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    Sgominata a Reggio banda che rapinava in casa: colpivano anziani soli

     

     

    Sgominata a Reggio banda che rapinava in casa: colpivano anziani soli. 11 arresti

    22 lug 11 Un'operazione dei carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria è in corso per l'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 11 persone accusate di avere fatto parte di un'organizzazione dedita alle rapine ai danni di anziani, aggrediti quando erano da soli in casa. Le accuse contestante agli undici sono di associazione per delinquere finalizzata alle rapine agli anziani, rapina aggravata, lesioni aggravate e sequestro di persona. Le indagini sono partite da un intervento fatto in flagranza di reato lo scorso anno ed hanno consentito ai carabinieri di individuare il gruppo di rapinatori delineando all'interno dell'associazione i ruoli di ciascuno anche in ordine ai singoli colpi. Il gruppo è accusato di aver organizzato e commesso dieci rapine in abitazione di anziani nel corso del 2010 nel pieno centro cittadino. Le vittime venivano aggredite in casa, picchiate immobilizzate e rapinate di oggetti di valore e contanti.

    In un caso colpo da 350mila euro. Una delle rapine messe a segno dall'organizzazione dedita ai colpi ai danni di anziani soli in casa sgominata stamani dai carabinieri di Reggio Calabria, fruttò ben 350 mila euro. E' quanto hanno appreso gli investigatori dalle intercettazioni fatte nel corso delle indagini. Nell'occasione, infatti, furono portati via numerosi oggetti preziosi e denaro. Il valore del bottino, secondo gli investigatori, testimonia anche la "cura" con la quale la banda sceglieva le proprie vittime. Dalle indagini è emerso che i rapinatori, prima di entrare in azione, effettuavano dei sopralluoghi con appostamenti sotto le abitazioni degli anziani per verificare le loro disponibilità e studiare le loro abitudini. Con l'operazione di stamani, i carabinieri della Compagnia di Reggio sono convinti di avere individuato ed arrestato i capi dell'organizzazione ed il leader operativo della banda, composta i cui componenti sono tutti reggini.

    Intercettazioni. "Il vecchio lo hanno scassato proprio. Dalla bocca lo hanno scassato. La vecchia l'ho buttata a terra e gli ho detto 'o mi dai la chiave della cassaforte o ti spacco qua e ti chiudo dentro il caminetto'". A parlare così, in un dialogo intercettato, era Carmela Lauro, di 46 anni, l'unica componente donna dell'organizzazione dedita alle rapine agli anziani sgominata stamani dai carabinieri della Compagnia di Reggio Calabria con l'operazione "barracuda" nel corso della quale sono state arrestate 11 persone. L'operazione è frutto dello sviluppo di una prima indagine che aveva portato, nel giugno del 2010, al fermo di tre persone, la stessa Lauro e due uomini, Domenico Palmisano (39) e Vincenzo Sorace (26) accusati inizialmente di tre rapine. I tre furono bloccati dopo che un testimone riuscì a fornire il numero di targa di un'auto sospetta notata nei tempi e nei luoghi della rapina che portò gli investigatori a risalire a Antonio Caracciolo (41), poi arrestato. A casa della Lauro e di Palmisano, che sono conviventi, fu trovata parte della refurtiva, tre pistole a salve prive di tappo rosso e dei passamontagna. Pochi giorni dopo fu arrestato anche il figlio della Lauro, Mirko Falcomatà (22). Partendo da quegli arresti, i carabinieri hanno ricostruito tutto l'organigramma del gruppo a capo del quale, secondo l'accusa, c'erano i fratelli Fabio e Carmelo Calù (35 e 36 anni), che costituivano il primo livello e che si avvalevano di Caracciolo, ritenuto il leader operativo del gruppo. Il gruppo, secondo quanto emerso dalle indagini, sceglieva le proprie vittime tra persone anziane che vivevano da sole o al massimo con la presenza di una badante. L'individuazione delle potenziali vittime avveniva a cura di Caracciolo: in un caso è stato accertato che la notizia fu offerta da una badante, in altro caso il luogo era conosciuto direttamente da uno dei componenti del gruppo, Giovanni Bellantoni (24) per avervi fatto dei lavori come operaio. In ogni caso l'azione scattava a seguito di attenti sopralluoghi. Il modus operandi era sempre il solito: la donna, con un pretesto, si faceva aprire la porta dagli anziani e gli altri li aggredivano, li imbavagliavano e li immobilizzavano. Il denaro provento delle rapine finiva poi ai fratelli Calù che, secondo l'accusa, lo utilizzavano per acquistare cocaina. Dalle indagini è emerso anche che Caracciolo, dopo l'arresto cercava di controllare gli altri componenti la banda per evitare che cedessero ad eventuali collaborazioni, arrivando anche a minacciare di bruciare vivi i cani del padre di uno di loro.

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