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    Giudice arrestato ad Imperia, favorì pregiudicati calabresi

     

     

    Giudice arrestato ad Imperia, favorì pregiudicati calabresi

    19 mag 11 La 'cortesia' di dare parere negativo alla questura di Imperia che chiedeva di applicare la sorveglianza speciale a un pregiudicato aveva un prezzo. E questo prezzo era naturalmente a carico del pregiudicato in questione. Pregiudicato che si è premurato di promettere una certa somma di denaro al giudice che doveva dare il proprio parere sulla richiesta della polizia. Si chiama corruzione in atti giudiziari ed è uno degli spunti che la procura di Torino ha portato dal gip per ottenere l'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari per il giudice Gianfranco Boccalatte, presidente del tribunale di Imperia. Da oggi dunque Boccalatte, che nell'inchiesta era indagato, é agli arresti in quel di Limone Piemonte, 1500 abitanti sulle montagne di Cuneo, dove ha una casa. In carcere invece sono finiti quelli che la procura di Torino ha identificato come suoi sodali, e nel caso appena citato, corruttori: oltre a Giuseppe Fasolo, autista-factotum del giudice già detenuto alle Vallette di Torino, accusato con Boccalatte di corruzione in atti giudiziari e millantato credito tentato, anche due pregiudicati calabresi che frequentavano, come dimostrano video e foto della questura, la casa del giudice. Si tratta di Nicola Sansalone e Leonardo Michele Andreacchio. Proprio a quest'ultimo, la procura di Torino contesta la corruzione del giudice Boccalatte che avrebbe dovuto esprimere quel famigerato parere negativo sulla proposta della questura di Imperia. Gli altri due episodi per i quali "sussistono gravi indizi di colpevolezza", così gravi da costringere la procura a richiedere al giudice per le indagini preliminari provvedimenti senz'altro restrittivi sono quelli che riguardano il millantato credito, consumato e tentato, da Fasolo e Sansalone. L'episodio del millantato credito consumato, che coinvolge anche Boccalatte, vede protagonisti sia il giudice che il suo autista Fasolo e Nicola Sansalone. Secondo l'accusa i tre avrebbero promesso, ovviamente dopo un'offerta di denaro, l'esito favorevole di un'istanza di detenzione domiciliare presentata da una persona condannata e avanzata al tribunale di sorveglianza di Genova. Secondo episodio analogo, anche se questa volta il millantato credito è solo 'tentato': Sansalone e Fasolo hanno, secondo le indagini, contatti con un detenuto e, sempre dietro promessa di un congruo compenso, promettono di interessare terze persone in grado di influire sul tribunale della Libertà di Genova per ottenere l'accoglimento di un'istanza di una misura cautelare meno afflittiva del carcere.

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