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    Pignatone e Gratteri: Boss Pelle vagava nel porto di Gioia

     

     

    Pignatone e Gratteri: Boss Pelle vagava nel porto di Gioia

    10 nov 11 I carabinieri lo hanno arrestato mentre vagava nell'area portuale, forse alla ricerca di un contatto. E' finita così ieri la latitanza di Sebastiano Pelle, 57 anni, ricercato tra i trenta più pericolosi d'Italia, condannato definitivamente a 14 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti, lasciatosi ammanettare senza opporre resistenza. Non aveva documenti addosso e neppure borse, telefoni cellulari o contenitori. "Non è molto cambiato nei tratti somatici - ha detto il procuratore capo Giuseppe Pignatone - e l'importanza della sua cattura sottolinea la capacità e la volontà dello Stato di garantire la sicurezza dei territori e di rendere effettive le sentenze emesse che non devono restare solo sulla carta". Per il procuratore aggiunto Nicola Gratteri, delegato delle indagini sulla fascia ionica reggina, "la cattura di Sebastiano Pelle è indicativa del fatto che il personaggio ricopra ruoli di primissimo piano organizzativo nella ndrangheta e nella cosca d'origine. Non poteva non essere che nella provincia di Reggio - ha commentato Gratteri - anche se in questi anni le cosche di San Luca hanno subito durissimi colpo dallo Stato e sottoposte a costanti controlli di polizia. Come emerge da molte indagini - ha proseguito Gratteri - la carica di 'crimine' è stata sottratta alle 'famiglie' sanluchesi ed attribuita a 'Mico' Oppedisano, a causa degli scontri sanguinosi dovuti alla faida all'interno del 'locale'. Sebastiano Pelle è nipote del defunto boss Antonio Pelle detto 'gambazza' e non è mai stato inquisito per reati mafiosi. "E' un arresto che corona un impegno investigativo accurato e prolungato - ha detto il generale Mario Parente, comandante del Ros - frutto dell'implementazione di delicati servizi investigativi". Il tenente colonnello Marco Russo, comandante del Ros di Reggio Calabria, ha infatti parlato "di pedinamenti e analisi di decodifica di risultanze di Gps, che hanno portato alla conclusione che il porto di Reggio era divenuto un luogo 'caldo' di particolare interesse investigativo, con automezzi che si muovevano in orari poco logici. Le analisi ci hanno dato ragione".

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