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    Mons. Cantafora: "Visita Papa a Lamezia sia sprobe a riscatto del territorio"

     

     

    Mons. Cantafora: "Visita Papa a Lamezia sia sprobe a riscatto del territorio"

    05 lug 11 "La mia presenza qui è nel segno di una cordiale collaborazione tra la Chiesa e le Istituzioni civili per il bene del nostro territorio, nel rispetto dei ruoli di ciascuno, senza indebite ingerenze". Così il vescovo di Lamezia Terme, Luigi Antonio Cantafora, nel suo intervento alla riunione congiunta dei consigli comunali di Lamezia Terme e Conflenti, svoltasi nel centro montano, con all'ordine del giorno "l'importanza di Conflenti come luogo di culto e di spiritualità, in quanto sede dell'antico santuario della Madonna di Visora e dell'erigendo monastero delle suore clarisse". "Il Santo Padre - ha aggiunto il presule - viene a trovarci per incontrare l'intera diocesi di Lamezia Terme, ben consapevole che il nostro territorio è formato dalla città della Piana e da tanti piccoli comuni, a loro volta suddivisi in frazioni e borghi prevalentemente distribuiti sulle montagne e sui pendii circonvicini. La venuta del Papa non può ridursi ad un fatto celebrativo. La sua attenzione verso di noi sarà invece di sprone per un nostro sano protagonismo in ordine al riscatto del nostro territorio, per aprire un varco nella diffusa rassegnazione". Nel suo intervento, Cantafora ha parlato anche dei problemi che ci sono all'interno della diocesi, come, ad esempio, nelle zone montane che "hanno strade che non sempre consentono tempi di percorrenza validi per risolvere certi problemi urgenti o a salvare una vita. La Costituzione italiana non contempla cittadini di serie A e B a secondo di nord e sud, di pianura o montagna, di grandi o piccoli comuni. Eppure la realtà ci mostra che sta accadendo qualcosa per noi rischioso. Mi riferisco ad esempio allo spopolamento di queste zone; all'incuria dei luoghi, delle case, delle strade, della vegetazione, dei corsi d'acqua; agli incendi dolosi o occasionali; alle ecomafie che depositano rifiuti di ogni genere e senza controlli; al dissesto idrogeologico; alla fuga di giovani e di famiglie intere dalla montagna verso la pianura, dai paesi interni alla città". "Quale futuro - ha chiesto Cantafora - avranno questi piccoli comuni, le numerose case cadenti? Quale destino per i boschi, i sentieri, i corsi d'acqua e le zone coltivate?. Di sicuro non è astruso affermare che anche la città avrà un futuro disagevole se la periferia e l'entroterra verranno abbandonati e diventeranno invivibili. Certe scelte prese dall'alto, da parte di enti istituzionali superiori a quelli locali, ci privano di presidi scolastici o ospedalieri o altro ancora. Nel breve periodo sembra che ciò faccia risparmiare economicamente alla collettività nazionale. Tali scelte invece portano il territorio al degrado, con la conseguenza che nel tempo medio e lungo l'abbandono delle montagne costerà molto di più anche a livello economico, senza contare i costi umani, lo scadimento dei legami sociali e l'impoverimento delle identità culturali e religiose". "Non basta - ha concluso Cantafora - che i principi siano scritti nei documenti. Occorrono menti, cuori, braccia, mani capaci di incarnarli e farli vivere. Ciascuno allora, per la sua parte di responsabilità sociale e politica, favorisca la ricerca e la realizzazione del bene comune possibile".

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