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    Tar del Lazio: accertati condizionamenti mafiosi a Comune Nicotera

     

     

    Tar del Lazio: accertati condizionamenti mafiosi a Comune Nicotera

    08 lug 11 Esistono elementi 'idonei' a sostenere esistente quella "condizione di grave condizionamento e di degrado" che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale di Nicotera (Vibo Valentia). In diciotto pagine, il Tar del Lazio dà conto delle motivazioni della decisione con la quale il 21 aprile scorso ha confermato il decreto di scioglimento dell'amministrazione comunale della cittadina calabra, respingendo il ricorso proposto dall'ex sindaco Salvatore Reggio e dai componenti dell'ex giunta municipale. Nella sentenza, i giudici si soffermano lungamente sugli accertamenti della Commissione d'indagine ministeriale. In tema di elezioni e condizionamenti, il Tar sottolinea come nella relazione della Commissione si dà atto dei "problemi che hanno interessato alcune compagini politiche che hanno deciso all'ultimo momento di ritirare la propria candidatura, così spianando la strada alla facile vittoria dell'unica lista presentatasi", del fatto che da audizioni compiute le defezioni "sono risultate effetto di pressioni esercitate ai danni degli aspiranti candidati", nonché che "la lista del sindaco è stata sottoscritta da molti cittadini con procedimenti penali e frequentazioni con affiliati alle locali organizzazioni comunali". C'é anche il riferimento a un fratello del sindaco "latitante dal 1992, destinatario di quattro provvedimenti restrittivi, in relazione alla pena dell'ergastolo per reati di omicidio ed altro, affiliato a cosche mafiose". La storia del porto turistico è servita al Tar per sottolineare come fu costituita una società ad hoc per la quale la Commissione ha accertato "che presenta tra i propri soci buona parte dei componenti del disciolto Consiglio comunale e della Giunta, compresi sindaco e vicesindaco, e che molti soci, oltre ad avere precedenti penali, frequentano o hanno frequentato personaggi di spicco dei clan criminali". I giudici hanno infine posto l'attenzione sugli appalti, sottolineando come i ricorrenti abbiano opinato che la Commissione avrebbe errato nell'imputare loro "un eccessivo ricorso all'affidamento diretto", ma che "la contestazione non risulta affetta dalla genericità lamentata".

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