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    La responsabilità e il ruolo dei cittadini a Tabularasa

     

     

    La responsabilità e il ruolo dei cittadini a Tabularasa

    22 lug 11 "Quando Giulio Andreotti ha dichiarato che Giorgio Ambrosoli, mio padre, in fondo se l'andava a cercare, la ferita più grande per me non ha riguardato la figura di mio padre, perché per ciascuno parla la propria storia, ma la riflessione spontanea secondo la quale per un personaggio che è stato sette volte Presidente del Consiglio e che ha scritto buona parte della storia del Paese possano esistere altri modi, evidentemente omissivi ed elusivi della responsabilità connesse all'espletamento di cariche e ruoli pubblici di interpretare il proprio ruolo. E questo, oltre che amareggiare lascia spazio ai pensieri relativi a come Giulio Andreotti stesso abbia interpretato, nei decenni, il proprio, di ruolo." Umberto Ambrosoli, di fronte ad una platea debordante, in occasione della dodicesima serata di Tabularasa,l'iniziativa di Urba-Strill.it in corso a Reggio Calabria, ha strappato applausi convinti attraverso continui, costanti richiami al senso di responsabilità di ciascuno, come persona, come cittadino, come figlio, padre, coniuge, nella nostra Italia moderna. "E' rilevante" - ha proseguito Ambrosoli - il fatto che chi dice certe cose o, peggio, sceglie determinati comportamenti e atteggiamenti, di fatto abdichi alle responsabilità istituzionali che ha ricoperto o ricopre, asserendo implicitamente di essere migliore degli altri, quegli altri, in senso lato, in nome dei quali qualunque amministratore pubblico opera e che spesso non esistono, nemmeno nella parte più recondita della mente. Attualmente in Italia il senso di responsabilità da parte di molti cittadini è tangibilissimo, ma se guardiamo al potere, molte volte ci coglie un po' lo sconforto perché pensiamo che tutto sia assolutamente negativo. E allora la prima reazione che si percepisce è dire: 'dunque sono anch'io autorizzato a comportarmi con gli stessi caratteri di egoismo e autoreferenzialismò. Ma non è affatto così. Noi abbiamo la capacità e l'autonomia di decidere chi ci rappresenta. Se pensiamo che il nostro peso politico si esaurisca con il voto messo nell'urna, non comprendiamo le nostre potenzialità. C'é uno spazio enorme per agire, uno spazio da riempire fieramente. Infatti ci sono decine di persone che decidono di declinare la loro vita in bene. E proprio a questo serve la memoria: guardare a fondo, conoscere ed imparare a superare i propri limiti". Alla domanda se oggi possano esistere ancora persone che si sacrificherebbero sull'altare della giustizia come Giorgio Ambrosoli nel 1979, il figlio ha risposto ricordando il presidente dell'ordine degli avvocati di Torino Fulvio Croce, assassinato dalle Br nel 1977: "Allora vi furono chiari segnali di sconforto; ma contemporaneamente esistevano anche avvocati di Torino che si presentarono davanti al Tribunale della Corte d'Assise per dire di tenerli in considerazione in sostituzione del ruolo di Croce, difensore d'ufficio delle Br. Molti cittadini si mobilitarono altrettanto attivamente perché - ha sottolineato Ambrosoli - ai singoli è sempre lasciata una possibilità di scelta: rimanere degni nel proprio ambito, professione, famiglia senza dover patteggiare con la propria coscienza. Io non so cosa incise maggiormente nella scelta di mio padre, forse la formazione. Ma di certo so come ha vissuto e adesso è una di quelle tante storie che servono per il progresso del nostro Paese; un'Italia bella, - ha concluso - che esprime la sua positività sotterraneamente dato che, spesso, in prima pagina finiscono soltanto notizie negative di maggior impatto emozionale". Flavio Tranquillo, giornalista sportivo di Sky recentemente affacciatosi all'editoria legata alle mafie ha esordito citando una frase di Paolo Borsellino: "Mafie e politica insistono su uno stesso territorio. Perciò, o si fanno la guerra o s'incontranò. Tale patologia sociale" - ha detto Tranquillo - "é chiaramente percepita, ma io credo che nessuno osi fare il primo passo per affrontarla. Quello che bisogna recuperare è il gusto della legalità; quindi, non solo astenersi dal compiere un reato per la funzione di deterrenza della sanzione, ma soprattutto per interiorizzare ciò che è giusto". E infine, riferendosi ad uno dei 'dieci passi' del suo libro, Tranquillo ha definito lo sport "un valore che, insieme, educa a saper perdere ma anche a non pensare di essere già sconfitto. Un quadro ideale contro i disvalori della criminalità". L'assessore provinciale alla cultura e alla legalità, Lamberti Castronuovo, ha contestualizzato il tema della serata attraverso "la sindrome che io definisco dell'applauso. Oggi la coscienza critica è a zero. Qualunque scemenza viene applaudita. E ciò porta la gente a non essere motivata per lavorare, rincantucciandosi, dunque, nel mero posto di lavoro. Giudicare è una responsabilità molto grande per le persone; l'unico sostrato è la conoscenza". 'Tabularasa' prosegue stasera al Circolo Polimeni di Reggio Calabria con una serata dedicata alla stampa estera e all'informazione globale nel XXI secolo. Gli ospiti saranno: il direttore di BBC World, Peter Horrocks, Gina Marquez per la brasiliana 'O Globo, Thierry Cros per Radio Montecarlo, Philip Pullella per la Reuter e Federica De Sanctis per Sky Tg 24.

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