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    Veleni a Reggio Calabria, boss pentito Lo Giudice accusa, Pm reagiscono

     

     

    Veleni a Reggio Calabria, boss pentito Lo Giudice accusa, Pm reagiscono

    13 mag 11 A Reggio Calabria tornano i veleni. E' un memoriale inviato dal boss pentito Antonino Lo Giudice ai giudici del Tribunale della libertà di Catanzaro (che hanno confermato il suo arresto) in cui fa il nome di tre magistrati che, a suo dire, erano legati al fratello Luciano "per motivi illeciti e convenienze", a rinfocolare le polemiche. Due dei tre magistrati, il procuratore aggiunto della Dna Alberto Cisterna ed il sostituto procuratore generale di Reggio Francesco Mollace, un passato da pm nella Dda (nessun commento é venuto dall'ex sostituto procuratore generale Francesco Neri), però, non hanno perso tempo ed hanno reagito alle parole del pentito, definendo molto grave che siano uscite rivelazioni sull'arresto del super boss latitante Pasquale Condello, detto il "supremo" per il suo carisma e spessore criminale. Lo Giudice aveva già fatto i nomi di Mollace e Cisterna nelle deposizioni alla base dell'arresto dello stesso pentito, del fratello Luciano e di altre due persone per le bombe esplose nel 2010 contro la Procura generale di Reggio e l'abitazione del procuratore generale Salvatore Di Landro e l'intimidazione al procuratore della Repubblica Giuseppe Pignatone. Nel memoriale, però, ha fatto un riferimento all'arresto di Condello scrivendo: "é stato interpellato personalmente Cisterna per volere mio e per motivi che sono riservati al procuratore". Cisterna, chiamato direttamente in causa, ha spiegato di avere saputo che in ambienti criminali è circolata la voce, "anche imprecisa", su un ruolo svolto dal suo ufficio nella cattura di Condello e si è detto "convinto che a tali voci debbano ricondursi i fastidi finora subiti per questa vicenda". Il magistrato ha aggiunto che "doveri istituzionali che prescindono dalla mia persona e dalla mia disponibilità mi hanno imposto e mi impongono l'assoluto silenzio sul punto. Si tratta di una questione delicata che non può essere trattata in modo spregiudicato e avventuristico poiché coinvolge la vita di colleghi e di altre persone e vede in discussione interessi superiori della Repubblica". Per Cisterna, dunque, quello che il pentito dice "é frutto di una fantasia probabilmente indotta e malcostruita che è smentita da ciò che è già stato accertato". Anche Mollace, che per anni, quando era alla Dda, ha dato la caccia a Condello, ha ricondotto in qualche modo a quell'arresto le parole di Lo Giudice: "in questi mesi, per senso del dovere e lealtà ai miei obblighi, insinuazioni, calunnie e bugie sul conto mio e di altri colleghi, ho avvertito come reazione punitiva, certamente orchestrata non si capisce ancora da chi, a quanto era stato fatto e ancora adesso si continua a fare". Condello è stato arrestato la sera del 18 febbraio 2008 in un appartamento di Pellaro, quartiere alla periferia sud di Reggio, dai carabinieri del Ros che organizzarono un blitz con 100 uomini per essere certi di prenderlo dopo 20 anni di latitanza e fargli scontare i quattro ergastoli (uno per l'omicidio dell'ex presidente delle Fs, Lodovico Ligato, ucciso a Reggio Calabria nel 1989) e i 22 anni di reclusione per omicidio, associazione mafiosa ed altro. Durante la sua latitanza Condello fu equiparato a Bernardo Provenzano sia per l'importanza del personaggio che per le difficoltà nella sua cattura. Ma dopo l'arresto venne fuori un altro elemento comune: i pizzini. Nel suo covo ne furono scoperti talmente tanti che un investigatore disse: "Bernardo Provenzano in confronto era un dilettante".

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