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    Immigrati: A Rosarno istituzioni ancora assenti

     

     

    Immigrati: A Rosarno istituzioni ancora assenti

    05 gen 11 ''Oggi a Rosarno, come in tutta Italia, quando si parla di immigrati, nulla e' cambiato: le istituzioni sono ancora assenti e la grande distribuzione organizzata continua a strangolare l'agricoltura contadina. I lavoratori immigrati, per l'assenza di strutture di accoglienza, sono costretti a condizioni di vita sub-umane''. E' quanto scrive, in una nota, l'Osservatorio migranti Africalabria di Rosarno. ''A causa di tali condizioni - scrive ancora l'Osservatorio - c'e' anche chi muore anche come Kante 'Marcus' Fakemo, deceduto il 14 novembre scorso per le conseguenze di una polmonite bilaterale. E questo avviene nel 2010, nella moderna e civile Italia. In un Paese verso il 9% di disoccupazione e con il permesso di soggiorno vincolato al contratto di lavoro, la clandestinita' e' una condizione imposta per alimentare il mercato delle braccia a basso costo. Il 6 gennaio saremo in piazza a Rosarno alla Festa della Mondialita', insieme ai migranti, all'Amministrazione comunale e alle associazioni e ai cittadini rosarnesi, per un nuovo percorso fatto di integrazione, rivendicazione del diritto di cittadinanza e difesa dei diritti dei lavoratori''. L'Osservatorio migranti di Rosarno, nella nota, annuncia inoltre che il 7 gennaio, alle 12, sara' presente insieme ad una delegazione di migranti provenienti da Rosarno, all'Osservatorio Antirazzista Pigneto Tor Pignattara e a Primavera romana al sit-in ed alla conferenza stampa a Roma, sotto il Ministero delle Politiche agricole, ''per unire le nostre voci in solidarieta' con i braccianti e per denunciare le responsabilita' del Governo, delle associazioni di categoria e della Grande distribuzione organizzata. ''Il 9 gennaio sempre a Roma - riferisce ancora l'Osservatorio - parteciperemo all'iniziativa promossa per proporre progetti di solidarieta' ai gruppi di acquisto solidali della capitale a sostegno di quei produttori che nella Piana di Gioia Tauro realizzano produzioni biologiche nel totale rifiuto di qualunque logica di sfruttamento, sia quello dell'uomo sull'uomo che quello delle grandi catene ai danni di un intero territorio''.

    Ad un anno dalla rivolta null ae' cambiato. ''Prima il tetto, poi il cibo''. E' semplice, quasi banale, la filosofia sulla quale si regge il ''modello Drosi'' che, ad un anno dalla rivolta dei ''neri'' di Rosarno, emerge da un'anticipazione del Dossier Radici, frutto del monitoraggio sulle condizioni di vita dei lavoratori extracomunitari (100 schede redatte), promosso lo scorso autunno da Action Diritti in movimento, daSud onlus, Libera Piana e Tenda di Abramo. Poco meno di trecento abitanti, Drosi e' una minuscola frazione del Comune di Rizziconi, Piana di Gioia Tauro. Qui, ad un tiro di schioppo da Rosarno, la Caritas ha allestito, ogni martedi' sera, un servizio mensa per i lavoratori migranti approdati in questo lembo di Calabria per la raccolta degli agrumi. Ma l'impegno maggiore dei volontari cattolici - memori delle condizioni di vita sub umane in cui e' maturata la rivolta del 7 gennaio 2010 - si e' rivolto a dare un tetto ai migranti. La soluzione al problema e' stata adottata attraverso un'azione semplice e a costo zero: un modello di accoglienza dal basso, come la definiscono. ''Ci siamo proposti come garanti - spiega don Nino Larocca, parroco della chiesa di San Martino - nei confronti dei proprietari. E' come se gli appartamenti li prendessimo in affitto noi e siamo noi a controllare che tutto proceda per il meglio''. ''Possiamo anche dargli da mangiare - gli fa eco Francesco Galluccio, ''Ciccio'' per tutti gli africani - ma se non hanno un posto dove sedersi attorno ad un tavolo che vita e'? Prima viene la casa, poi il cibo''. Dopo i fatti di Rosarno, alla luce dell'emergenza che ore e ore di scontri hanno reso evidente a tutti, sono nate anche altre esperienze. La Tenda di Abramo, a Polistena - come documenta il Dossier Radici - e' una di queste. Un appartamento da utilizzare e la presenza di quattro degli africani feriti negli scontri hanno spinto Walter Tripodi a impegnarsi per dare ai lavoratori extracomunitari la possibilita' di seguire un percorso di inserimento lavorativo con la cooperativa Valle del Marro di Libera Terra nata sui beni confiscati alla 'ndrangheta e animata da don Pino Demasi di Libera Piana. Ex cartiera Rognetta e Opera Sila di Rosarno, ''Collina'' di Rizziconi ma anche la miriade di casolari malmessi, vecchie case abbandonate e ruderi di campagna: sono state queste le stazioni in cui si e' sviluppato il cammino di impegno degli autori del Dossier Radici. Angoli disabitati, nel verde della Piana, dove rimangono ancora visibili i segni della rivolta dello scorso anno. ''Nessun corposo assembramento - e' scritto nel dossier - nessun Grand Hotel Africa''. A novembre 2010, quando e' stato redatto il dossier, la geografia della presenza africana sul territorio presentava nuovi contorni profondamente condizionati dai fatti di Rosarno. Cambiano le forme, ma la sostanza rimane piu' o meno la stessa. In una vecchia casa alla periferia della cittadina calabrese, schegge di umanita' ai margini della societa' civile si addormentano senza sapere se la lunga crepa sul muro della facciata di quel rudere scelto come riparo si spalanchera' di notte. ''Quando piove - dice - Gabe che la crisi della fabbrica del nord dove lavorava ha fatto naufragare in Calabria - vado a vedere se i miei amici stanno bene o se e' crollato tutto. Vivere in questo modo e' impossibile''. Marcus, 40 anni, veniva dal Gambia, ma non potra' raccontare la sua odissea. Se n'e' andato a meta' novembre in un letto dell'ospedale di Lamezia Terme per le complicazioni legate ad una polmonite bilaterale. A Rosarno e' trascorso un anno, e' l'amara conclusione, ma il cammino verso il riconoscimento di diritti e' ancora lungo. ''Qui - e' uno dei passaggi del dossier - tutto e' cambiato ma nulla e' veramente cambiato''.

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