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    Le cosche del vibonese negli appalti della A3 confiscati 60 mln di beni

     

     

    Le cosche del vibonese negli appalti della A3 confiscati 60 mln di beni

    06 lug 11 Beni per 60 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Catanzaro. I beni, secondo l'accusa, sono riconducibili a Giuseppe Prestanicola, di 58 anni, di Soriano Calabro, considerato imprenditore di riferimento della cosca Mancuso di Limbadi. Il provvedimento è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Vibo su proposta del direttore della Dia e ha interessato 140 tra appezzamenti di terreno, appartamenti ed altri fabbricati, 90 veicoli, numerosi conti correnti e cinque imprese, due delle quali operanti nel settore del calcestruzzo. Con lo stesso provvedimento il tribunale ha sottoposto Prestanicola alla sorveglianza speciale di ps con l'obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per cinque anni. Giuseppe Prestanicola, l'imprenditore di 58 anni al quale stamani la Dia ha confiscato beni per 60 milioni di euro, tra cui anche cinque imprese, avrebbe consentito l'infiltrazione della cosca Mancuso negli appalti per l'ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria nel tratto in cui attraversa la zona del Vibonese. Per questo l'imprenditore, è stato arrestato nel febbraio 2009. Grazie alle sue imprese, secondo l'accusa, Prestanicola avrebbe consentito "l'infiltrazione della criminalità mafiosa, rappresentata dall'associazione Mancuso nel sistema di aggiudicazione, organizzazione ed esecuzione degli appalti pubblici concernenti la realizzazione dell'autostrada in Calabria". Nel provvedimento di confisca, i giudici del Tribunale di Vibo Valentia scrivono che "emerge dagli atti una relazione di contiguità di Giuseppe Prestanicola con associazioni mafiose operanti sul territorio del Vibonese, in particolare con la cosca Mancuso e con altre a questa legate. Contiguità dimostrata da una vera e propria comunanza di interessi tra l'attività estorsiva operata dai clan ai danni delle imprese appaltatrici di lavori per l'ammodernamento della autostrada Salerno-Reggio Calabria e la cospicua attività imprenditoriale svolta da Prestanicola avente ad oggetto forniture di materiale (sabbia, calcestruzzo e inerti) e di macchinari per l'esecuzione dei lavori appaltati. Comunanza di interesse evidentemente implicante un rapporto fondato sulla fiducia e sull'aspettativa di vicendevoli vantaggi, resa concreta dalla messa a disposizione delle potenzialità economiche dell'organizzazione imprenditoriale di Prestanicola e in particolare della capacità della stessa di relazionarsi in regime forzatamente monopolistico con gli appaltatori destinatari delle richieste estorsive al fine di far transitare, occultata nella remunerazione per le forniture e i servizi resi dall'impresa subappaltatrice, la tangente estorsiva destinata alle cosche mafiose". I beni confiscati oggi, erano stati sequestrati nel luglio del 2009.

    Sequestro conferma area grigia. "Il sequestro di beni per 60 milioni di euro operato stamani dalla Dia di Catanzaro a carico dell'imprenditore Giuseppe Prestanicola conferma l'estensione nella provincia di Vibo Valentia di un"area grigià nella quale s'incontrano e colludono gli interessi della 'ndrangheta, di settori dell'imprenditoria che hanno prosperato sul malaffare, di pezzi della politica". E' quanto afferma, in una nota, il segretario generale della Camera del lavoro territoriale della Cgil di Vibo, Franco Garufi. "L'entità del sequestro, in una provincia colpita da una crisi economica devastante - prosegue Garufi - rende ancor più evidente come l'impresa criminale sottragga risorse alla collettività, consegua profitti illeciti dalla gestione delle risorse pubbliche disponibili, sia nemica degli imprenditori onesti. L'impresa che si confronta onestamente sul mercato è la prima vittima della turbativa di mercato determinata da chi svolge attività solo in apparenza legali, e per conto delle 'ndrine si estende utilizzando strumenti di pressione violenta. Quando, come in questo caso, tali imprese servono a far entrare la criminalita' organizzata nei grandi appalti, la questione che si pone è relativa al funzionamento delle stazioni appaltanti e all'individuazione degli strumenti atti a prevenire e reprimere tali fenomeni. Le esperienze importanti che si stanno realizzando con i protocolli di legalità recentemente sottoscritti a Reggio Calabria, devono tuttavia essere accompagnate da una mobilitazione della società civile che consenta di recidere i nodi degli intrecci opachi che esistono tra malavita organizzata, pezzi dell'impresa e alcuni settori del ceto politico. E' un obiettivo reso più urgente alla luce d'alcuni segnali, come gli attentati intervenuti in alcuni comuni del vibonese, che fanno temere che la presenza malavitosa si stia estendendo a settori che fin oggi sembravano immuni".

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