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    A Tabularasa si è parlato di terrorismo e potere

     

     

    A Tabularasa si è parlato di terrorismo e potere

    16 lug 11 La serata numero sei del contest 'Tabularasa' di Strill.it ha accolto, in una 'Torre Nervi' del Lido comunale di Reggio Calabria stracolma, il vicedirettore di Repubblica.it Massimo Razzi ed il procuratore aggiunto del Tribunale di Milano Armando Spataro. Attraverso le vicende narrate nel libro di Spataro, "Ne valeva la pena!", i due ospiti, insieme ai direttori di Strill.it Giusva Branca e Raffaele Mortelliti, hanno disegnato un quadro generale su che cosa sia stato ed abbia rappresentato il terrorismo nel nostro Paese. Trattando vicende spesso diversificate, dal caso Abu Omar del 2005 al terrorismo brigatista, Spataro ha riferito che "innanzitutto, il titolo del libro 'Ne valeva la pena!' non è una domanda ma una affermazione rivolta al futuro. Il testo nasce dalla rabbia sgorgata per la vicenda Abu Omar: mai ci era capitato che le istituzioni chiedessero di non fare un processo. Spesso chi possiede il potere politico non accetta che la magistratura, per effetto della sua indipendenza, svolga la funzione di controllo dell'ordinamento istituzionale. Si confonde la diversa forma di legittimazione del potere: quello politico, giustificato dalla vittoria alle elezioni, quello giudiziario, realizzato tramite concorsi previsti dalla Costituzione". Spataro ha poi esposto i fatti del caso. "In netta violazione della Convenzione di Ginevra - ha detto - un uomo fu sequestrato in pieno centro a Milano e deportato in Egitto, dove fu ripetutamente torturato. Vennero individuati 23 uomini della Cia come autori materiali. In una seconda fase, fuoriuscirono sei nomi di funzionari dei servizi segreti italiani; interrogato il generale Pollari, capo del Sismi. Incredibile fu l'atteggiamento del Governo Prodi, che appose il segreto di stato, esteso poi dal successivo Governo Berlusconi. In giudizio, gli americani furono condannati sia in primo sia in secondo grado. Invece, in Italia, a causa del segreto di stato, i giudici non poterono emettere una sentenza, nonostante le prove presenti a carico degli imputati". Ciò presentò seri risvolti politici. "Consiglio d'Europa e Parlamento europeo - ha affermato Spataro - approvarono risoluzioni a favore del lavoro dei magistrati e contro l'azione dei governi. Ma rispose loro solo il silenzio. In effetti, soprattutto da parte del Governo Prodi, l'atto di apporre il segreto di stato ci sconvolse fino al punto di chiedersi il perché di questa scelta. Sudditanza verso gli Usa - ha sottolineato - non ce n'era, gli americani non erano così ipocriti da non chiedere ciò che volevano, anzi. Molti sostengono che i governi fecero tali scelte per garantire l'impunità, ma non tocca a me giudicarli in questa sede". Sia per questo caso ma anche per i tantissimi precedenti, Spataro ha denunciato un punto focale: la normalità d'azione della magistratura. "Cercavamo di fare il nostro semplice lavoro - ha sostenuto - senza apparire come eroi. A 28 anni venni assegnato al processo contro le Br e Renato Curcio, accettandolo a priori; grave sarebbe stato il contrario". Da qui, un'impareggiabile esperienza sul tema del terrorismo, che spezza anche falsi miti. "In primo luogo - ha asserito - non si deve pensare al terrorismo degli anni di piombo come fenomeno di massa. Anche se molto esteso nella società, intaccò solo una parte del tutto: soltanto quattromila furono i processati complessivamente. In secondo luogo, è inutile pensare che i brigatisti fossero eterodiretti, come un burattino, da forze misteriose. Lo stesso Moretti, di cui si è parlato spesso come possibile doppiogiochista, in realtà non rimandava ad alcun 'secondo livello'". Ed infine, una riflessione generale sul doppio ruolo della magistratura: "Un ruolo investigativo, con azioni di gruppo, pool e squadre di magistrati; strumenti successivamente travasati nella lotta alla mafia; e un ruolo pubblico, privo di caratterizzazione politica e favorevole soltanto alla difesa delle istituzioni". Massimo Razzi ha sottolineato "l'assoluta normalità dietro cui si celava l'essere brigatista" e le radici storiche del terrorismo dentro la sinistra: "C'era chi sprofondava ancora nel mito della resistenza tradita - ha detto - altri si cullavano dietro l'oscillazione politica del Pci, certi di compiere un domani, ma non subito, la rivoluzione in Italia. Da ciò si desume che il brigatismo fu un frutto peculiare dei rapporti all'interno della sinistra di quegli anni '70''. 'Tabularasa' prosegue stasera al Circolo Polimeni di Reggio con una serata dedicata interamente alla musica ed alla storia del jazz, con ospiti esperti del settore e concerto finale.

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