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    PM Cisterna replica ad accuse boss pentito

     

     

    PM Cisterna replica ad accuse boss pentito "Lo Giudice ha ricordi indotti, tutto ruota ad arresto Condello"

    13 mag 11 "Apprendo e non mi sorprende, che in circuiti mafiosi è circolata una voce, anche imprecisa, su un ruolo svolto dal mio ufficio e quindi da me al fine di pervenire alla cattura del famigerato Pasquale Condello. Sono convinto che a tali voci debbano ricondursi i fastidi finora subiti per questa vicenda". A sostenerlo è il procuratore aggiunto della Dna, Alberto Cisterna, in merito al memoriale del pentito Antonino Lo Giudice. Nella lettera, Lo Giudice afferma che in merito all'arresto del superlatitante Condello, "é stato interpellato personalmente il dottore Cisterna per volere mio e per motivi che sono riservati al procuratore". "Si accontenti, per il momento, la pubblica opinione - ha aggiunto stamani Cisterna - di ciò che è stato disvelato sul punto sia pure in termini erronei". "Doveri istituzionali che prescindono interamente dalla mia persona e dalla mia disponibilità mi hanno imposto e mi impongono l'assoluto silenzio sul punto per come imposto dalle norme di legge. Ho più volte detto che si tratta di una questione delicata che non può essere trattata in modo spregiudicato e avventuristico poiché coinvolge la vita di colleghi e di altre persone e vede in discussione interessi superiori della Repubblica". Secondo Cisterna tutto ciò che è stato detto "é frutto di una fantasia probabilmente indotta e malcostruita che è smentita da ciò che è già stato accertato. Non vorrei che ci siano in discussione questioni sulla chiara inaffidabilità di Antonino Lo Giudice su molti punti di questa vicenda, rilevata anche dal provvedimento giudiziario che lo riguarda, nella ricostruzione della vicenda di Catanzaro, stigmatizzata anche dal gip di Catanzaro. E credo di poter dire che abbia altre motivazioni che risalgano ad altri contesti".

    ''L'unica cosa che so è che ho fatto una segnalazione ed è stata salvata la vita di un giovane". Lo ha detto il procuratore aggiunto della Dna, Alberto Cisterna, in merito al memoriale del boss pentito Antonino Lo Giudice in cui fa riferimento ad un interessamento del magistrato per la scarcerazione del fratello Maurizio, collaboratore di giustizia. "Chissà - ha aggiunto - Antonino Lo Giudice quali ricordi sovrapposti, confusi o indotti ha sull'argomento. Luciano Lo Giudice mi disse di questo ragazzo gravemente malato ed essendo un collaboratore sotto protezione segnalai la cosa ai magistrati che se ne occupavano e quel ragazzo, che arrivò a pesare 45 chili, venne salvato grazie all'intervento del collega Macrì. Per il resto non so e non ho mai saputo se sia detenuto o se sia stato liberato perché non me ne sono mai interessato. Posso dire che apprezzai il gesto di Luciano Lo Giudice perché, malgrado un certo clima sociale in cui sappiamo tutti cosa vuol dire essere parenti di un collaboratore, ebbe attenzione per un fratello. Tutto ciò l'ho riferito al procuratore nazionale ed alla Dda di Reggio ed è già agli atti del procedimento". In merito poi ai contatti avuti con Luciano Lo Giudice, ha detto di escludere "categoricamente che questi 70 contatti possano essere, complessivamente, più di 7 o 8 minuti in due anni e mezzo e sono in gran parte da ricollegare al ricoverato del figlio di Luciano Lo Giudice, un bambino di tre anni autistico. Mi chiese se poteva essere in qualche modo curato in un ospedale specializzato. E risulta chiaramente agli atti"

    L'arresto nel 2008: Lo avevano inseguito per 20 anni, senza mai riuscire a raggiungerlo. Sino alla sera del 18 febbraio 2008 quando, in un appartamento del rione Pellaro, alla periferia sud di Reggio Calabria, i carabinieri del Ros misero a segno un colpo "storico" per la Calabria: l'arresto del superboss Pasquale Condello, conosciuto come il "supremo" per il suo carisma e spessore criminale. Quell'arresto, adesso, torna d'attualità con il memoriale depositato al Tribunale del riesame di Catanzaro dal boss pentito Antonino Lo Giudice, in cui accenna alla vicenda e che ha provocato le reazioni dei magistrati Alberto Cisterna, procuratore aggiunto della Dna, e Francesco Mollace, ora alla procura generale ma con un lungo passato alla Dda di Reggio Calabria. Per stanare il boss fu organizzato un blitz al quale parteciparono un centinaio di carabinieri. Verso le 20 del 18 febbraio, a piccoli gruppi, i militari fecero irruzione in alcuni appartamenti di due palazzine fino a quando trovarono Condello il quale, benché armato, non fece resistenza. Ai militari lo ammanettavano, con tono freddo e distaccato, da vero boss, si limitò a dire: "Non c'entro niente con queste inchieste, con la guerra di mafia e con le nove ordinanze che avete emesso nei miei confronti". Latitante dal 1988 (il 7 luglio 1993 le sue ricerche erano state diramate in campo internazionale), quando uscì di carcere pagando una cauzione di 100 milioni di vecchie lire e fece perdere le proprie tracce, Condello deve scontare quattro ergastoli (uno dei quali per l'omicidio dell'ex presidente delle Fs, Lodovico Ligato, ucciso a Reggio Calabria nel 1989) e 22 anni di reclusione per omicidio, associazione mafiosa ed altro. Condello era ritenuto l'esponente più importante della 'ndrangheta tanto da essere ''equiparato" come disse un investigatore e l'allora ministro dell'Interno, Giuliano Amato, alla figura di Bernardo Provenzano in Sicilia, al quale era accomunato anche per via della lunga latitanza. Il boss ha segnato la storia delle cosche di Reggio Calabria, uscendo indenne dalla prima e della seconda guerra di mafia a Reggio che provocò, negli anni '80, mille morti ammazzati. Ad accomunarlo a Provenzano c'era anche un altro particolare: i pizzini che usava per comunicare con gli affiliati alla cosca. Nel covo in cui fu scoperto, un appartamento decoroso, ma non lussuoso, ne furono trovati in quantità, tanto che ad un investigatore sfuggì la battuta "Bernardo Provenzano in confronto era un dilettante", a significare l'uso sistematico che il "supremo" faceva dei pizzini. Pizzini che da due anni sono in mano agli inquirenti e che costituiscono, tuttora, una miniera di notizie.

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