NuovaCosenza.com
Google
su tutto il Web su NuovaCosenza
mail: info@nuovacosenza.com
Home . Cronaca . Politica . Area Urbana . Speciali . Video . Innovazione . Universtitą . Spettacoli . Sport . Calcio . Meteo .
 

      Condividi su Facebook

    Tenevano gli operai in schiavita' arrestati propietari circo a Vibo

     

     

    Tenevano gli operai in schiavita' arrestati propietari circo a Vibo

    05 mag 11 Costretti a lavorare 18 ore al giorno e privati dei passaporti senza poter riposare e ridotti per la paga misera a procurarsi il cibo chiedendo l'elemosina. E' il "calvario" raccontato da alcuni dipendenti di nazionalità bulgara del circo Wanet Togni ai carabinieri che hanno arrestato la titolare del circo Egle Lozopone ed il figlio Giuseppe Mavilla con l'accusa di violenza privata e riduzione in schiavitù. I lavoratori, operai e artisti circensi, si sono presentati spontaneamente dai militari raccontando di avere accettato di lavorare con la speranza di guadagnarsi da vivere e di mandare qualche soldo a casa. In realtà, secondo quanto riferito, la proprietaria ed il figlio hanno sequestrato loro i documenti per impedirgli di allontanarsi, sottoponendoli a turni di lavoro massacranti. Il tutto, senza alcuna garanzia contrattuale, per una ricompensa che si aggirava sui 150 euro al mese, concesse a rate di 20 o 30 euro. Ai dipendenti veniva consentito di allontanarsi dal campo del circo solo per andare a distribuire i biglietti per le strade e sempre sotto stretta sorveglianza. I militari raccolte le dichiarazioni si sono recati sul luogo dove è stato allestito il tendone per controllare i documenti degli immigrati e hanno potuto verificare le condizioni igieniche in cui i bulgari erano costretti a vivere. In 7 dividevano una serie di loculi ricavati sul piano di carico di un camion, privi di riscaldamento, acqua corrente e gas. Il bagno, privo di acqua e sapone, era in comune con decine di persone. Stessa situazione per alcuni artisti. Gli immigrati sono stati accompagnati in una struttura di accoglienza.

    Tutto comincia nel pomeriggio di ieri quando alcuni dipendenti del circo Wanet Togni, da alcuni giorni in città, si presentano, accompagnati da alcuni sindacalisti, presso la Stazione Carabinieri di Vibo Valentia e cominciano a raccontare la loro incredibile vicenda. Da tempo lavorano per Egle Lozopone, titolare del circo del ’78, e per il figlio Giuseppe Mavilla, 36 anni, e, secondo quanto emerso dal racconto degli operai e degli artisti circensi che si sono presentati spontaneamente ai militari dell’Arma, quello che doveva essere un lavoro onesto in grado di consentirgli di guadagnarsi da vivere e di mandare qualche soldo a casa si è presto rivelato una vera e propria prigionia. Infatti, raccontano alcuni cittadini bulgari che hanno avuto il coraggio di rompere il muro di omertà e raccontare la propria incredibile vicenda, la proprietaria ed il figlio, appena sono arrivati presso il circo, gli hanno immediatamente sequestrato documenti e bancomat per impedirgli di allontanarsi e li hanno sottoposti a turni di lavoro massacranti che cominciavano alle 6 e mezza del mattino per non finire prima di mezzanotte. Un vero e proprio calvario che veniva ricompensato, solo quando loro insistevano per avere qualche soldo per comprarsi da mangiare, con non più di 150 euro al mese, concesse a rate di 10 o 20 euro. Come se non bastasse veniva loro consentito di uscire dal campo del circo solo per andare a distribuire i biglietti per le strade, ma sempre sotto stretta sorveglianza per impedirgli di fuggire o di raccontare a qualcuno dei soprusi che giornalmente dovevano sopportare. Appena udite queste dichiarazioni, al fine di verificarle, gli uomini dell’Arma si sono recati sul posto rinvenendo, nel caravan della donna, i documenti degli immigrati e scoprendo come le condizioni igieniche in cui i bulgari erano costretti a vivere erano, a dir poco, disumane. Infatti in 7 dividevano una serie di loculi ricavati sul piano di carico di un camion, privi di riscaldamento, acqua corrente e gas. Costretti a recarsi su di un altro camion dove era stato allestito un improvvisato bagno, condiviso da decine di persone al giorno, in condizioni igieniche che definire fatiscenti sarebbe un eufemismo, spesso privi di acqua o dello stesso sapone. In aggiunta costretti a comprare da mangiare con i pochi soldi che ogni tanto, la donna ed il figlio, si rassegnavano a concedere in cambio dei massacranti turni di lavoro, svolti senza il benché minimo contratto o forma assistenziale. E situazione analoga vivevano anche alcuni artisti, costretti a vivere in roulotte fatiscenti, continuamente inondate dall’acqua piovana, senza finestre e senza riscaldamento. Una situazione ben oltre i confini del normale che ha portato gli uomini dell’Arma a sequestrare il camion dormitorio ed a dichiarare in arresto madre e figlio con le pesanti accuse di violenza privata e riduzione in schiavitù. Ora per tutti l’incubo può dirsi concluso grazie all’intervento degli uomini della Benemerita che, in una sola notte, hanno posto fine all’incredibile vicenda di soprusi che, per troppo tempo, ha condizionato le vite dei dipendenti del circo. I militari dell’Arma, al termine della triste vicenda, si sono inoltre occupati di scortare le incolpevoli vittime presso il circo per recuperare i pochi oggetti di proprietà e dopo li hanno personalmente accompagnati presso una struttura in grado di ospitarli per qualche tempo in attesa di poter riprendere una vita normale.

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    Cerca con nell'intero giornale:

    -- >Guarda l'indice delle notizie su: "Cronaca e Attualità "

     

     

 


    Facebook
 Ultime Notizie
 

Multimedia


 

Web TV -  Video

 

 
Home . Cronaca . Politica . Area Urbana . Speciali . Video . Innovazione . Universtitą . Spettacoli . Sport . Calcio . Meteo .

Copyright © dal 2004 Nuova Cosenza. Quotidiano di informazione. Registrazione Tribunale Cosenza n.713 del 28/01/2004 - Direttore Responsabile: Pippo Gatto
Dati e immagini presenti sul giornale sono tutelati dalla legge sul copyright. Il loro uso e' consentito solo previa autorizzazione scritta dell'editore