dirigente dell'ufficio tributi del Comune di Reggio che si è suicidata nel dicembre scorso, facendole credere che stava per essere emesso nei suoi confronti un'ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nelle lettere, fatte arrivare a Paolo Fallara prima del suicidio della sorella, i tre si dichiaravano disponibili, in cambio di 30 mila euro, a consegnare all'interessata copia del provvedimento cautelare e dell'informativa su cui si basava e di farle sapere in anticipo il momento dell'arresto. Paolo Fallara, però, si rivolse ai carabinieri che nel corso di un appostamento in una località dove doveva avvenire una prima consegna di 13 mila euro, fermarono il vice sovrintendente della polizia Antonino Consolato Franco e Angelo Belgio. Franco si giustificò dicendo che attendeva un informatore per ottenere notizie per la cattura di latitanti. Una giustificazione che non convinse i carabinieri, visto che il poliziotto, all'epoca, prestava servizio al Nucleo operativo di protezione. La moglie di Franco, Roza Bruzzese, impiegata nel negozio di telefonia "Top Line Service" di Reggio Calabria di proprietà del cognato di Paolo Fallara, aveva attivato sim card intestate a soggetti diversi dai reali utilizzatori, agevolando il marito. la donna, inoltre, aveva fatto pressioni su una collega per attivare altre schede. Alcune schede, secondo l'accusa, sarebbero state fornite anche da Mihaela Motas, di 40 anni, romena, anche lei impiegata nel settore della telefonia. Oltre che alla Fallara, i tre hanno tentato di truffare anche alcuni familiari di Alessandro e Giuseppe Marciano, padre e figlio, condannati all'ergastolo in appello per l'omicidio del vice presidente del Consiglio regionale Franco Fortugno, ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005, prospettando loro documenti comprovanti l'estraneità dei due in cambio di 10 mila euro. Infine, Franco fece pervenire Mario Congiusta, padre del commerciante Gianluca ucciso a Siderno, una lettera anonima in cui sosteneva falsamente che esisteva materiale idoneo a dimostrare la colpevolezza di una famiglia e di conseguenza l'innocenza di Tommaso Costa, in relazione all'omicidio del figlio. Costa è stato condannato all'ergastolo in primo grado nel dicembre scorso. Nella lettera si diceva che se Congiusta non avesse pagato 50 mila euro, il materiale sarebbe stato consegnato ai Costa.

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